L’ex-presidente filippino Duterte arrestato e condotto all’Aja

Rodrigo Duterte era già apparso in video-collegamento di fronte alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja. Colpito da un ordine di arresto emesso dallo stesso organo, l’ex-presidente è stato fermato dalla polizia filippina al ritorno da un breve viaggio a Hong Kong, dove aveva preso parte a un incontro di connazionali che lavorano nella metropoli cinese. L’ex-sindaco di Davao ed ex-presidente delle Filippine è da tempo accusato di crimini contro l’umanità, per le modalità brutali che hanno caratterizzato il suo governo sia nel sud delle Filippine che a livello nazionale. Appena si è diffusa la notizia del fermo, all’esterno dell’aeroporto di Villamor, a Manila, si è radunata una folla di sostenitori oltre ai familiari e agli avvocati personali che hanno cercato di fermare l’estradizione. Ma non c’è stato nulla da fare e Duterte, sia pure con un jet privato, è stato trasferito in Olanda dove lo attende un giudizio per quanto è accusato di aver commesso fra il 2011 e il 2019, come sindaco di Davao, nell’isola di Mindanao, e successivamente in tutto il Paese come presidente della Repubblica filippina (2016-2022).
L’ex-presidente, oggi quasi ottantenne, è famoso nel sud dell’arcipelago per avere scatenato le cosiddette “squadre della morte”, milizie capaci di gestire in modo brutale e senza pietà la criminalità locale e il fenomeno degli street children. Tra l’altro, e nonostante tutto questo, Duterte è attualmente in corsa per un nuovo mandato come sindaco di Davao. Sarebbe il nono della serie. Davao è, infatti, un feudo tradizionale della famiglia Duterte, dove anche la figlia è stata capo dell’amministrazione locale prima di diventare vice-presidente della Repubblica filippina nel governo di Ferdinand Marcos Jr., dal quale, comunque, è stata ora estromessa. In effetti, non pochi vedono in questa estradizione di Duterte verso l’Aja il risultato di una guerra fra le due famiglie che hanno gestito per anni il potere locale e nazionale.
Rodrigo Duterte si è contraddistinto per una politica violenta a livello verbale e di prassi: basta pensare alle sue campagne elettorali accompagnate da minacce e aggressioni contro quegli elementi e gruppi della società civile e della Chiesa locale che si opponevano ai suoi metodi. Da Mindanao ha portato con sé lo stesso stile, adottandolo anche come inquilino del palazzo presidenziale di Malacañang a Manila. La sua presidenza è stata caratterizzata da programmi populisti e divisivi della società e della politica che hanno portato le Filippine ad essere una società fortemente polarizzata. Va ricordato, soprattutto, l’impegno all’insegna della violenza contro la droga che Duterte considerava una delle priorità del suo governo e che ha portato avanti in modo spietato con uccisioni e violenza. Alcuni osservatori ritengono che siano state almeno 12 mila le persone uccise da questa politica senza scrupoli, oltre alle migliaia di arresti fra tossicodipendenti, spacciatori e trafficanti. Tuttavia, la Corte dell’Aja ha ritenuto che le uccisioni sarebbero state circa 30 mila, con un particolare focus su 43 casi che sarebbero imputabili direttamente a Duterte.
Quanto successo e quanto succederà ora all’Aja ha già riaperto forti tensioni fra sostenitori e detrattori dell’ex-presidente, ma ha anche messo a nudo la guerra nascosta fra le due famiglie: Marcos e Duterte. Infatti, l’arresto di Duterte è stato reso possibile anche dalla rottura dei rapporti fra l’attuale presidente delle Filippine, Ferdinand Marcos Jr., e la figlia di Duterte, Sara, vicepresidente fino alla recente richiesta di impeachment, che tuttavia non è ancora giunta a conclusione. Marcos Jr., figlio dell’ex dittatore Ferdinand E. Marcos (al potere fra il 1965 e il 1986), è stato eletto nel 2022 dopo un accordo con Sara Duterte, considerata erede anche politica del padre, che ha ancora seguito e influenza nella politica filippina. Marcos Jr. inizialmente aveva dichiarato che non avrebbe collaborato con le indagini della Cpi, dalla quale le Filippine si erano ritirate proprio durante la presidenza Duterte, nel 2019. I rapporti fra il presidente Marcos Jr. e la sua vice si sono però deteriorati velocemente e, come conseguenza, l’attuale presidente ha permesso a inviati della Corte dell’Aja di indagare sul suo predecessore. Inoltre, nel 2024 il Parlamento filippino ha avviato un’inchiesta sulla “guerra alla droga” di Duterte.
All’Aja, dopo la prima apparizione dell’ex-presidente filippino, i tempi di svolgimento del processo si preannunciano lunghi e complessi. La prossima udienza si terrà nella seconda metà di settembre.
L’arresto e l’estradizione potrebbero avere un effetto divisivo tra i filippini, anche per l’approssimarsi delle elezioni che rischiano di trasformarsi in un referendum pro o contro l’ex-presidente, i suoi metodi e il ruolo che lui e la sua famiglia hanno avuto e potrebbero ancora avere.
Inoltre, l’accusa al presidente Marcos Jr. di non essersi opposto all’estradizione di Duterte, potrebbe mettere sotto pressione la sua amministrazione nella tornata elettorale di mid-term, che ha rilevanza politico-amministrativa, ma riflette anche il giudizio sull’operato della presidenza.
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