Il valore delle cure palliative

Le cure palliative sono finalizzate a dare dignità alla persona, fino alla fine. Sono un diritto prioritario di ciascun cittadino. Capiamo nel dettaglio in cosa consistono
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Certo, non è un pensiero a cui torniamo volentieri o con leggerezza; ma fa parte della nostra stessa vita la consapevolezza che è un diritto di ciascuno di noi morire con dignità e serenità. Ossia stringendo la mano ai propri cari, avendo chiesto e dato perdono, ringraziato e chiesto scusa; curati con amore, senza accanimento; accettando la morte come parte della vita, come dono alla vita stessa che continua nelle nuove generazioni.

Le norme sulle cure palliative

La legge 38/2010 sancisce il diritto dei cittadini all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Le cure palliative vengono definite da questa norma come «l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici». Questa legge è diventata un modello internazionale per la garanzia di una presa in carico globale del paziente, anche pediatrico.
Importante evoluzione è stata poi la legge 219/2017, che focalizza l’attenzione su 4 punti: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), il consenso informato, la pianificazione condivisa e la sedazione palliativa.

Nella DAT si indica l’accettazione o il rifiuto di determinati accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche, singoli trattamenti sanitari (la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale rientrano in tale definizione). Il contenuto delle DAT è libero e può comprendere, oltre alle disposizioni relative alle cure desiderate o meno nel fine vita, l’utilizzo della sedazione palliativa, le disposizioni in merito all’espianto dei propri organi o all’utilizzo della propria salma per scopi scientifici, il tipo di sepoltura desiderata, ed altro ancora. Le DAT obbligano i sanitari a rispettare la volontà di chi le ha espresse, e quindi a interrompere o meno i trattamenti medici secondo quanto indicato. Una volta depositate restano valide senza limiti di tempo, ferma restando però la possibilità di essere modificate in qualsiasi momento: sono quindi pensate per poter seguire l’evolversi nel tempo della volontà del disponente o, in casi di impossibilità e di mutate condizioni, del suo fiduciario. Le DAT possono essere redatte sia con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, recandosi da un notaio; sia con scrittura privata semplice, consegnata personalmente presso l’Ufficio dello Stato Civile del Comune di residenza in presenza di un testimone.

Consenso informato
Il tema del consenso informato, ossia del ruolo determinante da riservare al malato nel processo decisionale delle cure, ha le sue radici nell’art. 32 della Costituzione, in cui si afferma che «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge». Ciò però incontra ancora diversi ostacoli nella realtà delle cure palliative: una parte significativa dei malati spesso non è pienamente informata della diagnosi e la prognosi, e la stessa consapevolezza di malattia o di terminalità si sviluppa in modo progressivo e influenzato dal vissuto personale. Occorre sottolineare che esiste un tempo dell’informazione e un tempo delle emozioni. Quando una persona viene informata sul suo stato di malattia non guaribile, è necessariamente alle prese con forti emozioni, al punto da non riuscire ad ascoltare e capire tutto quello che gli viene detto: è quindi corretto puntare ad un consenso “progressivo”, finalizzato a garantire la tutela dell’autodeterminazione nel rispetto di ciascun paziente. Solo adattando continuamente lo stile comunicativo alla relazione diretta e personale, in cui si è dato modo al malato e ai familiari di condividere le loro aspettative, conoscenze, bisogni, paure, inizia la comunicazione sull’offerta di un percorso di cure palliative personalizzato e flessibile.

Pianificazione condivisa

Le cure palliative pongono domande etiche importanti, con interrogativi ancora aperti tra le autorità religiose cattoliche, il mondo laico, il comitato nazionale di Bioetica, sul tema della morte medicalmente assistita (eutanasia). Vi è altresì una sostanziale concordanza sugli altri punti cardine: attivare “cure palliative precoci e simultanee”, contrastare il “dolore profondo” (talora fino alla sedazione palliativa), necessità di ampliare la rete di cure palliative.

Il Comitato nazionale di bioetica parla delle cure palliative come aderenti a «un modello assistenziale che accoglie il processo del morire come un evento da accompagnare, senza avere l’intenzione di accelerarlo, o ritardarlo in modo irragionevolmente ostinato» (Comitato Nazionale Bioetica 2023, p. 27); mentre nel “Piccolo Lessico del fine vita”, pubblicato dalla Pontificia accademia per la vita a cura di monsignor Paglia, si ricorda che «il malato e la sua famiglia sono al centro delle cure, non la malattia o l’organo interessato. La persona è così riconosciuta nella sua unicità, nei suoi bisogni fisici, psicologici, relazionali e spirituali, assistita nel rispetto della sua dignità, libertà e vulnerabilità. […] Le cure palliative non sono una medicina della rassegnazione, ma richiedono professionalità e un approccio attivo e sempre più qualificato per una risposta completa al malato, perché si può e si deve sempre curare, anche quando non si può guarire […] Le cure palliative sono l’espressione di autentica donazione umana e cristiana del prendersi cura».

Sedazione palliativa

Nel contesto generale delle cure palliative, l’ultimo atto possibile è la sedazione palliativa che trova il suo riferimento normativo nell’art. 2 della legge 219/17. Consiste nella riduzione della coscienza del paziente allo scopo di alleviare i sintomi fisici e/o psichici che non possano essere controllati; e può essere applicata secondo diversi gradi e modalità, da superficiale a profonda, da temporanea o intermittente a continua. La sedazione palliativa si effettua in caso di malattia inguaribile in stato avanzato e che mira ad alleviare o eliminare lo stress e la sofferenza nel paziente a fine vita, senza incidere sui tempi di vita residua: non va pertanto confusa con l’eutanasia.

Al di là delle cure volte a contrastare sia il dolore che gli effetti collaterali della malattia e dei medicinali, da realizzarsi sempre con la supervisione di un  medico palliativista, la persona gravemente malata necessita però di aiuto anche per i non meno importanti bisogni psicologici, esistenziali, sociali e spirituali. Nel fine vita vengono posti in questione i significati fondamentali della vita, il suo scopo e il suo valore. Si tratta di affrontare il senso di impotenza, paure, angosce, ansia, depressione, che possono arrivare a compromettere il senso della dignità e la volontà di vivere.

Gli stessi familiari devono essere attivamente coinvolti nel progetto di cure palliative, dato che i loro disagi e sofferenze si intrecciano inevitabilmente con i dolori della persona ammalata. Di questo “sistema famiglia”  è necessario prendersi cura, all’interno di una relazione che “non può guarire ma può curare”: appare qui evidente come il medico palliativista debba essere supportato da una vera rete assistenziale articolata (medico di famiglia, infermieri, psicologo, counsellor, assistente sociale, ausiliari sanitari), attivando un progetto assistenziale precoce con interventi continuativi. Si scopre spesso che, lì dove il paziente riesce a contenere il dolore fisico e ad accettare e dare un senso alla morte, vi si arriva in pace con se stessi, le persone care, l’umanità; mentre anche per chi rimane il dolore della perdita viene placato, per quanto possibile, da un senso di pace e compiutezza.

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