Francesca Rispoli, Libera: Nella lotta alle mafie manca l’intenzione di vincere

Nella lotta alle mafie oggi manca un elemento essenziale: l’intenzione. Lo afferma Francesca Rispoli, presidente di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” insieme a don Luigi Ciotti. «Le mafie prosperano perché hanno connivenze ed interessenze all’interno di parti deviate delle istituzioni, all’interno di parti deviate delle forze di polizia, all’interno di parti deviate della massoneria… L’apparato che dovrebbe combatterle ha, al suo interno, delle forme che remano contro. Quindi – sottolinea Rispoli – soltanto con un’intenzione forte e specifica da parte di tutti gli organi preposti è possibile arrivare a dei risultati duraturi e definitivi».
Una frase rimasta celebre del magistrato Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci, affermava: «La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine». Francesca Rispoli ne è convinta e lo ribadisce alla vigilia del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Quest’anno il centro delle manifestazioni dal titolo “Il vento della memorioa semina giustizia” sarà Trapani, in Sicilia, dove è stato organizzato un ricco calendario di iniziative. Momento clou sarà la lettura del lungo elenco delle vittime innocenti delle mafie, «recitato come un interminabile rosario civile, per farli vivere ancora, per non farli morire mai». Perché, ricordano da Libera, quando si perde una persona cara per mano delle mafie, il dolore «diventa insopportabile se alla vittima viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome».
A promuovere questa giornata è “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, una rete che unisce associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, “contro” le mafie, la corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta; ma anche “per” la giustizia sociale, la ricerca della verità, la tutela dei diritti, una politica trasparente, una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, una memoria viva e condivisa, una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione.
La Giornata della memoria delle vittime di mafia precederà di pochi giorni una ricorrenza importante: i trent’anni di Libera, che ricorrono il 25 marzo. L’organizzazione è oggi presente su tutto il territorio italiano. Al network di Libera Internazionale aderiscono, inoltre, 80 organizzazioni di 35 Paesi d’Europa, Africa e America Latina.

Presidente Rispoli, il 21 marzo ricorre un appuntamento a cui tenete molto: la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Qual è il senso di questa giornata?
Per prima cosa unire le forze migliori che credono in questo cammino, partendo dalla positività dell’unirci, dell’incontrarci, dello stringerci attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie. È fondamentale farlo, ripartendo dalla Sicilia che è il territorio dove tutto è cominciato e quindi ripartiamo da lì, anche per illuminare le zone buie esistenti…
Quest’anno avete scelto Trapani…
Trapani è anche la città che, in qualche forma, ha ospitato per oltre trent’anni la latitanza di Matteo Messina Denaro (il boss risiedeva nel piccolo comune di Campobello di Mazara, ndr). È un territorio nel quale sono state evidentemente possibili delle coperture a vario livello, perché altrimenti una latitanza di così lungo corso non sarebbe stata possibile. È importante dire ciò che c’è di positivo, ma anche sottolineare che è necessario fare tutti un più attenzione. Serve uno scatto, serve un maggiore lavoro comune. La Sicilia è la terra in cui il movimento antimafie è nato, con i fasci siciliani e la collettivizzazione delle terre. È un movimento che affonda le sue radici in maniera strutturata nell’ottocento, con una maggiore presenza nel ‘900. La Sicilia è un territorio che merita l’energia, la vicinanza e la presenza del nostro movimento nazionale e internazionale, perché il 21 marzo non ci saranno soltanto persone provenienti dal resto d’Italia, ma ci saranno anche rappresentanti provenienti dal resto del mondo che fanno parte delle reti internazionali di Libera.
Il 25 marzo, invece, celebrerete il trentennale di Libera. Se lei dovesse fare un bilancio sommario, cosa sottolineerebbe?
Sicuramente che lo spirito iniziale non è stato tradito. Mettersi insieme e generare l’azione congiunta è ciò che ha garantito la tenuta in questi anni. L’emozione che le stragi hanno provocato in termini di shock se non viene alimentata rischia di essere qualcosa di poco duraturo. L’essersi messi insieme ha consentito e garantito questa capacità traversale di andare avanti. Molti risultati li abbiamo ottenuti sul fronte dell’utilizzo dei beni confiscati e sul fronte della memoria: l’elenco dei nomi delle vittime che noi leggiamo il 21 marzo è stato realizzato da Libera.
Non sono le istituzioni a redigerlo?
Non esiste un elenco delle vittime innocenti di mafia a livello istituzionale: sono le istituzioni a chiederlo a noi. E questo elenco – che all’inizio è stato costruito grazie alla caparbietà di Saveria Antiochia, la mamma di Roberto Antiochia (poliziotto ucciso dalla mafia a 23 anni a Palermo, ndr) -, è andato via via alimentandosi. Ogni anno facciamo nuovi inserimenti: nel 2025 abbiamo aggiunto oltre 20 nuovi nomi proprio perché c’è una ricerca continua di queste storie, di queste biografie, per dare memoria e cittadinanza piena a queste persone, le cui storie altrimenti andrebbero perse.
Un lavoro lungo e complesso…
Il lavoro è stato enorme anche su altri fronti: il fronte educativo, quello dell’università, il monitoraggio civico… sono tantissime le azioni portate avanti in questi anni. Voglio ricordare anche la rivista bimestrale “La via libera”, edita da Libera e dal gruppo Abele, che ogni due mesi produce approfondimenti specifici ed è l’unica rivista specializzata su questi temi oggi presente in Italia. Quella di Libera è un’attività poderosa e continuativa che è cresciuta in questi trent’anni.
Secondo lei cosa servirebbe per sconfiggere le mafie che adesso non c’è oppure che non è sufficiente?
L’intenzione. Se dovessi dire una sola parola userei: “intenzione”.
Una parola che è un vero programma…
Una parola che è un programma, nel senso che essere davvero intenzionati a scardinare un sistema di potere significa mettere in discussione l’attuale sistema di potere. Le mafie non sono un’organizzazione criminale come le altre. Le mafie prosperano perché hanno connivenze ed interessenze all’interno di parti deviate delle istituzioni, all’interno di parti deviate delle forze di polizia, all’interno di parti deviate della massoneria… È evidente che l’apparato stesso che dovrebbe combatterle ha, al suo interno, delle forme che remano contro. Quindi soltanto con un’intenzione forte e specifica da parte di tutti gli organi preposti – siano questi istituzionali siano questi civili – è possibile arrivare a dei risultati che non siano una goccia nel mare, ma che siano dei risultati duraturi, definitivi e all’altezza del nostro compito storico.
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