Divisioni testamentarie, facciamo chiarezza

A confronto con la notaia palermitana Giulia Cuffaro per approfondire l'argomento delle successioni che non di rado creano problematiche relazionali in famiglia

È un argomento sentito, fonte di gioia, ma anche amarezza e dubbi, se non chiariti per tempo: il momento delle divisioni testamentarie dei propri genitori. È corretto arrivare a questa delicata tappa di vita, grati, sereni, speranzosi che venga garantito il principio di equità per i fratelli tutti. Ma non è scontato accada. In quest’ultimo caso, il rischio d’incrinare, in vita, i rapporti di fiducia fra le parti (figli e nipoti coi genitori/nonni), ma altresì, post mortem, di serbare rancore e delusione per la triste sensazione di non essere stati amati abbastanza, è forte. Ma si può sindacare l’altrui libertà di testare? Abbiamo cercato di far luce sull’argomento con la notaia palermitano Giulia Cuffaro, che ringraziamo per la pazienza, l’affabilità, l’impegno e la cura minuziosa data alle risposte.

Notaia Cuffaro, che differenza sussiste fra la successione ereditaria testamentaria e legittima?

Nella successione testamentaria la devoluzione del patrimonio ereditario è regolata da un testamento; nella successione legittima la devoluzione è regolata dalla legge, ed opera in favore dei soggetti e in ragione delle quote da questa indicati. Ciò accade nel caso in cui manchi un testamento (o questo sia nullo o venga annullato), ovvero nel caso in cui il testamento esistente non abbia disposto circa l’intero asse o abbia attribuito soltanto diritti particolari a mezzo di legati. Il nostro ordinamento riconosce egual valore ed efficacia alle forme testamentarie previste dalla legge: sotto il profilo della forza regolatrice non vi è differenza, cioè, tra un testamento olografo, pubblico o segreto. Chiaramente, in presenza di situazioni complesse è il caso di farsi assistere da un notaio nella stesura delle proprie ultime volontà. Il testamento pubblico (nel quale il testatore esprime le proprie volontà dinanzi al notaio alla presenza dei testimoni e queste vengono dal notaio ridotte per iscritto) presenta numerosi vantaggi rispetto al testamento olografo (interamente scritto a mano dal testatore, datato e sottoscritto da quest’ultimo): fornisce certezza circa l’identità del testatore e la riferibilità al medesimo delle volontà testamentarie in esso espresse; viene conservato (come può esserlo tuttavia anche il testamento olografo a seguito di formale deposito) dal notaio nel suo fascicolo degli atti mortis causa, essendone così impedita la distruzione accidentale o lo smarrimento o l’alterazione da parte di terzi; in esso il notaio svolge la sua funzione di “adeguamento” della volontà del testatore, di cui si dirà più avanti, e il controllo di legalità; è l’unica forma di testamento accessibile a chi non sappia o non possa scrivere.

Nel caso il genitore intenda procedere con quella testamentaria, alla presenza degli stessi figli innanzi al notaio, i figli possono lamentarsi di eventuali inequità o esprimere le proprie opinioni?

Precisiamo che al momento del perfezionamento del testamento pubblico non è necessaria ed è anzi inopportuna la presenza dei figli, in quanto potenzialmente di ostacolo, in questo delicato momento, alla libera espressione della volontà del testatore. Il testamento è, infatti, un atto unilaterale (il nostro ordinamento sanziona con la nullità i “patti successori”) in cui l’unica volontà rilevante è quella del testatore, e il notaio, dopo averla verificata (perché sia solida, correttamente formata e non indebitamente influenzata) e dopo averla adeguata (dopo aver illustrato al testatore le soluzioni giuridicamente più idonee a mettere in pratica le sue intenzioni circa la devoluzione del proprio patrimonio) non può che recepirla. Chiaramente il testatore può, se lo gradisce, confrontarsi prima di testare coi soggetti che intende nominare eredi, che pertanto ben possono – se lui lo desidera – presenziare ad incontri preliminari con il notaio al fine di porre eventuali domande e poter essere di maggior ausilio nel confronto. Il testatore deve essere tuttavia ben consapevole che l’unica decisione rilevante è la sua.

La serenità familiare è certamente, infatti, auspicabile, ma la libertà testamentaria è principio fondamentale e irrinunciabile del nostro ordinamento.

La legge italiana tutela alcune categorie di soggetti anche contro la volontà del testatore. Può spiegarci meglio?

La legge italiana pone dei limiti all’autonomia testamentaria, a tutela proprio dei c.d. “legittimari” (il coniuge, i figli e altri discendenti, e, in assenza di discendenti, gli ascendenti). Ai legittimari la legge riserva, anche contro la volontà del testatore, infatti, una quota di patrimonio (da calcolarsi sul valore dei beni relitti al momento dell’apertura della successione, detratti i debiti, e aggiunte poi le donazioni dirette e indirette effettuate in vita dal de cuius, sempre valutate al momento dell’apertura della successione). Le quote di riserva, e pertanto la quota disponibile, variano a seconda del numero e della tipologia dei legittimari. La quota disponibile può essere liberamente attribuita dal testatore a chi ritiene, sicché, ad esempio, se il testatore che ha un coniuge e due figli istituisce il coniuge e un primo figlio nelle rispettive quote di legittima e l’altro figlio in tutto il residuo patrimonio (devolvendo pertanto a quest’ultimo la disponibile), nessuno di loro all’apertura della successione potrà dolersi di alcunché. Ma un altro chiarimento è opportuno: le disposizioni lesive di legittima non sono nulle o annullabili, ma soltanto riducibili: all’apertura della successione esse producono effetti finché non venga esperita vittoriosamente l’azione di riduzione nei confronti delle medesime. Pertanto, il notaio che riceva un testamento pubblico che pretermetta (ometta, ndr) un legittimario, è non solo autorizzato, ma tenuto a ricevere il detto testamento, dopo aver ben informato il testatore di tutte le implicazioni della pretermissione. Si noti inoltre che l’effettiva lesività di una disposizione testamentaria può essere valutata soltanto all’apertura della successione, momento nel quale il legittimario pretermesso potrebbe risultare, ad esempio, tacitato in vita con donazioni dirette e/o indirette.

