I Promessi sposi secondo Verdi

Al Teatro alla Scala di Milano una eccellente rappresentazione della Forza del destino. Ottimi l’orchestra, il coro e la direzione di Chailly.
Maxischermo in Galleria per La Forza del Destino alla Prima della Scala, Milano, 7 Dicembre 2024. /// A giant screen has been set up inside the Vittorio Emanuele II Gallery on the occasion of the La Scala opera house's season opener to watch Giuseppe Verdi's "La forza del destino", in Milan, Italy, 07 December 2024. ANSA/ MATTEO CORNER

“Porta male”. Questa è la fama che accompagna l’opera di Verdi dove il destino avverso e funesto perseguita l’indio don Alvaro, l’innamorata Leonora attraverso il vendicativo fratello di lei, don Carlo e la maledizione paterna. In mezzo, folle di soldati, di pellegrini, un frate chiacchierone, un mulattiere, un Padre Guardiano santo e poi battaglie, inni di guerra con tanto di “rataplan”, cori religiosi semplici e sublimi (la Vergine degli angeli), duelli, sangue ed infine il terzetto finale “Non imprecare, umiliati” dove il frate invita Alvaro a lasciarsi redimere da Dio mentre Leonora muore. Una morte molto manzoniana in un lavoro corrusco, dove si fugge sempre tra folate di vento – tema ricorrente -, si piange e si prega e ci si diverte con quel mattacchione di frate Melitone e la zingara Preziosilla. Insomma, I promessi sposi secondo Verdi, ma in un racconto fortemente drammatico e a tratti pessimistico: amore e morte, onnipresenti nel maestro di Busseto.

Operona lunga, complessa, difficile da eseguire, interpretare e mettere in scena. Alla Scala la regia corretta di Leo Muscato ha indovinato una sorta di pedana circolare rotante che alternava efficacemente le scene, costumi di epoche variegate – anche i soldati tipo prima guerra mondiale -, e movimenti non eccessivi, in modo che la musica fluisse libera e i cantanti non si esaurissero, data la partitura vocalmente molto impegnativa.

Nella recita del 28 brillava il baritono Ludovic Tézier, grande vocalmente e attorialmente, voce possente e morbida, ricca di sfumature, dal brillante (“Son Pereda”) al cupo (“Invano, Alvaro, ti celasti al mondo”). Bello l’esordio nel ruolo da parte del tenore Luciano Ganci come Alvaro: voce espansa, che cerca sfumature, espressività in un personaggio sospeso tra nostalgia e ansia, tristezza e fede. Se la Preziosilla di Vasilisa Berzhanskkava ha brillato soprattutto come attrice, eccellente è stato il comico Fra Melitone di Marco Filippo Romano, mentre la Leonora della russa Elena Stikhina si è rivelata interprete lirica molto convincente e appassionata, capace di delicatezze timbriche e di soavità.

Riccardo Chailly (EPA/Pepe Torres)

Riccardo Chailly ha guidato con cura, passione, impeto una orchestra in stato di grazia, fin dalla celebre sinfonia che, se ricorda alcune flessioni toscaniniane, evidenzia con stupore – anche lungo il corso dell’opera – la bellezza di altri interventi, come le prime parti di flauto, oboe e specialmente clarinetto. Senza dimenticare gli ottoni, forti e misurati, perché Chailly sa dosare ritmi asciutti a vaporosità degli archi (la scena di popolo, atto secondo), a pause liturgiche, scoppi drammatici, e la soavità lucente del finale. Meraviglioso il coro, che canta con il sentimento e dice tutto di un autentico altro personaggio dell’opera. La quale corre di un fiato nella versione offerta per la prima scaligera del 1869, che fu un trionfo. E lo è stato quest’anno per l’inaugurazione della stagione. E non ha “portato male”, anzi.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons