99 centesimi e non solo
Tre palline da tennis a 50 centesimi, una confezione di bicchieri di plastica a 60 centesimi, una saponetta a 70 centesimi, un temperino a forma di mappamondo solo 80 centesimi. Tutto a meno di un euro. In principio erano i Tutto mille lire, ora sono gli Zeronovantanove centesimi di euro. Danno l’impressione ai clienti di potercela fare, di sfogliare senza patemi d’animo le carte dell’estratto conto, di superare perfino il 27. Sono i nuovi negozi dei prezzi più bassi non si può; oltre c’è, purtroppo, solo il furto. Se non ce la fate qui, è meglio arrangiarsi; del resto anche i primi discepoli di Gesù, per giunta di sabato, si fornirono al self service di un campo di grano per sedare l’appetito. I negozi low cost sono una delle risorse oggi disponibili, ma non l’unica, per chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Del resto la congiuntura economica non aiuta, la recessione in america è già arrivata, l’euro è troppo forte, il petrolio ha prezzi molto alti e si stanno pure sgonfiando le bolle immobiliari. Sono tutti fattori negativi che pesano sul nostro portafoglio. I negozi 99 cent store nascono in America, a Watertown, nello Stato di New York, nella seconda metà dell’Ottocento, e ora, con i nomi più diversi, sempre legati alla moneta locale, sono arrivati in tutto il mondo. Si va dal Todo por due pesos in Argentina, al negozio dei 100 yen in Giappone, dal 2 riyal in Arabia saudita al Max20 della Norvegia. La filosofia è sempre la stessa: prodotti convenienti per superare le difficoltà economiche. L’ultima frontiera, in Italia, è alimentare. Non si trovano solo oggetti per la casa ma anche frutta e verdura. Si trovano nelle grandi città e in piccole cittadine di provincia. Variano solo i nomi con leggere sfumature, ma sono tutti uniti dalla soglia invalicabile dell’euro singolo. Potete comprare di tutto, ma bisogna assicurarsi della freschezza di frutta e verdura e della provenienza. Conoscere il Paese d’origine di un prodotto è utile per ricavare il rapporto qualità- prezzo. Verificate, inoltre, la filiera di produzione. Se il consumatore sa, dalle fonti di informazione, che una determinata ditta sfrutta il lavoro dei bambini nei Paesi poveri, è meglio non comprare quel prodotto. Sono consigli che valgono per qualsiasi tipo di acquisto in ogni negozio perché gli italiani non considerano più l’assenza di una marca riconosciuta mancanza di qualità. Lo dicono grandi catene, come Ikea, il gigante del mobile, che ha faticato non poco per imporre la sua visione che combina i prezzi bassi con l’affidabilità del prodotto. Lo sa bene Ryanair, la compagnia aerea low cost irlandese, che si è guadagnata la fiducia degli italiani, dapprima scettici sull’equazione: prezzo basso uguale volo sicuro. Si sperimenta negli outlet, con i capi di vestiario della passata stagione di moda, dove si rivolgono sempre più italiani. Una recente indagine di Confcommercio ci informa che la spesa, nel 2008, costerà 9 mila euro a famiglia, 700 euro al mese. Una tombola. La consapevolezza di essere in difficoltà, di veder diminuito il potere d’acquisto, ha generato un nuovo tipo di consumatore più attento e consapevole. Alla faccia della fidelizzazione del cliente, i consumatori si sono fatti più furbi e comprano dove più conviene, a caccia dello sconto e del piccolo risparmio. Le aziende si adeguano e si moltiplicano le iniziative: benedette dai consumatori di ogni età e ceto. Dal 2 maggio e fino al 31 dicembre la Federdistribuzione – l’associazione che raggruppa il 73 per cento della distribuzione italiana – lancia un piano di sconti e promozioni. Su un paniere di prodotti che spazia dalle merendine al caffè, dalla pasta alla carta igienica ci saranno prezzi ribassati dal 10 al 40 per cento. In 13 mila punti vendita avremo la possibilità di risparmiare in catene come: Esselunga, Auchan-Sma, Carrefour, Pam, Standa e molte altre ancora. La Crai, invece, pratica uno sconto fisso del 3 per cento su vari prodotti . Interessante anche la possibilità che offre la catena Panorama di comprare i detersivi alla spina. Lavapiatti, ammorbidente, bucato a lana possono essere acquistati con il metodo fai da te. Sono prodotti non confezionati, ma sfusi, che consentono un risparmio fino al 30 per cento. Funziona così: si prende un contenitore di plastica, da uno, due o tre litri, lo si posiziona sotto la macchina erogatrice, si preme il pulsante, come si fa per una bevanda gassata, e poi si chiude con l’apposito tappo della confezione. I vantaggi sono evidenti: non si paga ogni volta il prezzo del contenitore, che varia, a seconda della dimensione, tra i 60 e gli 85 centesimi. La volta successiva, basterà tornare con il contenitore vuoto e riempirlo di nuovo. Si tutela l’ambiente perché il contenitore non finirà nei rifiuti. Si genera un percorso virtuoso, meno energia e materie per produrlo, meno acqua inquinata, più risorse ambientali. Presto altre 40 grandi catene di distribuzione si forniranno dei distributori di detersivi alla spina. Il comune di Torino, poi, non sta a guardare e lancia un’iniziativa per la famosa quarta settimana del mese, quella in cui si rischia di finire in bolletta. Vuole, d’accordo con i commercianti, diminuire i prezzi di pane e carne. Se, normalmente, un chilo di hamburger costa 16 euro al chilo, nella quarta settimana del mese costerebbe 14 e 50. Se il pane bocconcino costa tre euro e 36 centesimi al chilo, a fine mese costerebbe tre euro e 5 centesimi. Prezzi validi in tutti i punti vendita che vorranno aderire all’iniziativa. Per la città dove i prezzi crescono più che nel resto d’Italia, il 3,4 per cento contro il 3,3 della media nazionale, sarebbe un aiuto per i nuovi poveri, i poveri in giacca e cravatta e darebbe un segnale positivo in un periodo in cui i prezzi corrono in salita e la fiducia è in picchiata.