Il papa: “Vigilare contro la tentazione della guerra”. Appello delle associazioni per la legge 185/1990
Il 18 aprile 1951 con il Trattato di Parigi fu creata la CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Voluta da alcuni di quelli che poi furono chiamati i padri dell’Europa unita (Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer), era il primo passo concreto verso un continente di pace.
Lì dove erano scoppiate le guerre mondiali, le basi della rinascita economica e sociale venivano poste sulla condivisione di quelle due fondamentali materie prime. 74 anni dopo, i venti di guerra continuano a soffiare: in Ucraina, in Terra Santa, in tante altre parti del mondo. E quell’acciaio che era simbolo di unità, diventa oggi segno di divisione tra i Paesi.
Il presidente Donald Trump ha infatti annunciato l’imposizione di dazi del 25% sulle importazioni, negli Stati Uniti, di acciaio e alluminio.
Nell’attesa di eventuali misure concrete, Unione europea e Cina minacciano provvedimenti analoghi nei confronti degli Usa, ricordando, come ha spiegato la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, che i dazi, essendo tariffe aggiuntive sui prezzi di acquisto, sono nuove tasse per i cittadini, perché portano all’aumento dei prezzi e dell’inflazione.
Nelle guerre dei dazi non c’è un vincitore, ha sottolineato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun, che ha aggiunto: «Non c’è via d’uscita per il protezionismo e non c’è vincitore nella guerra commerciale e nella guerra tariffaria».
Nonostante le tensioni internazionali, non mancano segni di pace. Nei giorni scorsi, ad esempio, Acli, Agesci, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica Italiana, Movimento dei Focolari Italia e Pax Christi Italia hanno lanciato un appello a deputati e senatori affinché non modifichino la normativa che regola l’importazione, l’esportazione e il transito delle armi in Italia.
A nome delle decine di migliaia di persone da loro rappresentate, le associazioni spiegano: «La legge 185 del 1990 è una grande conquista della società civile italiana che ha visto parte dell’associazionismo cristiano impegnato in prima fila nella campagna “Contro i mercanti di morte”». Le armi italiane uccidono in tutto il mondo, eppure il disegno di legge in discussione in Parlamento intende «limitare l’applicazione dei divieti sulle esportazioni di armamenti; ridurre al minimo l’informazione al Parlamento e alla società civile; e, soprattutto, limitare le informazioni contenute dalla Relazione governativa annuale, cancellando la documentazione riguardo alle operazioni svolte dagli istituti di credito circa l’import e l’export di armi e dei sistemi militari italiani».
Tali modifiche svuoterebbero il contenuto della legge 185: una decisione gravissima. Ecco perché Giuseppe Notarstefano, presidente di Azione Cattolica Italiana, Emiliano Manfredonia, presidente Acli, Matteo Fadda, presidente dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, responsabili del Movimento dei Focolari Italia, mons. Giovanni Ricchiuti, presidente del Movimento Pax Christi Italia, e Roberta Vincini e Francesco Scoppola, presidenti del comitato nazionale AGESCI, si appellano alle forze politiche di tutti gli schieramenti: «Signori Deputati e Senatori, vi chiediamo, vi supplichiamo: non svuotate la legge 185/90 nel suo profondo significato. Vi chiediamo di ricordare e custodire il lavoro della società civile che ha portato all’approvazione di questa legge che attua i principi costituzionali. Ve lo chiediamo in nome della comune umanità che ripudia la guerra».
Parole di pace sono state espresse anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando come due città europee, Nova Gorica e Gorizia, simbolo fino a pochi decenni fa «di dolorose divisioni e di innaturali separazioni», sono diventate, insieme, Capitale della cultura europea. «Se ci si pone dalla parte delle vittime, dei defraudati, dei perseguitati, la prospettiva cambia, i rancori lasciano il posto alla condivisione, e si rende valore al percorso di reciproca comprensione». Dagli errori e dalle sofferenze del passato si può trarre un’ulteriore spinta per un cammino comune. «Perché le diversità non dividono, ma diventano ricchezze se si collabora e si pensa, insieme, nell’ottica di futuro comune», ha aggiunto Mattarella nel corso delle celebrazioni per la Giornata del Ricordo.
La pace è una scelta necessaria e lo ha ricordato anche il papa nel corso del Giubileo delle forze armate, di polizia e di sicurezza, che si è appena concluso. Senza respiro per la bronchite, il pontefice è stato costretto ad affidare le sue parole al maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, l’arcivescovo Diego Ravelli. Gesù, si legge nel discorso, presso il lago di Gennesaret vide la delusione dei pescatori per le reti vuote e li guardò con compassione, salì sulla barca di Simone, condividendo le loro difficoltà, e sedette sulla barca, per portare luce e speranza in quella notte di delusione. Allora, ha spiegato il papa, accadde il miracolo: «Quando il Signore sale sulla barca della nostra vita per portarci la buona notizia dell’amore di Dio che sempre ci accompagna e ci sostiene, allora la vita ricomincia, la speranza rinasce, l’entusiasmo perduto ritorna e possiamo gettare nuovamente la rete in mare».
Rivolgendosi ai rappresentanti delle forze armate, di polizia e di sicurezza, Francesco ha spiegato che «anche a voi il Signore chiede di fare come Lui: vedere, salire, sedersi. Vedere, perché siete chiamati ad avere uno sguardo attento, che sa cogliere le minacce al bene comune, i pericoli che incombono sulla vita dei cittadini, i rischi ambientali, sociali e politici cui siamo esposti. Salire, perché le vostre divise, la disciplina che vi ha forgiato, il coraggio che vi contraddistingue, il giuramento che avete fatto, vi ricordano quanto sia importante non soltanto vedere il male per denunciarlo, ma anche salire sulla barca in tempesta e impegnarsi perché non faccia naufragio, con una missione al servizio del bene, della libertà, e della giustizia. E infine sedervi, perché il vostro essere presenti nelle città e nei quartieri, il vostro stare sempre dalla parte della legalità e dalla parte dei più deboli, ci insegna che il bene può vincere nonostante tutto, ci insegna che la giustizia, la lealtà e la passione civile sono valori necessari, ci insegna che possiamo creare un mondo più umano, più giusto e più fraterno, nonostante le forze contrarie del male».
Accanto alle forze armate, ci sono i cappellani, che non devono, «come a volte è tristemente successo nella storia», benedire perverse azioni di guerra, ma che servono come sostegno morale e spirituale per un servizio da svolgere alla luce del Vangelo per il bene collettivo.
Il papa ha, infine, ringraziato le forze dell’ordine «perché salendo sulle nostre barche in pericolo, ci offrite la vostra protezione e ci incoraggiate a continuare la nostra traversata. Vorrei anche esortarvi a non perdere di vista il fine del vostro servizio e delle vostre azioni: promuovere la vita, salvare la vita, difendere la vita sempre. Vi chiedo per favore di vigilare: vigilare contro la tentazione di coltivare uno spirito di guerra; vigilare per non essere sedotti dal mito della forza e dal rumore delle armi; vigilare per non essere mai contaminati dal veleno della propaganda dell’odio, che divide il mondo in amici da difendere e nemici da combattere. Siate invece testimoni coraggiosi dell’amore di Dio Padre, che ci vuole fratelli tutti. E, insieme, camminiamo per costruire una nuova era di pace, di giustizia e di fraternità».
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