L’ansia di un mondo più giusto

Siamo nelle trincee della guerra a ricordare al mondo, non solo a Trump, a Putin, a Netanyahu, ma a tutti, Europa e Italia compresa, che la pace non è un luogo per anime belle, per pensieri gentili purché non scomodi, ma l’unica ragione di una umanità che nutre sentimenti di prosperità e ricerca di felicità. È di questo che la resurrezione si fa carico, cercando di portare nelle coscienze dell’umanità, negli anfratti dell’animo umano l’ansia di un mondo più giusto, più equo, a misura dell’esistere.
L’ombra della guerra sembra affascinare ancor più della pace, nonostante questi sia l’unica via in cui l’umanità può crescere in prosperità e amore. Le parole utili della fraternità sembrano ormai desuete, espunte dagli orizzonti culturali dei media e degli intellettuali, quasi dovessimo omologare la natura umana verso il basso, verso la barbarie. E di barbarie si deve parlare per i crimini che quotidianamente si commettono nei teatri di guerra (Ucraina, Gaza, Sudan, Congo…) nell’impunità generale, nel silenzio delle organizzazioni internazionali e dei Paesi occidentali. È un silenzio complice, colpevole che non assolve nessuno, neppure l’Italia che sembra aver dimenticato il senso della sua umanità. Il governo è sordo, il ministro degli esteri è silente, i partiti distratti e l’opinione pubblica rabbonita dall’idea della festa continua, del consumo irrefrenabile.
Il mondo in questa Pasqua assomiglia ad un luogo dell’orrore, in cui prevalgono le tinte fosche del male e dell’imbecillità umana. Accade quando la politica perde le ragioni del servizio, quando il volto del debole e del povero è espunto dalla storia e annichilito dalla violenza, quando la misura è colma di orgoglio e questi detta la sua legge morale. Allora viene meno lo spazio per l’altro, quel contesto che illumina le sue ragioni.
“Mettere in vita non è tutto”, ha scritto don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e presidente di Pax Christi Italia, ricordando che la Pasqua è un momento di rinascita. “Bisogna mettere in luce”. Ed è questa la ragione più profonda della Pasqua, il culmine della Resurrezione: mettere in luce l’umanità, affinché non siano le ombre a disegnare il perimetro dell’esistenza. “Gesù è stato una grande catastrofe, ci ha avvicinati l’uno all’altro”, ha osservato Alda Merini. “Dopo Gesù qualcuno ha imparato a guardarsi negli occhi, a porsi delle domande, a vedere che l’altro non era solo merce”. Ragion per cui, la guerra che è l’estrema mercificazione della vita, l’assoluto contrappunto al bene, è per don Tonino l’antipasqua. “Antipasqua – scrive – è la guerra: ogni guerra”.
Dio guarda e non agisce? È la tentazione più forte dell’uomo: gettare le proprie responsabilità sulle spalle di altri. Invece Dio guarda e agisce con la mente e il cuore dell’uomo. Questa è la verità banale che si cerca di occultare. “Abbiamo troppo oscillato tra il Dio come distanza e il Dio come connivenza, il Dio che prescrive dall’alto d’un potere imperscrutabile e il Dio conoscibile solo nelle zone introverse del privato, dimenticandoci che egli si fa presente unicamente attraverso la nostra testimonianza”, dice Pomilio ne Il quinto evangelo. “Occorre sentire la persistenza del suo silenzio come un mutismo deliberato. O, più verosimilmente, come una delega permanente della Parola. Spetta ora a noi parlare di lui, e se possibile in nome suo. Lo spazio della nostra libertà è in questa scelta: tra la rassegnazione definitiva al suo silenzio e il bisogno d’infrangerlo colmandolo con la nostra voce. Ma è anche lo spazio della nostra responsabilità nel momento presente, l’indicazione dei compiti che ci spettano ora e qui”. Tutto quello che l’uomo deve sapere è già scritto nei Vangeli e sulla croce, è stato predicato lungo le strade della storia, ha inciampato nei sassi delle miserie umane, è stato edulcorato nei giochi di potere, ma è sempre tornato a richiamare nelle coscienze umane il senso vero di una rivoluzione senza spada e senza inganno.
La storia non è nei trenta denari di Giuda, che lo hanno portato alla morte, ma nel sepolcro spalancato che porta nuova luce a ogni gesto umano e pace nel cuore dell’uomo. “Pace a voi”. Che significa, dice don Tonino, che “la pace deve continuamente tenere i conti aperti. Con la stoltezza della Croce che provoca il sorriso dei dotti. Con la debolezza della Parola di Dio che suscita le preoccupazioni dei prudenti. Con il linguaggio non suggerito da sapienza umana che genera il compatimento dei devoti e l’indifferenza della massa”. Questa Pasqua, allora, offre, a un tempo ricco di miserie umane e di tragedie, una speranza nutrita di semi di trascendenza, affinché il mondo, costretto a misurarsi con l’incertezza e l’insipienza dei potenti, abbia un surplus di creatività e di spirito di iniziativa, di sacrificio, di sapienza e di luce. Quella propria della Resurrezione.
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