Gaza e il Libano non basteranno

In quanto cristiano sono discepolo di un ebreo e amo profondamente la fede e le differenti culture ebraiche. E amo la Terra Santa, di cui fanno parte oltre ad Israele anche Libano, Giordania e perfino un po’ di Siria, e la gente che vi abita. Genti di antichissime fedi e culture
Le rovine dopo l'attacco israeliano su Khan Younis, sud della Striscia di Gaza, 2 ottobre 2024. Ansa EPA/HAITHAM IMAD

Il coro mediatico è stato purtroppo quasi unanime negli ultimi giorni: stanno entrando, gli israeliani sono in Libano! Con un certo gusto morboso per lo scoop dell’invasione. Non importa che l’Idf (l’esercito israeliano) abbia dichiarato più volte che intende fare piccoli attacchi esclusivamente contro postazioni di Hezbollah. Finora la “filosofia” dell’attacco, sia israeliana che di Hamas ed Hezbollah, non è mai stata questa. La strage del 7 ottobre o l’annientamento di un bigboss di Hezbollah o di Hamas non hanno mai guardato in faccia le vittime collaterali. Sono migliaia di bambini, donne e persone inermi che si sono trovate nei pressi, non avendo altri posti dove andare. Possono fuggire, e molti lo fanno, ma certo non andranno lontano. Un milione di libanesi in fuga dal sud del paese o migliaia che si rifugiano addirittura in Siria la dice lunga sul clima che si è creato.

Scrive un’Ansa del 1° ottobre: «La forza di pace delle Nazioni Unite afferma che l’Idf ha notificato la sua intenzione di intraprendere incursioni di terra limitate in Libano. In un comunicato l’Unifil afferma che, nonostante gli sviluppi in Libano, le forze di pace rimangono in posizione».

I presidi di legalità internazionale, però, vengono volutamente ignorati dai guerrieri, e i politici li difendono solo pro-forma. Anche Hassan Nasrallah è stato un politico di questo genere: un pericoloso e astuto politico disposto a tutto, temuto e odiato dai nemici quanto amato e venerato dai suoi anche per il suo impegno sociale. L’hanno eliminato proprio dei guerrieri che si considerano al di sopra di ogni legalità internazionale. O Nasrallah sarà stato anche abbandonato da quel regime iraniano che lo sosteneva? Il suo ex amico Muhammad ‘Ali al-Husseini, religioso sciita da tempo ostile a Hezbollah, così si rivolgeva a Nasrallah in un intervista andata in onda (al-Arabiya) il 25 settembre, due giorni prima delle bombe ad alto potenziale che hanno ucciso il leader carismatico del “Partito di Dio”, e che ha quindi assunto a posteriori il sapore di una profezia: «Scrivi il tuo testamento, perché chi ieri ti ha comprato oggi ti ha venduto».

Addirittura a luglio, al-Husseini aveva scritto sul quotidiano saudita Okaz: «Io so che Israele utilizzerà armi non convenzionali, e Dio è testimone di ciò che dico, e so che la guerra non si fermerà in Libano, ma si estenderà a Damasco, la quale cadrà proprio come cadde Beirut nel 1982». Dall’altra sponda, Gideon Levy, giornalista israeliano spesso ospitato da Haaretz, il quotidiano israeliano che si oppone instancabilmente alla politica di Netanyahu, ha scritto: «Siamo noi, gli israeliani, disposti a vivere nell’unico paese al mondo la cui esistenza si basa sul sangue? L’unica visione diffusa in Israele è quella di vivere tra una guerra e l’altra, tra un salasso e l’altro, tra un massacro e l’altro, con intervalli il più possibile distanziati». E prosegue: «Non c’è nessun’altra visione sul tavolo. Le persone speranzose promettono lunghi intervalli, mentre la destra promette una realtà permanente intrisa di sangue: guerra, uccisioni di massa, violazione sistematica del diritto internazionale».

E sempre Levy su Haaretz (come lo riprende Umberto De Giovannangeli su L’Unità del 1° ottobre, poche ore prima dei 200 missili balistici iraniani su Israele): «Nell’ultimo anno, Israele ha parlato una sola lingua, quella della guerra e della forza sfrenata. È sconcertante pensare che milioni di persone hanno perso tutto per questo. […] Questa è la realtà che Israele sta promettendo. Nasrallah vivo o morto, un giorno il vulcano esploderà. Dipendendo dall’America, complice servile del massacro di Gaza e della guerra in Libano… Israele pensa di poter andare avanti così per sempre. E non vede altre opzioni». E invece le altre opzioni ci sono, insiste spesso Levy nei suoi articoli.

Ma da ciò che si intuisce nelle parole di Netanyahu rivolte agli iraniani, la guerra non potrà che allargarsi ancora: «Quando l’Iran sarà finalmente libero, e quel momento arriverà molto prima di quanto la gente pensi, tutto sarà diverso». E Netanyahu aggiunge nello stesso video: «Non c’è posto dove Israele non possa arrivare per proteggere il proprio popolo. Il regime vi sta portando verso l’abisso ma i nostri due antichi popoli, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace». È evidentemente la pace dei guerrieri quella di cui parla. Ma che pace potrà esserci dopo l’odio già abbondantemente sparso?

Un esempio atroce ma chiaro di questo odio è l’episodio del 1° ottobre a Jaffa (a sud dell’area metropolitana di Tel Aviv) con l’attacco di due palestinesi votati al martirio: hanno attaccato i viaggiatori inermi di un metrò leggero, poi i passeggeri in attesa sulla banchina e infine i passanti fuori dalla stazione. Uccisi sei civili israeliani, oltre ai due assalitori. Nove feriti di cui quattro gravi.

Voglio infine di ricordare le parole accorate e prosaiche rivolte all’Onu dal “vecchio” Abu Mazen (Anp), pur con tutti i suoi limiti: «Smettete di mandare armi a Israele, tutto il mondo è responsabile». E poi: «Non sono qui per rispondere alle bugie di Netanyahu al Congresso Usa, quando ha affermato che il suo esercito non uccide civili… Io continuo a chiedere allora: fermatelo, fermatevi adesso, basta mandare armi a Israele. Il mondo intero è responsabile di quello che sta succedendo a Gaza».

Da un anno a Gaza (che da qualche giorno sembra dimenticata dalle news), ieri e domani in Libano. Dopodomani a Damasco, e poi a Sana’a, Baghdad, Teheran. Perchè è terribilmente ovvio che Gaza e il Libano non basteranno.

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