Intelligenza artificiale e Chiesa: una questione di equilibrio

Interpretare i "segni dei tempi", missione propria della Chiesta post conciliare, significa anche confrontarsi con l'IA, e garantire che questa promuova la fioritura umana
artificiale
(Foto: Pixabay)

Perché la Chiesa dovrebbe preoccuparsi del tema dell’Intelligenza artificiale (IA)? La risposta è piuttosto chiara. Al di là dei problemi che l’IA solleva per l’umanità, spetta alla Chiesa, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, interpretare “i segni dei tempi” alla luce del Vangelo e della pedagogia della Divina Rivelazione. Il tema dell’IA è stato già affrontato, seppur in modo parziale, nel contesto ecclesiale, concentrandosi soprattutto su questioni etiche e morali.

Il coinvolgimento della Chiesa in questo campo non è solo una reazione al progresso tecnologico, ma una parte fondamentale della sua missione: quella di offrire una guida su temi che stanno cambiando profondamente la nostra vita e cultura. L’obiettivo deve essere quello di garantire che l’IA promuova la fioritura umana, evitando di ridurla a dimensioni funzionali o materialistiche. La Chiesa, infatti, ha sempre sostenuto il progresso scientifico e tecnologico, riconoscendolo come uno strumento per esplorare la creazione. Perciò, la Chiesa è ben posizionata per orientare lo sviluppo dell’IA affinché rispetti i valori morali e spirituali.

Ma l’IA può veramente essere utile all’interno della Chiesa? Diverse applicazioni dell’IA potrebbero essere utilizzate: alcune strettamente tecniche, come la gestione delle informazioni, altre sono più legate all’ambito teologico, come l’analisi dei testi. In ogni caso, è evidente che tutti gli attori teologici dovrebbero essere coinvolti nella riflessione su questi temi. In questo scenario, possiamo individuare tre tipi di pensatori: i teologi tradizionali con preoccupazioni riguardo all’uso dell’IA nella Chiesa; quelli vicini al modernismo che esplorano sia le opportunità sia i rischi; mentre gli entusiasti della tecnologia tendono ad esprimere ottimismo, spingendo per un’adozione accelerata delle innovazioni. Qualunque sia la prospettiva da cui si guarda, la Chiesa come istituzione, seppur lentamente, si adatterà inevitabilmente alla realtà contemporanea.

Un caso di studio interessante ci arriva da Lucerna, in Svizzera, quando nell’agosto del 2024 si è realizzato un esperimento che ha messo in luce l’interazione tra IA, fede e spiritualità.[1] Un avatar “Gesù” realizzato con l’IA è stato installato in una cappella cattolica, nel confessionale, ed ha interagito con i visitatori, rispondendo a domande sulla fede, sulla morale e sulle Scritture. Ha coinvolto oltre 900 partecipanti (tra i 40 e i 70 anni), e ha suscitato un’ampia gamma di reazioni. Mentre molti partecipanti hanno trovato l’esperienza stimolante e arricchente dal punto di vista spirituale, altri avevano dubbi sulle sue implicazioni teologiche, essendo anche stato considerato come blasfemo.

Il progetto ha voluto analizzare l’IA come strumento di esplorazione spirituale. Interagendo con l’avatar, i visitatori hanno riflettuto sulla conoscenza divina, i testi sacri e il ruolo della tecnologia nell’esperienza religiosa. Un partecipante ha notato che le risposte dell’avatar, ispirate dalle Scritture, offrono un modo unico di avvicinarsi agli insegnamenti cristiani, suggerendo che, se usata responsabilmente, l’IA può favorire connessioni più profonde con il sacro. E questo è un tema da analizzare sul serio.

La decisione di ritirare il “Gesù artificiale” solleva dilemmi teologici ed etici significativi. Marco Schmid, teologo del progetto, ha espresso preoccupazione per la responsabilità di incorporare una figura divina in formato artificiale. Questo tocca la sacralità dei simboli religiosi, i rischi di mercificazione e la possibilità di banalizzare l’esperienza spirituale. L’uso dell’IA per simulare una figura divina solleva interrogativi legittimi sulla rappresentazione e sui limiti che la tecnologia dovrebbe rispettare nella fede.

La tensione tra innovazione e tradizione, tra utilità e rispetto, è al centro del dibattito sul ruolo dell’IA nella vita religiosa. Seppure l’esperimento possa aver arricchito la fede di alcuni, le implicazioni etiche del “Gesù simulato” sollevano preoccupazioni sull’autenticità degli incontri spirituali, sui rischi di fraintendimento degli insegnamenti sacri e sulla tendenza a ridurre il divino a risposte pre-programmate. L’esperimento di Lucerna è un caso di studio sulle sfide etiche e teologiche dell’integrazione dell’IA in ambiti sacri e personali dell’esperienza umana.

Davanti a situazioni come questa, la Chiesa non può restare spettatrice. Ignorare il potenziale e i rischi dell’IA significherebbe abdicare al ruolo profetico di discernere e orientare i “segni dei tempi”. È dunque imperativo affrontare il tema con serietà, non solo per evitare banalizzazioni o strumentalizzazioni del sacro, ma per illuminare, alla luce del Vangelo, un cammino in cui la tecnologia possa essere al servizio della dignità umana e della crescita spirituale. In gioco non c’è solo il futuro della Chiesa, ma il modo in cui, come umanità, scegliamo di incontrare e rappresentare il Mistero.

[1] Deus in Machina, (dic, 2024) https://www.theguardian.com/technology/2024/nov/21/deus-in-machina-swiss-church-installs-ai-powered-jesus

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons