Gaza e Ucraina: il rimbombo delle armi non silenzia l’appello di pace del papa

Chi sperava in una tregua in occasione della morte di papa Francesco è rimasto deluso: ancora decine di morti per bombardamenti israeliani a Gaza e per missili russi in Ucraina. Ma l'appello per la pace del pontefice continua a risuonare nelle nostre coscienze e in quelle dei leader mondiali
Un padre palestinese abbraccia il corpo del figlio morto all'ospedale Nasser dopo un attacco aereo israeliano nella zona di Al-Mawasi di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, il 16 luglio 2024. Foto: EPA/HAITHAM IMAD via Ansa

Mentre persone di tutto il mondo, di ogni colore, origine e lingua, affrontano file di ore per dare l’ultimo saluto a papa Francesco nella basilica di San Pietro, a Gaza e in Ucraina si continua a morire. Chi sperava in una tregua, per rispettare la figura di un pontefice che si è impegnato fino alla morte per la pace, è rimasto deluso.

Attacchi missilistici di Israele sulla Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore hanno provocato, secondo quanto riporta la tv del Qatar Al Jazeera, la morte di almeno 45 persone e il ferimento di oltre un centinaio. Un attacco russo sulla capitale Ucraina Kyiv ha invece ucciso almeno 9 persone, ferendone altre 63.

«La guerraaveva affermato lo scorso gennaio il papaè sempre una sconfitta! E chi guadagna con le guerre? I fabbricanti delle armi. Per favore, preghiamo per la pace».

Edifici colpiti da missili russi a Kiev, capitale dell’Ucraina. Foto Ansa EPA/ATEF SAFADI

Nel messaggio Urbi et Orbi letto a Pasqua dal maestro delle Celebrazioni liturgiche Ravelli, il papa aveva chiesto il dono di una pace per i tanti Paesi in guerra. Per la “martoriata Ucraina”, come la definiva dopo l’invasione russa, invocava una pace “giusta e duratura”. Nel 2024 Francesco aveva anche inviato il presidente della CEI, il cardinale Matteo Zuppi, in missione in Ucraina e Russia per favorire lo scambio dei prigionieri e il riconongiungimento familiare dei bambini ucraini deportati in territorio russo.

A proposito della Terra Santa aveva invece affermato: «Sono vicino alle sofferenze dei cristiani in Palestina e in Israele, così come a tutto il popolo israeliano e a tutto il popolo palestinese. Preoccupa il crescente clima di antisemitismo che si va diffondendo in tutto il mondo. In pari tempo, il mio pensiero va alla popolazione e in modo particolare alla comunità cristiana di Gaza, dove il terribile conflitto continua a generare morte e distruzione e a provocare una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Faccio appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira ad un futuro di pace!».

Ha dunque lasciati allibiti i fedeli, le cancellerie internazionali e gli stessi ambasciatori israeliani nel mondo, la posizione del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu di fronte alla morte del papa. Il messaggio pubblicato in un primo momento sui profili X (ex Twitter) delle ambasciate: «Riposa in pace, Papa Francesco. Che la sua memoria sia una benedizione», è stato fatto successivamente cancellare, con l’imbarazzo e le proteste degli stessi diplomatici israeliani.

È rimasto il solo messaggio dell’ambasciatore in Italia, Jonathan Peled, che aveva scritto: «A nome dell’Ambasciata di Israele in Italia, porgo le mie più sentite condoglianze al Vaticano, al mondo cristiano e al popolo italiano per la scomparsa di Papa Francesco, la cui memoria sarà sempre venerata. È stato un leader compassionevole, che ha incessantemente promosso il dialogo, la pace e la giustizia. Possa la sua preghiera per la pace nella nostra regione e per il ritorno degli ostaggi trovare presto risposta. Che la sua memoria sia una luce guida per tutti coloro che credono in un futuro migliore».

Dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023, nel quale furono uccisi oltre 1.200 israeliani e presi in ostaggio altri 250, Israele aveva avviato un attacco missilistico intenso sulla Striscia di Gaza che dura ancora oggi. I morti palestinesi, secondo i dati forniti dal ministero della Salute di Hamas, sarebbero circa 50 mila, più diecimila dispersi. Cifre gonfiate, secondo Israele, ma che invece, secondo la storica rivista scientifica britannica The Lancet, sarebbero sottostimate. Analizzando i dati reali dal 7 ottobre 2023 al giugno 2024, spiegano dal magazine medico, le vittime palestinesi sarebbero il 40% in più. Essendo una popolazione molto giovane, si tratta per la maggior parte di bambini e ragazzini.

Un uomo trasporta una bambina ferita all’ospedale Nasser di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, il 6 gennaio 2024, a seguito degli attacchi aerei israeliani nel sud di Gaza. Foto: EPA/HAITHAM IMAD ATTENTION EDITORS: GRAPHIC CONTENT, via ANSA

Prima di Natale, il papa aveva detto: «Con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà; ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà!».

Lo scorso gennaio, parlando ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il papa aveva affermato: «Rinnovo l’appello a un cessate-il-fuoco e alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza, dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile, e chiedo che la popolazione palestinese riceva tutti gli aiuti necessari. Il mio auspicio è che Israeliani e Palestinesi possano ricostruire i ponti del dialogo e della fiducia reciproca, a partire dai più piccoli, affinché le generazioni a venire possano vivere fianco a fianco nei due Stati, in pace e sicurezza, e Gerusalemme sia la “città dell’incontro”, dove convivono in armonia e rispetto i cristiani, gli ebrei e i musulmani».

Le telefonate di Francesco alla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia di Gaza erano quotidiane. Aveva chiamato il parroco Gabriele Romanelli fino al sabato santo. Alla notizia della scomparsa del papa, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei latini, ha affermato: «Gaza era certamente un simbolo di ciò che a papa Francesco stava più a cuore: i poveri, il rifiuto della guerra e il bisogno di pace, per i quali si è speso tantissimo senza preoccuparsi dei protocolli e delle conseguenze di quello che diceva, ma esprimendo con molta chiarezza – con la parresia che ha sempre voluto e chiesto – quello che era il centro del suo pontificato, insieme all’altro tema che è il dialogo, l’incontro tra culture e religioni diverse, rimanendo ciascuno se stesso».

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