Può il genitore donare, in vita, dei beni a un solo figlio, e disporre con testamento soltanto in favore degli altri figli?

Sì, i legittimari hanno diritto non necessariamente ad una quota di eredità, ma ad una quota di patrimonio, che può essergli attribuita anche a mezzo di donazioni fatte in vita.

Pertanto: se il testatore, in ipotesi vedovo, ha tre beni (per ipotesi di pari valore all’apertura della successione), uno lo dona ad un figlio (con ciò tacitando la sua legittima) e nel testamento istituisce eredi solo gli altri due e ad ognuno dei due attribuisce uno dei residui beni, la divisione testamentaria sarà valida (e non intaccata da nullità ex art. 735 c.c., applicandosi detto rimedio alla sola pretermissione del legittimario non altrimenti tacitato dal de cuius). Le donazioni in favore dei legittimari si considerano effettuate in conto di legittima, salva espressa dispensa, che potrà operare solo nei limiti della disponibile. In altri termini, il legittimario che abbia ricevuto in vita donazioni dirette e/o indirette e lamenti una lesione di legittima, dovrà imputare alla propria legittima il valore di quanto ricevuto (calcolato con riferimento al momento dell’apertura della successione), salvo che non sia stato da ciò dispensato: in tal caso quanto da lui ricevuto verrà imputato in primo luogo alla disponibile e, per l’eccedenza, alla sua legittima.

Per minimizzare i conflitti, è auspicabile che i fratelli all’apertura della successione mirino ad una “divisione bonaria”, cioè ad un accordo per dividere equamente i beni ereditari. Ma accade spesso tutto il contrario: che non riesca a trovarsi un accordo che soddisfi le parti. Come ovviare tale scissione di famiglie?

Le divisioni ereditarie, si sa, sono foriere di litigi; il testatore potrebbe prevenirli inserendo nel proprio testamento una divisione testamentaria, con la quale distribuisca i propri beni tra gli eredi secondo la sua volontà. La divisione del testatore, nel caso in cui sia rispettosa dei diritti dei legittimari, evita il sorgere di contrasti e produce effetti reali immediati all’apertura della successione, evitando l’instaurarsi di una comunione ereditaria sui beni che ne sono oggetto. Chiaramente più il testatore è giovane e più la composizione e il valore del suo patrimonio e i suoi legittimari sono suscettibili di variazioni, più programmare una divisione “inattaccabile” sarà complicato. La divisione del testatore è sempre riducibile in caso di lesione di legittima e, come detto, la lesione è accertabile solo all’apertura della successione. E’ da preferire, per salvaguardare la stabilità della divisione, la divisione senza predeterminazione di quote: se il testatore istituisce eredi i suoi due figli Tizio e Caio in quote uguali e attribuisce a Tizio il bene A e a Caio il bene B, (che per ipotesi al momento della redazione del testamento hanno pari valore), un’oscillazione dei valori dei beni al momento dell’apertura della successione potrebbe dar luogo a rescissione della divisione per lesione ultra quartum ai sensi dell’articolo 763 comma 2 c.c.. Nel caso in cui la divisione venga accompagnata da una istituzione in quote (non determinate ma) da determinarsi in relazione ai valori che i beni avranno all’apertura della successione (eventualmente aggiungendo una clausola in base alla quale i beni non contemplati andranno ripartiti tra gli eredi in egual misura), il rischio di cui sopra è scongiurato.

La figura del notaio può essere scelta fra gli amici o sarebbe corretto fosse un estraneo, per agire da mediatore, in modo neutrale?

Il notaio è sempre, per suo ruolo, neutrale, pertanto anche qualora sia amico di uno dei condividenti, nell’ambito della divisione ereditaria stipulata contrattualmente dopo la morte del testatore, farà sì che vengano tutelati gli interessi di tutti. Lo stesso dicasi per il notaio chiamato a ricevere un testamento pubblico: svolgerà sempre la sua funzione in maniera neutrale, indagando circa la libera formazione della volontà testamentaria.

In ultimo le chiediamo: quali i documenti legali necessari da presentare per procedere a un testamento, in vita?

I documenti d’identità del testatore; possibilmente quelli dei beneficiari (eredi e/o legatari), per inserire correttamente nel testamento i loro dati anagrafici; la documentazione relativa ai cespiti di cui si vuole specificamente disporre per testamento: atti di provenienza dei beni immobili, documentazione relativa ai rapporti bancari e ai valori mobiliari intestati al testatore, ecc.

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