Asili nido: Regione che vai, contributo che trovi

Ha suscitato vasta eco sui media locali l'aumento del contributo regionale per l'abbattimento rette in Friuli Venezia Giulia. Un caso in sé e per sé di rilevanza appunto locale, ma che fornisce utili spunti di riflessione a livello più ampio
Osservatorio Pnrr Terzo settore
Un asilo nido (Foto: Pixabay)

Le famiglie del Friuli Venezia Giulia si sono risvegliate il 13 luglio con una buona notizia: la Giunta regionale ha infatti confermato il giorno prima l’aumento del contributo per l’abbattimento delle rette degli asili nido da 250 a 310 euro mensili nel caso di famiglie con un unico figlio minore, e da 450 a 510 per quelle con più d’uno. La soglia Isee massima per richiedere il contributo è relativamente elevata, 50.000 euro; e l’ammontare del contributo regionale (uguale per tutti, non esistono scaglioni di reddito al suo interno) viene decurtato direttamente dalla retta del nido. Questa, almeno nel caso dei nidi comunali, è a sua volta più o meno elevata a seconda dell’Isee familiare: a titolo di esempio, nel comune di Udine le rette mensili per la frequenza a tempo pieno vanno da 240 a 579 euro. Ne consegue che buona parte delle famiglie, specie tra quelle con più di un figlio, arriva a mandare il figlio o figlia al nido del tutto gratis o quasi; e il contributo regionale non viene in molti casi nemmeno erogato interamente.

Bene, anzi benissimo, si dirà; e per le famiglie friulgiuliane in effetti lo è. Interessante però è leggere il perché dell’aumento: le domande giunte alla Regione, e accolte per la quasi totalità, potevano essere soddisfatte con poco meno di 30 milioni di euro sui 31 stanziati. Di qui la decisione di rivedere l’importo al rialzo – e già bene che non si sia rivisto lo stanziamento destinando il milione di euro avanzato ad altri fini, si dirà.

La cosa, in sé e per sé, ha rilevanza esclusivamente regionale; tuttavia aiuta a sollevare alcune questioni che investono invece l’intero Paese. La prima è, naturalmente, quella demografica: il Friuli Venezia Giulia è la seconda Regione più vecchia d’Italia dopo la Liguria, con 7 mila nuovi nati nel 2023 contro i 7.300 del 2022. Dato che sono queste le fasce d’età per cui si presentano le domande per il nido, è evidente che, quand’anche tutti richiedessero e ottenessero il contributo, si è sempre di meno a spartirsi la torta. Posto che questa rimanga uguale, ad aiutare le politiche familiari sotto il profilo puramente matematico è – ironia della sorte – proprio il calo demografico. Se poi questo sia sufficiente ad invertire la tendenza e mantenerla, ritrovandosi poi di nuovo a spartirsi la torta in un numero maggiore di convitati, è ovviamente tutto da vedere.

La seconda questione, in tempi di autonomia differenziata, è chiedersi se e come le politiche familiari – anche al di là dei contributi per i nidi – possano essere agevolate o meno da questa autonomia. Ad oggi, ad uno sguardo veloce sui siti istituzionali delle diverse Regioni, ne risulta un panorama molto diversificato: nel senso che ognuna fa a suo modo, sia in quanto a modalità che ad entità del contributo concesso, e al fatto che questo si sommi o meno ad altri contributi comunali o Inps.

Il Lazio, ad esempio, prevede un contributo massimo di 400 euro mensili per famiglie con Isee fino a 60.000 euro (ma stanziando 11 milioni di euro e fino ad esaurimento risorse, in una Regione che si colloca sui 40.000 nuovi nati l’anno); la Toscana pone un limite Isee di 26.000 euro per un contributo massimo di 527 euro, in aggiunta al bonus Inps; la Lombardia rimborsa la quota eccedente il contributo Inps di 272 euro a chi ha un Isee sotto i 20.000, stanziando 16 milioni; la Campania stanzia 5 milioni di euro per voucher dal valore massimo di 3000 euro annui per le famiglie con Isee inferiore a 15.000 euro; il Veneto prevede un contributo agganciato al cosiddetto “Fattore Famiglia”, anche qui però con Isee non superiore a 20.000 euro.

E questo per citare solo alcune Regioni e a statuto ordinario (perché sarebbe fin troppo semplice obiettare che il Fvg non è direttamente confrontabile in quanto a statuto speciale, e anche l’autonomia differenziata sarebbe cosa diversa rispetto alle attuali regioni e province autonome) e senza entrare nel dettaglio di quante domande vengono effettivamente accolte e quanti contributi effettivamente erogati e con quali tempistiche e modalità –, perché una cosa è vedersi decurtato il contributo a monte o ricevere un assegno a inizio anno scolastico, altro è dover chiedere ex post un rimborso.

Come si diceva all’inizio, questa riflessione vuol essere solo uno spunto per approfondire una questione più ampia, e che va al di là della questione delle agevolazioni per gli asili nido; ma che investe in senso più ampio le altre politiche familiari che fanno da contorno, le disuguaglianze oggi esistenti tra cittadini residenti in diverse Regioni, e la dibattuta questione del fatto che una maggiore autonomia possa ampliarle o viceversa aiutare a superarle.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Carlo Maria Viganò scismatico?

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons