Amare come Dio

Se Dio esiste, perché non ferma le guerre? Una domanda che ha accompagnato il pensiero umano per secoli e che, ancora oggi, getta un’ombra sulla fede di molte persone. Si tende spesso a pensare che l’esistenza di Dio possa essere connessa a una sua manifestazione magica, capace di compiere miracoli a comando in situazioni difficili.
Nel corso della storia, molti pensatori e teologi hanno affrontato il complesso rapporto tra bene e male. Zoroastro, già nel X secolo a.C. concepiva il mondo come una lotta tra le due forze, e considerava che il destino delle persone dipendesse dalle proprie scelte morali. Platone, dal canto suo, descriveva il bene come ciò che illumina la realtà, mentre il male ci allontana dalla verità.
Eppure, nell’immaginario collettivo Dio è spesso rappresentato come una figura distante, un anziano saggio con la barba bianca, che dal cielo tutto vede e tutto giudica. È istintivamente connesso alla colpa, al peccato, al dovere di compiere scelte giuste secondo una legge teologica, con la conseguente punizione verso chi manchi di rispettarla.
In molti angoli del Mondo, migliaia di persone lo pregano ogni giorno, chiedendo miracoli e una risposta divina che, quando tarda ad arrivare, mette in discussione la sua esistenza.
Sarebbe molto più interessante pensare a Dio non come a una visione eterea irraggiungibile, ma come l’opportunità di intraprendere una relazione capace di trasformare l’interiorità, e, di conseguenza, capace di portare a scelte morali verso la via del bene. Se fosse Dio a scegliere per le azioni di ognuno, toglierebbe l’opportunità di essere liberi, non solo di agire, ma anche di sognare, di crescere, di vivere pienamente le emozioni che definiscono la propria umanità.
Nel momento in cui si entra in una relazione, di amicizia o di amore, nessuno vorrebbe che fosse l’altro a scegliere al proprio posto cosa essere, cosa fare. È attraverso il rapporto di complicità, di comunicazione e di stima che si trova l’opportunità di crescere, di comprendersi e di illuminarsi a vicenda sulle difficoltà.
Lo stesso vale in un percorso di psicoterapia, il fine non è che il terapeuta prenda decisioni al posto del paziente, ma che quest’ultimo raggiunga una trasformazione interiore, un processo di auto-consapevolezza che lo porti ad agire in modo autonomo. L’obiettivo non è il giudizio, ma piuttosto una crescita costante che aiuti a scoprire il valore che si ha dentro di sé. Anche nel messaggio cristiano, l’essere umano è visto come unico e irripetibile, amato, in quanto figlio di Dio.
Secondo il famoso psicanalista Jung, l’esperienza di Dio è un’esperienza reale della psiche, non un’idea astratta, e il suo effetto porta a una trasformazione profonda e tangibile.
Nel primo comandamento si legge: “Io sono il Signore tuo Dio… Non avrai altri dèi davanti a me.” A prima vista, questa può sembrare una regola religiosa sterile e ripetitiva, quando si tratta di un invito a riconoscere la realtà che risiede dentro ogni essere umano, una realtà che offre senso e direzione. È una chiamata a vivere guidati dalla verità, evitando le illusioni esterne che ci allontanano dall’autenticità.
Ciò che rende Dio veramente divino, non è l’imposizione di una legge, ma la realtà dell’esperienza che chiama a sposare la volontà di essere guidati. È nel libero arbitrio che Dio si rivela in modo chiaro e concreto: solo attraverso di esso possiamo fare esperienza del Suo amore autentico.
—
Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre riviste, i corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
—