Archeo-cinema, film da urlo tra fiction e realtà

Era il lontano novembre del 1922 quando in Egitto, nella Valle dei Re, l’archeologo Howard Carter, infranti i sigilli di una tomba inviolata da oltre 3.000 anni, penetrò nel sepolcro del faraone egizio Tutankhamun. Fu un evento sensazionale che venne trasmesso dai media dell’intero pianeta e che, oltre a fornire agli archeologi tanti straordinari elementi di comprensione scientifica dell’antico e misterioso mondo dei faraoni, guadagnò all’egittologia grande popolarità e nuovi proseliti.
Ma qualcosa di ancora più clamoroso doveva accadere…
Nel 1925 infatti, venne ritrovata anche la mummia di Tutankhamun e un’equipe di anatomopatologi la sbendò pazientemente e la studiò fin nei minimi dettagli clinici e autoptici. I risultati furono clamorosi e svelarono moltissime particolarità sulle sapienti tecniche d’imbalsamazione e sui riti funebri dell’antico Egitto.
Fu a quel punto che qualcos’altro di inaspettato accadde.
Le immagini e le foto della mummia avevano stimolato l’immaginario gotico di tante persone: e così nacque la “Tut-mania”, dal nome Tut-ankhammun. Gli abili produttori hollywoodiani colsero al volo l’occasione: e nel 1932 portarono sul grande schermo il primo “archeo-film” dal titolo La Mummia, tutto in stile horror. La mummia di Tutankhamun così, invece di starsene buona e tranquilla nel suo sarcofago, tornava in vita nelle pellicole cinematografiche e se ne andava girando per le strade seminando il terrore.
Niente paura: arriva Indiana Jones!
L’archeo-cinema degli anni ’80 si risveglia dall’incubo delle terrificanti mummie redivive e lascia il posto a un rassicurante archeologo a dire il vero un po’ naif e forse troppo spericolato, ma che si fa subito ben volere dall’audience. Lui è il bello di Hollywood, Harrison Ford, nei panni cinematografici di Indiana Jones, l’archeologo dotato di fedora e grande intuito, che sta sempre dalla parte dei buoni e sconfigge i cattivi; e, appena “mette le mani” su tesori e reperti di immenso valore storico ed economico, nel sottrarli ai cattivi che se ne sono illegalmente impossessati esclama ogni volta: «Questo appartiene al museo!»
Certo gli archeologi veri osservano che date, cronologie, sequenze temporali nei film di Jones sono chiaramente confuse e spesso anacronistiche, così come i tesori ritrovati sono fittizi e spesso mai esistiti. E ciò che forse dà più “fastidio” agli addetti ai lavori è che l’archeologia non è fatta sempre di sensazionali scoperte ciascuna delle quali cambierà il mondo, ma di piccoli passi, spesso invisibili, che però messi insieme fuori dai clamori, guidano davvero verso scoperte sensazionali.
Anacronismi sensazionalismi a parte, va anche detto che i film di Indiana Jones vengono girati spesso in location archeologiche spettacolari come il favoloso tempio di Al-Khasneh, nell’antica Petra, in Giordania, per non parlare di Indiana Jones e il quadrante del destino che è stato girato in Italia. Ebbene, milioni di spettatori hanno ammirato, durante le rocambolesche avventure di Indiana, il magnifico sito archeologico di Segesta in provincia di Trapani e il Parco archeologico della Neapolis a Siracusa, dove c’è il famoso Orecchio di Dionisio.
Certo le riprese del film hanno apportato un po’ di scompiglio alla routine quotidiana dei favolosi siti archeologici trapanesi e siracusani e ancora una volta la storia di quei luoghi è uscita completamente stravolta dal copione cinematografico. Tutto ciò però al netto di un sensazionale ritorno di immagine per la Sicilia. Anzi, forse un po’ troppo sensazionale!
Viaggio in Italia
Dai primi Indiana Jones fino ad oggi, l’archeo-cinema non si è fatto mancare scazzottate in prestigiosi musei con distruzione, scenica ovviamente, di reperti unici al mondo, oppure salti mortali su ponti antichissimi che esplodono e frasi magiche che consentono di viaggiare nel tempo.
Un viaggio nel tempo a questo punto lo vogliamo proprio fare e così torniamo agli anni ’50 e subito la chiassosa fiction dei nostri giorni sfuma nei ricordi del neo-realismo cinematografico. Il nostro è un Viaggio in Italia: il film di Roberto Rossellini che, dalla profonda introspezione dei personaggi e dai risvolti dei dialoghi talvolta laceranti, fa scaturire la poesia dei paesaggi archeologici di Pompei.
Indimenticabile la sequenza del film in cui la protagonista Katherine, interpretata da Ingrid Bergman si aggira pensosa nelle stanze del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann) e la possente quiete delle sculture classiche s’infrange sul suo profondo tormento interiore.
È diventata poi un cult dell’archeo-cinema la drammatica visita, sempre nel film Viaggio in Italia, ai veri scavi archeologici di Pompei da parte della protagonista Khaterine insieme al marito Alexandre, interpretato da George Sanders. Loro sono una coppia sull’orlo della separazione e a Pompei s’imbattono in un’altra coppia vissuta circa 2.000 anni prima e che nel film, proprio in quel momento, viene dissepolta dagli scavi archeologici con la tecnica della colata di gesso. La coppia pompeiana è rimasta abbracciata negli ultimi istanti di vita mentre la lava del Vesuvio li seppelliva. Un abbraccio disperato proprio come quello che sul finale del film si daranno Katherine e Alexandre.
C’è una curiosità: l’archeologo di fama mondiale Amedeo Maiuri, allora vero direttore degli scavi di Pompei, recita nel film interpretando la guida della coppia agli scavi.
Archeo-spiriti
Mi accorgo solo ora che forse la “Tut-mania” mi ha davvero contagiato e così non posso fare a meno di ritornare anch’io in un celebre cimitero. È quello in cui James Bond, nel suo ultimo film No time to die, si reca sulla tomba dell’amata Vesper Lynd, ma proprio lì subisce un attentato esplosivo a cui sopravvive per miracolo. Ebbene, questo cimitero di stile anglosassone con tombe a mausoleo è stato ricostruito su uno dei siti archeologici più antichi al mondo, nel cuore del Parco delle chiese rupestri di Matera. Non visibili nel film, tutt’intorno al set, ci sono le vere tombe dell’Età del Bronzo.
L’attrice Lèa Seydoux, che in No time to die interpreta Madeleine Swann, un giorno, durante una pausa dalla riprese, si è avvicinata e mi ha detto: «Questo dunque è un cimitero vero e così c’è anche qualche “spirito” qui intorno?». «Il cimitero è vero – le ho risposto – ma finora non ho incontrato alcuno “spirito”…a parte quello nei martini agitati e non mescolati del tuo amato Bond!»