Difesa europea, il progetto fallito nel 1954

La Comunità Europea di Difesa (CED) sarebbe stata il completamento dell’unificazione europea secondo Alcide De Gasperi. Ma il progetto non andò a buon fine per l’opposizione della Francia. Una ricostruzione di quella vicenda storica nell’intervista a Lucio D’Ubaldo
De Gsperi ANSA/UFFICIO STAMPA ISTITUTO LUCE CINECITTA' ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

La questione della difesa europea è entrata solo da poco nel dibattito pubblico anche se è, di fatto, assieme alla politica estera condivisa, il tema cardine della stessa esistenza dell’Unione Europea.

Poco prima di morire, nel 1954, lo statista italiano Alcide De Gasperi visse come una seria sconfitta la mancata costruzione della Comunità Europea di Difesa (CED) dovuta al netto diniego della Francia.

Ne abbiamo parlato con Lucio D’Ubaldo, profondo conoscitore della storia della Democrazia Cristiana, all’interno di una lunga intervista incentrata sulla figura di De Gasperi che pubblichiamo in più puntate. Con D’Ubaldo, giornalista e scrittore, già senatore della Repubblica dal 2008 al 2013, abbiamo avuto già la possibilità di riscoprire la vita di Giuseppe Donati, una figura di integerrimo popolare antifascista pressoché ignorato anche da chi dice di rifarsi alla cultura cattolico democratica.

Cosa voleva dire per De Gasperi, a pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale, il varo di una Comunità Europea di Difesa?
A detta dello stesso De Gasperi, la CED è stata la sua spina nel cuore. Furono per primi gli americani a porre la questione di un più marcato impegno militare dell’Europa, coinvolgendo anche la Germania, con l’obiettivo di fronteggiare le spinte aggressive dell’Unione Sovietica (vedi la guerra di Corea – 1950). La proposta avanzata nel 1951 da Dean Acheson, segretario di Stato, incontrò l’opposizione della Francia, preoccupata del riarmo della Germania. Anche De Gasperi manifestò un iniziale scetticismo.

Perché?
In sostanza non era precisato in cosa potesse consistere l’interesse dell’Italia, fatalmente obbligata a sottostare, nell’ipotesi di un compromesso tra le due sponde dell’Atlantico, a una co-direzione strategica tra anglo-americani e francesi. Dopo serrate verifiche, si giunse alla formulazione da parte di Parigi del Piano Pleven e da questo, a seguito di ulteriori negoziati, al Trattato di Parigi del 27 maggio 1952. L’intesa si inseriva nel solco dell’operazione che aveva condotto al varo dell’Alleanza atlantica (4 aprile 1949) e poi, quasi innestata su di essa, alla costituzione della CECA (18 aprile 1951).

Cosa prevedeva la Comunità Europea di Difesa?
La CED, al pari di quanto previsto dalle norme istitutive di queste precedenti entità, contemplava e rilanciava il profilo di una necessaria organizzazione a carattere sovranazionale. Nel commento di De Gasperi, la nuova Comunità rappresentava oltre allo “strumento di sicurezza”, “due altri aspetti eminenti: luno che il Trattato dovrà significare «la pace definitiva e consolidata fra la Francia […] e una Germania democraticamente e liberamente rinnovata; laltro che la comunità darmi […] dovrà dare vita per necessaria evoluzione a una comunità politica ed economica più vasta e più profonda. […] La nostra responsabilità internazionale ci spinge ad invocare su questo atto che stiamo compiendo la luce di una grande speranza, che illumini e guidi il nostro cammino verso unEuropa libera e unita».

Cosa ostacolò il progetto?
I problemi nacquero subito dopo, ovvero nella lunga e travagliata fase di ratifica del Trattato. I duri contraccolpi del processo di decolonizzazione e l’andamento della guerra in Indocina influivano negativamente sulla pubblica opinione francese e frenavano, di conseguenza, l’azione del governo di Parigi. Anche la morte di Stalin (5 marzo 1953) implicava un improvviso mutamento di sensibilità nel giudizio dei popoli e dei governi occidentali nei riguardi di un contesto geopolitico che sembrava aprire spiragli alla distensione. A questa prospettiva non dava molto credito il leader democristiano.

