Vita da infermiere, storia di Andrea Maccari e della Sanità pubblica da salvare

Andrea Maccari, di professione infermiere, ha dovuto lasciare il lavoro prima del tempo perché colpito in maniera pesante dal Covid.

Mentre chi poteva si è protetto barricandosi in casa, seguendo le prescrizioni di legge, alcune categorie di lavoratori, soprattutto nell’ambito della salute, sono rimaste su un fronte dove il virus è stato subdolo nel nascondersi. Sono tuttora vivide le immagini dei sanitari stremati dopo turni massacranti. Molti di loro, a centinaia, hanno perso la vita.
Andrea, al momento del contagio, era coordinatore distrettuale, dopo varie esperienze lavorative, tra cui il Sandro Pertini, uno dei grandi ospedali romani che rappresentano un punto privilegiato di osservazione per cercare di capire la metropoli capitolina.
Nato e vissuto nella zona di piazza Bologna, in un grande caseggiato di edilizia popolare elegante e a misura di persona, sul modello del quartiere della Garbatella, Andrea ha da sempre vissuto un’intensa attività sociale nell’ambito ecclesiale e civile.
Quando, dopo sei mesi di ricovero, è uscito dall’ospedale non riusciva a tenersi in piedi e aveva difficoltà a parlare per la tracheostomia subita e per mancanza d’aria nei polmoni.
Ma ha sentito il desiderio di poter raccontare la sua esperienza a partire anche da una riflessione sulla professione sanitaria e la grande questione del servizio pubblico messo costantemente sotto attacco. Il SSN ha dato prova di resistenza davanti all’epidemia di Covid 19 ma cosa accadrà alla prossima emergenza già annunciata, con il mancato investimento in prevenzione, tra privatizzazioni e carenza di cura per i più fragili?
Ne parliamo con Andrea Maccari che dopo il primo libro ne ha pubblicato un altro che entra nel dettaglio delle sue competenze professionali maturate in decenni di lavoro nel campo della salute intesa a 360 gradi.
Cominciamo con una domanda personale. Da quale storia familiare provieni? Cosa ti ha spinto a fare l’infermiere?
Non sono certo un figlio d’arte. Mio padre lavorava all’Atac come controllore e mia madre era un’artista dei tessuti, una sarta molto brava. La mia scelta di fare l’infermiere è nata dopo un’esperienza di ricovero a dodici anni per appendicite. L’incontro con un giovane infermiere, con cui ero entrato in confidenza, mi ha aperto la strada verso questa professione. Quando ho messo piede per la prima volta in corsia ero ancora minorenne. Sembra paradossale ma avevo, e ho ancora, una paura incredibile per le punture.
Cosa ti ha spinto a scrivere nel 2022 il primo libro “Un’altra possibilità”. con la copertina che riprende l’immagine di un famoso disco(The Dark Side of the Moon) dei Pink Floyd?
Il libro ho iniziato a scriverlo durante il ricovero e lo presento come un manifesto per la difesa del Ssn: se sono vivo e ho tutta l’assistenza necessaria è perché in questo paese esiste la sanità pubblica! È la cronaca di un ritorno alla vita rappresentata dal cielo con l’arcobaleno, uscendo dal tunnel del contagio da Covid. Mi sono sempre definito un amante dei Pink Floyd ma non ho pensato al loro disco per la copertina del libro. Pensandoci bene, ci si possono trovare anche dei significati sovrapponibili: esaltazione della speranza e della vita passando attraverso la paura, l’angoscia, la morte.
Citi nel libro i pregi del Ssn ma oggi è quasi impossibile prenotare un esame clinico necessario. Molti servizi vengono chiusi. Cosa sta accadendo? Come mai a tuo parere non è stata appresa la lezione della pandemia?
Ho avuto il privilegio di conoscere la realtà sanitaria italiana in toto. Ed è una realtà a macchia di leopardo: le disuguaglianze sono palesi come le differenze da territorio a territorio. Ammalarsi a Udine non è la stessa cosa che farlo a Reggio Calabria. Questo non è più accettabile. L’aziendalizzazione della sanità e le risorse economiche spostate sempre più sul privato hanno fatto il resto. Il sistema ancora regge per la buona volontà di chi sta in prima linea. Gli eroi della pandemia lo hanno dimostrato, anche se debbono lottare per avere un giusto riconoscimento economico.
In particolare, quale è la condizione attuale degli infermieri e del personale sanitario in generale? Quali forme di precariato sono state introdotte nei luoghi di cura?
In qualità di paziente cronico noto parecchia disaffezione nei confronti della professione infermieristica. Tra i colleghi è sempre più dilagante la voglia di lasciare il servizio e il pensare alla pensione. Ci sono anche meno iscrizioni alle università. A questi malesseri del comparto si aggiungono le fughe dei medici, dall’Italia e dal pubblico, ed ecco la condizione attuale: è in atto la spallata finale e sulle macerie del Ssn la ricetta delle assicurazioni private. Inoltre, sono decenni che vengono utilizzate le esternalizzazioni in sanità che hanno prodotto precariato e lavoro “povero”: dalle cooperative degli infermieri, degli Oss (Operatori socio sanitari), degli ausiliari, alle ditte di pulizie.
Quali spazi reali esistono per ridare centralità e attuazione alla sanità pubblica ?
Un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico, è conquista sociale irrinunciabile da difendere e garantire alle future generazioni. Il Ssn sta affrontando una crisi senza precedenti, causata da errori di programmazione, dal definanziamento e da dinamiche, anche contrattuali, che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti. Il Pnrr è una grande opportunità per invertire la rotta e per sensibilizzare decisori politici, manager, professionisti sanitari fino ai cittadini, i veri azionisti di maggioranza del Ssn.
Da cosa è nata l’esigenza di pubblicare nel 2024 il tuo secondo libro “Con un gesto. La forza del contatto nelle professioni d’aiuto”? Come è stato accolto da amici e colleghi?
“Con un gesto” ha cominciato a prendere forma più di dieci anni fa. Racchiude una gran parte della mia vita professionale e visione del mondo. Non è solo un saggio per addetti ai lavori perché il libro permette a chiunque di addentrarsi negli argomenti scientifici trattati, con un’architettura del testo che spazia dalle basi della relazione umana all’arte, dalle fondamenta del counseling alla ricerca, con l’utilizzo di supporti audiovisivi. Ho presentato il libro diverse volte e i riscontri sono stati sempre molto positivi, soprattutto nei seminari universitari.