Myanmar, la gioia di essere ancora vivo

Ero in autostrada di ritorno a Bangkok, proprio nel momento del terremoto, e mi sono accorto che il mezzo che guidavo è sbandato leggermente verso sinistra in modo molto strano: facevo fatica a tenerlo in carreggiata. Ho pensato fosse a causa della strada piena di buche, e abbiamo proseguito per la capitale. Solo dopo pochi minuti le notizie sono iniziate ad arrivare e stentavo a crederci. In 41 anni che giro tra queste terre, era la prima volta che vivevo l’esperienza di un terremoto. Poi le immagini via social del palazzo in costruzione venuto giù come un castello di carte: 90 persone ancora disperse e la capitale è stata dichiarata zona disastrata. La bella Bangkok, che invita sempre a godersi la vita, viveva un’emergenza mai verificatasi nella sua storia recente: in genere scoppiano incendi, alluvioni, ma non terremoti. Dopo pochi minuti dalla scossa avvenuta alle ore 13,30 circa, milioni di persone si sono riversate nelle strade intasando ogni angolo. Metropolitane chiuse, traffico in completo caos dalle ore 14,00 circa fino a tarda notte. Per percorrere 4 chilometri, alcune amiche hanno impiegato 5 ore, contro i 30 minuti necessari normalmente.
I disastri più grandi si temono a Mandalay e nella zona del Sagaing, già teatro di battaglie, bombardamenti e rappresaglie aeree. Un’amica, uscita di casa per andare a prendere, come al solito, il figlio a scuola, si è vista crollare la casa alle spalle: ha perso tutto, ma non la vita. In Mandalay il vecchio ponte che attraversa il fiume Irrawaddy, chiamato Ava Bridge[i], 91 anni di età, costruito durante l’occupazione britannica, è crollato, facendo morti, feriti: un simbolo della città se ne è andato via per sempre.
Le notizie dal Myanmar sono poche e frammentate: solo le fonti indipendenti, in pratica, sono attendibili e gli aiuti che verranno inviati dai Paesi esteri, come sempre, se effettuati attraverso i canali ufficiali governativi, arriveranno solo nelle zone controllate e favorevoli al governo militare. Come nel 2008, quando il ciclone Nargis causò più di 138 mila morti e furono bloccati gli aiuti umanitari per paura di una possibile invasione da parte di forze straniere e ostili. Si sarebbe potuto evitare un bel numero dei morti se gli aiuti, il cibo, più volte offerto, fosse arrivato. Ma chi ha una mente e un modo di ragionare militare, chi combatte la propria gente da 60 anni, pensa in modo di verso da me e da voi che leggete. Questo, o meglio, anche questo è il bellissimo Paese del Myanmar: sofferenza, ingiustizie, guerra, povertà ed ora anche un terremoto. Cosa può esserci di peggio di una guerra e in più un terremoto?
Ieri ho sentito “la nostra gente” al nord ovest della Thailandia, coloro che abitano sulla linea di confine tra la Thailandia e il Myanmar: stanno tutti bene. Il terremoto non si è sentito lì, anche perché le capanne, in genere, ballano e dondolano anche normalmente, ad ogni passo che fai. C’è il pericolo che ti cada il tetto in testa, ma tanto sono foglie e bambù: non c’è elettricità, acqua corrente potabile e questo ogni giorno per 365 giorni all’anno, da anni e anni.
Ceto che lo shock è grande, per un popolo che, come si dice in lingua thai «è facile a prendere spavento» e che manca di una guida spirituale dal 13 ottobre 2016.
La notte è passata tranquilla anche se ti addormenti pensando: ‘’Domani mi sveglierò?’’. E quando riapri gli occhi, vedi che è gà mattina presto e ti accorgi di essere vivo, ti prende una gioia profonda e una gratitudine: un calore interiore che ti fa ringraziare Dio che hai ancora la vita, magari non sai per quanto: ma sei vivo. Stamattina ho preparato un caffè, invitando un caro amico, e alla fine l’ho ringraziato per essere ancora vivo e pieno di voglia di vivere. Ieri era nel suo ufficio, presso un grande e noto albergo della città dove lavora. E ieri sera si è fatto 7 km a piedi per arrivare a casa. Questa è la vita. E a volte ci ricordiamo che non è detto che domani, per forza, ci sveglieremo: che nel pomeriggio di oggi andremo al bar, al cinema, a fare compere, oppure leggeremo un libro. Dal 28 marzo 2025 molte persone a Bangkok hanno capito che la vita è cambiata, con una scossa di terremoto, siamo diventati tutti più poveri: poveri di certezze. Una signora anziana mi diceva in auto, mentre arrivavamo nella capitale Bangkok: «Possiamo comprare l’illusione di possedere molte cose, ma mai la certezza di avere il tempo per godercele ed amare ancora domani. Vogliamoci bene, perché domani non sappiamo se potremmo farlo ancora». Saggezza degli anziani, saggezza asiatica.
A chi mi ha contattato e mi ha chiesto: “Come stai?”, ho risposto con convinzione rinnovata: ‘’Sono vivo, sono felice e sono qui”. E anche questa è la vita.
[i] https://www.irrawaddy.com/news/colonial-era-ava-bridge-over-irrawaddy-river-collapses-during-earthquake.html