Quale futuro per le nostre coste?

Studio Enea: nuova metodologia per la mappatura delle aree costiere italiane a rischio di inondazione. Articolo pubblicato sul n. 1/2025 di Città Nuova
Isola d’Elba, veduta di Marina di Campo. CARLO FERRARO/ANSA/DEF

Cosa sarà delle coste italiane tra 20, 50 o 75 anni? Quali conseguenze la crisi climatica avrà sui nostri litorali? A queste domande ha cercato di rispondere un gruppo di ricercatori dell’Enea composto da climatologi, esperti Gis (gestione dei dati informativi di natura geografica), oceanografi e geologi, attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Remote Sensing, dal titolo: “Evoluzione degli ambienti costieri in scenari di inondazione utilizzando un modello oceanografico e dati di telerilevamento” (luglio 2024). L’aspirazione, vi si legge, è di «dare un contributo significativo all’evoluzione degli strumenti di valutazione del rischio costiero e di adattamento attraverso quello che speriamo sarà un servizio climatico accessibile in futuro». L’intento, precisa Enea in un comunicato, è «fornire, a decisori pubblici e pubbliche amministrazioni centrali e locali, le tendenze evolutive del territorio, in modo da pianificare le strategie di adattamento al cambiamento climatico».
La nostra Penisola, con più di 7.900 km di coste, è contornata da diverse zone vulnerabili alle inondazioni causate dall’aumento del livello del mare previsto per i prossimi decenni. Tra queste, gli autori dello studio hanno preso in esame 5 aree: Alghero-Fertilia in Sardegna; Piombino-Follonica e Marina di Campo in Toscana; Latina-Sabaudia e Roma nel Lazio. «Si tratta di zone costiere importanti per gli ecosistemi e le attività economiche che vi si svolgono – spiega Roberto Iacono, fisico, ricercatore nel Laboratorio Modelli e Servizi Climatici di Enea e parte del gruppo di studio –. Hanno in comune un’elevazione bassa, sono piane soggette più facilmente ad inondazioni, con una certa stabilità dal punto di vista geologico e già oggetto di studi negli anni passati. Quindi, abbiamo potuto confrontare i nostri dati con le stime fatte in precedenza».
L’approccio innovativo scelto degli scienziati ha consentito, continua Iacono, «di coniugare tutti gli strumenti più avanzati, necessari e disponibili, per fare delle valutazioni sul rischio inondazione». Nella prima fase, grazie all’utilizzo di nuovi modelli oceanografici, dei migliori modelli digitali del terreno, e del nuovo servizio Copernicus per il rilevamento dei movimenti verticali della superficie terrestre da satellite, sono state individuate aree costiere che nei prossimi decenni potrebbero essere più soggette alle variazioni del livello del mare. Nella seconda fase si sono valutate le categorie dei beni più esposte alle inondazioni.
«Gli studi sul cambiamento del livello del mare a livello globale si fanno generalmente utilizzando modelli oceanografici – chiarisce Roberto Iacono –, che danno l’evoluzione del livello del mare globale, nei prossimi decenni, con un dettaglio spaziale di circa 100 km. Noi abbiamo sviluppato un modello regionale sul Mediterraneo, ad alta risoluzione (7 km), con scenari sempre più realistici e affidabili, che ci ha permesso di differenziare quello che succede nelle diverse aree del bacino e di descrivere in modo più accurato gli scambi con l’Atlantico». Ma scendiamo nel dettaglio e descriviamo almeno in parte i risultati emersi da alcuni dei casi di studio.

L’area di Alghero-Fertilia, lungo la costa occidentale della Sardegna, ospita lo stagno di Calich, fra le più importanti zone umide della regione. Lo stagno si affaccia sulla rada di Alghero ed è collegato al Mar di Sardegna da un canale dove peraltro si trovano i resti di un ponte romano. In questo luogo, le mappe delle alluvioni elaborate dal gruppo di ricerca Enea prevedono che il livello del mare salirà di 18,8 cm entro il 2040, di 39,7 cm entro il 2070 e di 63,7 cm entro il 2099. Ciò significa che vaste zone delle sue sponde saranno interessate da inondazioni, con conseguenti cambiamenti per la flora e la fauna. Con tutta probabilità, il porto di Fertilia verrà sommerso.

Andiamo poi a guardare più da vicino la Toscana, dove le mappe delle inondazioni di Marina di Campo, una delle meravigliose spiagge sull’isola d’Elba, mostrano come la piana costiera su cui sorge, attraversata da corsi d’acqua naturali e da canali per l’irrigazione agricola, sul finire del XXI secolo sarà soggetta a progressive alluvioni, soprattutto nei pressi dell’aeroporto e lungo le sponde dei corsi d’acqua, con un innalzamento previsto del livello del mare di 59,6 cm entro il 2099.
Sempre in Toscana, l’area tra l’abitato di Piombino e quello di Follonica è prevalentemente sabbiosa. La zona, dalla forte vocazione turistica, ospita anche attività agricole, portuali e di produzione dell’energia. Qui l’innalzamento del livello del mare si sposa alla subsidenza, cioè allo sprofondamento della terra. Gli scenari di alluvione progressiva previsti da Enea interesseranno vaste aree dei terreni coltivati, fino a 4,57 km2.
Allora, cosa fare? Il prof. Enzo Pranzini, docente di Dinamica e difesa dei litorali presso l’Università di Firenze, suggerisce: «Adattamento e mitigazione degli effetti della crisi climatica comportano scelte. Non teoriche ma concrete, i cui effetti forse, si vedranno tra 50 anni. Per farle occorre partecipazione: sono necessari politici e cittadini non solo informati, ma anche formati e consapevoli». Cittadini e politici capaci di scegliere insieme le strade da percorrere per il proprio futuro e per il futuro dei loro territori.

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