Per quale ragione?
Perché intuiva che dietro la presunta distensione s’affacciava il rischio di un declassamento delle istanze italiane. In questa cornice, infatti, andava collocata l’annosa questione di Trieste, l’italianissima città rivendicata dalla Jugoslavia di Tito come “premio”, oltre tutto, per l’avvenuta rottura dell’alleanza di Belgrado con l’Unione Sovietica di Stalin. Tuttavia, una volta convinto che la CED, finalmente modellata sulla CECA, poteva assumere la funzione di “infrastruttura” dell’Europa unita, De Gasperi sarà il più solerte e rigoroso nel portare avanti un disegno che oltrepassava l’aspetto meramente militare. Nelle dichiarazioni programmatiche che accompagnarono l’infruttuoso tentativo del suo ultimo governo, dopo la sconfitta sulla cosiddetta “legge truffa” − al centro, come è noto, delle elezioni del 1953 −, ebbe addirittura un’intonazione “spinelliana” laddove il progetto della CED era finanche tratteggiato in forme evocative di un certo “terzaforzismo” europeo.

Il progetto venne meno. Come cercò di reagire da leader della Dc?
La spina nel cuore divenne sempre più dolorosa. Nell’ultimo anno di vita, De Gasperi vide profilarsi l’ombra della sconfitta. Uno dei motivi che lo indussero ad accettare l’invito a riprendere la guida del partito, fu la debordante azione del suo successore alla Presidenza del Consiglio, Giuseppe Pella, in risposta alla minaccia titina su Trieste. Non gli piacque, oltre tutto, una qualche spregiudicatezza sul piano diplomatico mirante a subordinare la ratifica della CED alla risoluzione del problema di Trieste. Anche dopo, nei passaggi successivi per la formazione del governo a seguito delle dimissioni di Pella, prima con il tentativo di Fanfani (senza esito) e poi con quello di Scelba (andato a buon fine), le indicazioni di De Gasperi come segretario della Dc furono improntate alla massima coerenza sull’adesione alla CED. Era però un leader che gli stessi amici di partito consideravano ingombrante. In quel frangente si parlò di un suo possibile ritorno al governo come ministro degli Esteri, ma tanto Fanfani quanto Scelba non imboccarono una strada che il veto di Saragat rendeva impraticabile. 

Come cercò di incidere De Gasperi sulla politica estera anche se ormai non era più presidente del Consiglio e neanche ministro?
La fermezza di De Gasperi si manifestò egualmente nel processo di transizione generazionale in corso all’interno della Dc. Anche contro i vecchi popolari, egli manifestò il suo appoggio al “giovane” Fanfani, incoronato al congresso di Napoli del 1954; ma nei riguardi di quest’ultimo esercitò fino all’ultimo una pressione molto forte affinché non ci fossero cedimenti sulla politica estera (e quindi sulla CED). Di qui il suo fermo appello alle ragioni del centrismo, per scongiurare il pericolo di uno scivolamento su posizioni neutraliste, senza più certezze nell’ancoraggio ai principi della solidarietà euroatlantica, come pure avrebbe preferito, in nome della pace e della distensione, un Nenni alla ricerca di nuovi spazi di autonomia rispetto all’alleato comunista e disponibile pertanto a rapporti più flessibili tra governo e opposizione.

Al di là dei dettagli, quello che emerge è la forte convinzione dello statista trentino nel considerare la CED come completamento del progetto europeo…
Infatti, che non fosse quello di De Gasperi un motivo strumentale, emerge dalle sue ultime prese di posizione, quando gli fu chiaro che il Parlamento francese, grazie alla convergenza tra De Gaulle e i comunisti, avrebbe bocciato con un espediente tecnico l’adesione alla CED. Ciò avvenne il 30 agosto, qualche giorno dopo la sua scomparsa a Sella di Valsugana (19 agosto), per un destino che gli volle risparmiare l’amarezza di una conclamata delusione. E tuttavia, in onore del suo europeismo, Altiero Spinelli disse che probabilmente De Gasperi morì di crepacuore davanti alla «prospettiva dell’imminente fine del tentativo di unificazione europea».

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons