Il tempo di una nuova speranza

Le quattro tendenze che possono prendere gli appartenenti a una comunità o un movimento religioso dopo la morte del fondatore. Articolo pubblicato sul n. 4/2024 di Città Nuova

Quando una comunità o un movimento spirituale passa dalla prima generazione dei fondatori a quella successiva, questo passaggio decisivo assume varie forme nelle persone che ne fanno parte. In genere, sono (almeno) 4 le principali tendenze, presenti in gradi diversi nelle persone, e a volte anche nella stessa persona.
La prima tendenza è quella che si ritrova soprattutto in coloro che possiamo chiamare gli irriducibili. È la tendenza che porta a vivere dopo la morte dei fondatori esattamente come si viveva prima, come se nulla d’importante fosse successo. Lo stesso stile di vita, le stesse letture spirituali, gli stessi impegni, lo stesso linguaggio. Questa continuità ha anche delle dimensioni positive (la serietà, ad esempio), mescolate con altre più problematiche. Vedono diminuire l’impatto esterno di quanto fanno, sentono una fatica fisica e spirituale crescente, ma vanno avanti come ieri. Fanno come quel mio amico che di fronte all’aumento del prezzo della benzina, mi disse: «Per me non cambia nulla: metto sempre 20 euro». In genere, quando questa tendenza prevale, porta con sé una certa nostalgia del passato, la lode dei tempi andati, l’idea che tutti i guai del presente dipendano dall’aver perso la purezza dei primi giorni. Una tendenza molto comprensibile, ma che non va incoraggiata.
La seconda tendenza è quella che potremmo chiamare delusione. È tipica in coloro che ad un certo punto si sono convinti che la fase della fondazione sia stata un lungo auto-inganno, una illusione collettiva e individuale svoltasi in perfetta buona fede di tutti, che li ha trattenuti per troppo tempo in una adolescenza o infanzia spirituale e
psicologica. Alcune persone che si ritrovano dentro questa seconda tendenza sviluppano anche rabbia e ribellione, soprattutto se hanno investito molto nella prima stagione della comunità. Una rabbia nei confronti di loro stessi e, qualche volta, anche verso la comunità. Una delusione che comunque è preferita all’illusione e che quindi può
diventare una vera rinascita spirituale in una nuova maturità.
C’è poi la terza tendenza alla depressione spirituale, una specie di accidia individuale e collettiva, fatta di mancanza di desiderio e di eros. È la tendenza più pericolosa, che va subito individuata nei suoi sintomi (pessimismo cosmico, cinismo, critica di chiunque faccia qualcosa di costruttivo…). Chi coltiva questa tendenza non fa l’esperienza della delusione oltre l’illusione, anche perché non ha né energie né voglia per fare grandi auto-analisi. Sperimenta semplicemente un calo progressivo della gioia nel fare le cose di prima, crede sempre meno in quello che fa, e non annuncia più nulla a nessuno. Attribuisce il calo di desiderio all’avanzare
dell’età, ai tempi che sono cambiati, ai giovani che non sono più quelli di una volta. Quando questa tendenza prende piede nelle comunità, ci si ritira a vita privata, e ci si ritrova in una condizione simile ai due discepoli di Emmaus prima che il “viandante anonimo” si unisse a loro.
Infine, c’è anche una buona quarta tendenza, diversa e molto importante. È la speranza. Questa scatta in chi di fronte alle stesse difficoltà che vedono tutti, e ben consapevole che nella comunità alcune dimensioni sono cambiate davvero e la vita è più dura, invece di coltivare le tre tendenze precedenti (che vede ben presenti in sé e attorno) cerca di impegnarsi in nuovi progetti, di usare la sua creatività in cerca di nuovi codici narrativi, e insieme ad altri dà vita a processi collettivi di cambiamento, nella semplicità della vita di tutti i giorni: non aspetta il grande momento, ma fa grandi i piccoli momenti che ha a disposizione. La speranza, questa speranza, non ha nulla a che fare con una nuova auto-illusione né con l’ingenuità. Nasce quando un giorno, dopo aver magari sperimentato tutte e tre le tendenze, si capisce che a rinascere si impara, che si può scegliere di rinascere, che una resurrezione è possibile a 30, 60, 90 anni. Non sarà la grande resurrezione di tutti e di tutto il movimento, ma può essere la tua resurrezione e quella delle persone con cui vivi. E poi si parte, con qualche amico, verso una nuova terra promessa. Le persone che scelgono di coltivare questa tendenza si riconoscono da una particolare mitezza e per una tipica bellezza delicata. Ci attraggono e, anche se siamo stati già dominati dalle altre tre tendenze, ci sentiamo coinvolti nella loro rinascita. È nel cuore di queste persone di speranza che sta germogliando il futuro: il terzo viandante si è già aggiunto nel cammino verso Emmaus.

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