Falstaff secondo Strehler
Ripresa in genere bene accolta dal pubblico per la scioltezza, la brillantezza di scene e costumi (Ezio Frigerio) dell’ultimo lavoro verdiano, una occasione di riascoltare, e, forse approfondire, quest’opera policroma, amata ma anche incompresa.
Davvero il finale” tutti gabbati” è buffo e distaccato nel suo stile fugato? O è un sorriso amaro del gran vecchio che ormai ha detto tutto e si rammarica di non aver più niente da dire? Oppure è un divertissement e nulla più? Falstaff è un policentro in cui però il personaggio fisso è lui, il pancione che vuole fare il giovane e viene deriso: messaggio sempre attuale. Alla fine, “Va, va vecchio John” è l’invito ad accettare gli anni che passano eppure anche a dire a tutti, come farà Falstaff, che senza di lui, simpaticamente ardente, tutto sarebbe noioso e ripetitivo, senza fantasia.
La musica, si sa, è brillantissima, la parola è indagata o meglio “rivelata” in mille rivoli canori, l’orchestra commenta, anticipa, sottolinea e schiamazza sì, divertendosi e divertendoci. Occorre dire che la direzione di Daniele Gatti è fulgida, scorrevole, coloratissima, tra malinconie e lirismo di amori giovanili, con la nostalgia del vecchio Verdi.
Si ride, si sospira, si amoreggia, si scherza e si sogna fino alla notte fatata dove Verdi riepiloga su un minuetto antico la favola piena di cuore di quella voglia di vivere, essere felici che corona l’ansia di una vita.
Si diceva della direzione puntuale, lievissima, fragrante di Gatti con una orchestra duttile, bella e voci non da meno e bravi attori. Dietro all’immenso Ambrogio Maestri – gli anni passano anche per lui -Falstaff misurato e intenso declamatore, si snodano il Fenton cristallino di Juan Francisco Gatell, il bel suono di Luca Micheletti (Ford) e di Antonino Siracusa (Cajus) nonché il Pistola sulfureo e giocoso di Marco Spotti, e poi il gruppo femminile indiavolato: Rosa Feola, purissima, Marianna Pizzolato (attrice e cantante di gran spirito), Rosalia Cid.
Nostalgia del passato nel riproporre un allestimento di Strehler e amici?. La bellezza vera però non sfiorisce mai, e questo spettacolo ne è la prova. Ironia, beffa, lacrimuccia e fantasia, ed un po’ di follia. È la vita, lo dicono Verdi, Strehler e tutti e lo ha detto il pubblico.