Disturbi alimentari, i campanelli d’allarme a cui fare attenzione

Giulia aveva 13 anni quando iniziò a soffrire di bulimia. Da bambina felice, si trasformò in un’adolescente sofferente. Quando capì cosa le stava succedendo, si rivolse con i genitori ad una struttura specializzata, dove finì in lista d’attesa. Una settimana dopo, un attacco cardiaco la uccise. Giulia aveva 17 anni quando morì, il 13 marzo 2011.
Grazie all’impegno dei suoi genitori, ma anche di tante altre persone e organizzazioni, fu istituita la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata ai disturbi del comportamento alimentare: parliamo di anoressia, builimia, binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID), disturbi alimentari non altrimenti specificati (NAS)…
In Italia ne soffre il 6% della popolazione: circa 3,5 milioni di persone. Di queste, 3 su 10 hanno meno di 14 anni, con i primi casi diagnosticati già tra gli 8 e i 10 anni, come spiega il presidente della società italiana di pediatria, Rino Agostiniani.
Lanciano l’allarme anche i medici dell’ospedale pediatrico di Roma Bambino Gesù. Dal 2019, ultimo anno prima della pandemia di Covid 19, le diagnosi annuali di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) sono aumentate del 64% circa. In Italia, secondo i dati del Ministero della Salute, l’aumento è stato di circa il 35%.
Il 90% delle persone che soffrono di questi disturbi sono donne, anche se sempre più numerosi sono gli uomini che ne manifestano i sintomi e si rivolgono a strutture specializzate (il 20% nella fascia di età 12-17 anni). Per la loro complessità, spiegano i medici, si tratta di disturbi che richiedono la maggiore collaborazione possibile tra figure professionali con differenti specializzazioni (psichiatri, pediatri, psicologi, dietisti, specialisti in medicina interna etc.). Sia l’anoressia che la bulimia possono essere causa di complicanze mediche gravi se non trattate tempestivamente e adeguatamente. I disturbi alimentari nell’ambito delle patologie psichiatriche presentano il più alto indice di mortalità, in particolare, nel caso dell’anoressia nervosa il rischio di morte è 5-10 volte maggiore di quello di persone sane della stessa età e sesso. In Italia, i DNA causano ogni anno circa 4 mila morti.
Presso l’ospedale Bambino Gesù c’è stato un incremento significativo dei nuovi accessi tra le fasce d’età più giovani (meno di 10 anni e tra 11-13 anni), che sono passati dai 59 del 2019 agli 89 del 2024 (+50%). «Un recente studio condotto dalla nostra equipe, attualmente in fase di revisione, ha messo in luce una preoccupante evoluzione dei disturbi alimentari – spiega la dottoressa Valeria Zanna, responsabile dell’Unità operativa semplice di Anoressia e Disturbi Alimentari -. Negli ultimi anni, i pazienti più giovani presentano quadri psicopatologici più gravi, sia per la sintomatologia alimentare che per le caratteristiche psicologiche associate. Inoltre, i nuclei familiari di questi pazienti risultano più sofferenti, con difficoltà comunicative, una maggiore fragilità emotiva e un funzionamento complessivo compromesso».
Purtroppo, chi soffre di questi disturbi difficilmente se ne rende conto e lo ammette, spiega Maria Grazia Gianni, presidente dell’associazione il Bucaneve e vicepresidente di Consult@noi, associazione di secondo livello senza fini di lucro che riunisce una ventina di associazioni familiari che si occupano di disturbi alimentari.
Giannini, chi si rivolge a voi chiedendovi aiuto? Le persone che soffrono di questi disturbi?
Molto raramente chi soffre di questi disturbi chiede aiuto, perché non ammettono di stare male e non vogliono essere aiutate. Questo mette in serie difficoltà le famiglie e sono soprattutto i genitori, ma anche sorelle, fratelli, amici…che si rivolgono alle nostre associazioni chiedendo aiuto.
Come accorgersi se una persona cara ne soffre?
Bisogna fare una premessa: quando emerge il sintomo di un disturbo alimentare, purtroppo vuol dire che il problema già esiste da tempo. Il disturbo alimentare usa il cibo e il corpo per esprimere un disagio che ha a che fare con l’interiorità della persona: la relazione con se stessa, con gli altri, con la società. È una patologia psichiatrica. Un segno chiaro è dato dal cambiamento nel rapporto con i cibo: si tendono a diminuire le quantità ingerite oppure, al contrario, si mangia molto di più. C’è un eccessivo controllo sul peso, si tende a praticare un’attività fisica esagerata che non ha niente a che fare con lo sport sano. Cambiano, di conseguenza, i comportamenti, soprattutto le relazioni sociali. Si smette di uscire, si diradano i rapporti o si fa amicizia con difficoltà, emergono comportamenti ossessivi: per esempio non esco se il comodino non è sistemato in un certo modo…
Perché è importante la Giornata del Fiocchetto Lilla?
La Giornata è stata istituita ufficialmente dal Ministero della Salute dopo che per molti anni le varie associazioni e realtà che si occupano di questo problema ogni 15 marzo organizzavano degli eventi per attirare l’attenzione su questi disagi. È una giornata importante perché, prima di tutto, finalmente dà dignità al problema. Lo riconosce, anche se tuttora purtroppo è poco conosciuto: in passato, però, era completamente ignorato. La giornata è importante anche perché dà dignità a chi soffre di queste patologie, che possono essere anche mortali. È veramente urgente che si parli di questi disturbi per porre l’attenzione su questo disagio profondo che ormai è diventato un’epidemia sociale, visti i numeri delle persone che stanno male.
Com’è la situazione in Italia nel contrasto a questi disturbi?
Il ministero della Salute aveva istituito un fondo destinato ai disturbi del comportamento alimentare. C’era una somma che poteva sembrare bassa, ma per noi famiglie era stato un bellissimo segnale, perché voleva dire che finalmente ci avevano visto, ci avevano sentito e tramite questa somma in alcune regioni dove ancora non esisteva nulla erano partiti alcuni servizi ambulatoriali, come ad esempio in Molise. Qualcosa, quindi, si era cominciata a fare. Purtroppo, però, quei fondi non sono stati rinnovati perché il ministero della Salute ha detto che ogni regione deve organizzarsi per conto proprio. Insomma, siamo in un momento di stallo e questo ci preoccupa molto perché, mancando i fondi, si sarà costretti a bloccare servizi che erano continuativi.
Cosa fare?
In questo momento noi stiamo lavorando molto per cercare di trovare una soluzione per smuovere questi blocchi e andare avanti. Se ne discuterà ad un apposito tavolo per vedere come, insieme, poter superare il problema, perché è indispensabile che i servizi non vengano interrotti. Un’altra cosa su cui siamo impegnati sono i Lea, i livelli essenziali di assistenza: vorremmo veder finalmente partire il decreto legge che inserisce i disturbi alimentari con i percorsi di cura nei Lea, in modo che, a loro volta, le regioni siano obbligate ad avviarli. Anche questo percorso si è fermato e come Consult@noi stiamo lavorando molto per far sì che si sblocchi.
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