Crimini di guerra, lo strano caso di una scarcerazione lampo a Torino
Frastornati dai commenti sulla cerimonia di insediamento di Donald Trump, rischia di passare sotto silenzio una notizia inquietante che ci riguarda da vicino come Paese. A Torino è stato arrestato, ma subito rilasciato, il comandante della polizia giudiziaria libica Najeem Osema Almasri Habish che, dopo poche ore, è stato accolto trionfalmente a Tripoli.
La vicenda presenta degli aspetti meritevoli di essere approfonditi e discussi perché sul funzionario libico, come riporta l’agenzia di stampa Ansa, pende un mandato della Corte penale internazionale per “crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga, puniti con la pena massima dell’ergastolo”.
Il capo della polizia giudiziaria di Tripoli non aveva alcun sentore del suo possibile arresto dato che è arrivato in Italia regolarmente con un volo aereo per assistere sabato 19 gennaio alla partita di calcio tra Juventus e Milan. Il suo rilascio è avvenuto grazie ad un cavillo giudiziario fatto valere davanti la Corte d’Appello di Roma che in un’ordinanza ha precisato che non è consentito «l’arresto di iniziativa della polizia giudiziaria senza l’interlocuzione preventiva tra il ministro della Giustizia e la Corte d’appello della Capitale».
Secondo l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo dell’Associazione Diritti e Frontiere, «nel caso del generale Njeem Osama Elmasry, “espulso” in Libia, al fine di evitare un contrasto con i fidi alleati libici, che danno una piena copertura a milizie che violano sistematicamente i diritti umani, si è inventato qualche errore formale nella procedura di arresto, per rimettere immediatamente in libertà l’esponente della potente milizia RADA, con un ordine di espulsione del ministro dell’Interno, dal contenuto ignoto, che ne ha permesso il rientro immediato, con un volo non meglio specificato, a Tripoli. Inefficienza burocratica? O piuttosto un tentativo di bilanciamento politico con le esigenze di proseguire i rapporti privilegiati di collaborazione con il governo di Tripoli sui dossier economici e sulla questione del contenimento delle traversate del Mediterraneo?».
Da parte sua il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha emesso il 21 gennaio 2025, dopo il ritorno del generale libico a Tripoli, uno stringato comunicato stampa per dire che «è pervenuta la richiesta della Corte Penale Internazionale di arresto del cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish. Considerato il complesso carteggio, il ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell’articolo 4 della legge 237 del 2012».
Commentando a caldo l’arreso di Alamstri Habish, il portavoce italiano di Amnesty International Riccardo Noury aveva evidenziando la condizione di impunità in cui si muovono, di fatto, diversi criminali di guerra: «Magari pensava di essere in uno Stato amico, e invece i giudici sono indipendenti».
Diverse fonti sui crimini commessi dalla polizia giudiziaria libica si trovano sul libro inchiesta Libyagate scritto dal giornalista di Avvenire Nello Scavo per denunciare «i drammi dei migranti, uomini, donne e bambini torturati, violentati, uccisi dai trafficanti, anche in quei centri governativi di detenzione sostenuti dall’Europa, Italia compresa».
Si affida ai social il giovane cappellano di Mediterranea, don Mattia Ferrari, per constatare che «si dice che si vuole fare la lotta ai trafficanti, poi quando un trafficante viene arrestato in Italia su mandato della Corte Penale Internazionale, anziché consegnarlo alle autorità internazionali lo si rimanda in Libia. La propaganda cede davanti all’evidenza».
La vicenda è al centro di alcune interrogazioni parlamentari, ma sarà compito dell’informazione non permettere che il fatto resti confuso nel mare delle notizie per dare spazio ad approfondimenti sulla questione libica a noi molto vicina.
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