Una scuola per tutti e a misura di ciascuno
Era il 1950 quando il maestro Alberto Manzi, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, scriveva una lettera al ministro della Pubblica Istruzione Gonella, da cui è tratto il seguente brano: «Scuola d’oggi: rovina di un prossimo futuro- Il male è alle radici. è nel tronco, è nei rami, ovunque. È nei maestri, negli ispettori, nel ministro. Cosicché le patrie galere rigurgitano di minorenni. Maestri impreparati e che non vogliono prepararsi sono dilagati nella scuola…».
In quegli anni la scuola ancora selezionava e lasciava molti minori in balia di se stessi, privi di ogni educazione e conoscenza.
Grazie ad Alberto Manzi, a don Milani, alla Montessori, a Mario Lodi, a Gianni Rodari e a tanti altri, venne istituita, alcuni anni dopo, la Scuola Media unica, aperta a tutti, anche a quei ragazzi che provenivano da ceti sociali meno abbienti, perché la Costituzione Italiana chiedeva alla scuola di rimuovere il più possibile quegli ostacoli che impedivano a molti ragazzi un normale percorso educativo.
Fu eliminato l’esame di ammissione alle medie e resa d’obbligo la scuola fino a 14 anni. Furono eliminati i voti, come indicava la Montessori, e sostituiti da valutazioni sullo sviluppo delle capacità intellettive di ogni ragazzo. Alberto Manzi istruiva migliaia di analfabeti attraverso la televisione.
Si parlò, con chiarezza, di una scuola per tutti e a misura di ciascuno, nel rispetto dei diversi ritmi di apprendimento, e oggi potremmo dire delle diverse intelligenze, e si crearono classi non omogenee, in modo da attuare uno scambio culturale proficuo per tutti, affinchè quegli alunni più avanti nell’apprendimento potessero diventare tutor dei ragazzi che procedevano più lentamente.
Purtroppo in questi ultimi decenni questo grande traguardo raggiunto dalla nostra scuola sembra vanificarsi, attraverso le nuove normative del ministero che, anno dopo anno, raggiungono i nostri istituti.
Del rispetto dei diversi ritmi di apprendimento non si parla più, e i programmi e i testi dei nostri scolari sono sempre più pieni di nozioni e contenuti. Il carico cognitivo che viene imposto fa letteralmente paura e il peso degli zaini che i nostri alunni sono costretti a trasportare è proporzionato alla grande bolla d’aria che ottunde la mente di alcuni pedagogisti scesi in campo per l’adeguamento dell’assetto scolastico italiano e del relativo iter didattico: riempire il più possibile la mente di un ragazzo di conoscenze e di abilità in modo da poter soddisfare statisticamente gli standard europei.
E l’assurdo più vistoso è ormai di dominio pubblico: le prove Invalsi, da pura indagine statistica, sono diventate il parametro di giudizio tra una buona scuola o una cattiva scuola. Addirittura l’agenzia Eduscopio, accreditata nel mondo scolastico, classifica anno dopo anno le scuole italiane. Non solo assurdo ma anche offensivo perché la scuola è una sola, pur se divisa in varie Regioni e in vari istituti.
E come se ciò non bastasse, si punta al merito, elemento di massima disgregazione e disuguaglianza fra gli esseri umani, i quali sono per natura diversi nei talenti e nelle capacità, dimenticando del tutto che il talento è un dono che si riceve gratuitamente fin dalla nascita e può svilupparsi in condizioni familiari favorevoli e può non svilupparsi in condizioni familiari sfavorevoli.
La scuola democratica che la nostra Costituzione ha sapientemente intravisto è chiamata, tra l’altro, a sviluppare il talento in quei ragazzi sfortunati che sono nati in famiglie e ambienti deprivati di risorse materiali e culturali.
La scuola che Alberto Manzi, e tanti pedagogisti hanno sognato è una scuola che pone le sue basi su un’ontologica uguaglianza di fondo fra tutti i ragazzi e che cerca di dare a tutti quelle opportunità necessarie per lo sviluppo del personale talento, al di là del possibile risultato raggiungibile.
Una scuola a servizio dell’alunno, di ogni alunno, e non viceversa.
Penso che sia necessario oggi reagire con strumenti di stampo democratico alla “violenza meritocratica” che ad ogni livello sta invadendo le nostre aule scolastiche, se vogliamo, come auspicava nel 1950 Alberto Manzi, un futuro migliore.
Pasquale Lubrano Lavadera