La luce della pace
Un gruppetto di persone, ieri alla stazione Porta Susa di Torino. Sessanta o settanta in tutto. Non aspettavano di salire sul treno, neppure attendevano una star in arrivo nel capoluogo sabaudo. Aspettavano una luce. Sì, proprio una luce. Che veniva dalla lampada ad olio che arde da quindici secoli nella Grotta della Basilica della Natività a Betlemme, accanto alla stella d’argento a quattordici punte incastonata nel pavimento, con l’iscrizione ”Hic de Virgine Maria Jesus Christus natus est”. In quel luogo, un paio di millenni, si ritiene che una giovane ragazza ebrea avesse cullato il suo bambino appena nato, sentendo il respiro di Dio che dormiva fra le sue braccia.
La fiamma della lampada di Betlemme è mantenuta viva con l’olio che da secoli proviene da tutte le nazioni cristiane. E rappresenta la luce portata da Gesù nel mondo. Ma che ci faceva la luce di Betlemme alla stazione di Torino? L’iniziativa di portare la luce di Betlemme in giro per il mondo nasce il Austria nel 1986 ad opera degli scout. Prende il nome “Operazione Luce della Pace da Betlemme”. Poco prima di Natale un bambino dall’Austria si reca a Betlemme e accende una luce dalla lampada nella Grotta. La fiammella è poi portata a Linz con un aereo della linea Austriaca. Da lì, tramite le Ferrovie Austriache, la luce è distribuita in tutto il territorio austriaco. L’operazione ben presto supera i confini del paese da cui è nata.
La Luce della Pace arriva in Italia già nel 1986, ad opera degli scout sud-tirolesi di madre lingua tedesca. Poi si diffonde. Nel 1996 c’è la prima distribuzione a livello nazionale, sempre usando il mezzo ferroviario per una staffetta di stazione in stazione che tocca varie città italiane. Quell’anno raggiunge oltre 100.000 persone, 5000 scout, 48 città e paesi. Poi si diffonde sempre più: da Trieste a Roma, Palermo, Lecce, Trieste, Grosseto, Milano, Civitavecchia, Cagliari, Sassari, Torino, Aosta…
Dovunque, si raccoglie la fiammella per farsi portatori di luce, diffondendola prima di tutto tra gli scout, poi a più gente possibile: ricchi e poveri, colti e ignoranti, bianchi e neri, religiosi ed atei. Perché la pace è patrimonio di tutti e la luce che è nata a Betlemme deve andare a tutti. L’occasione della distribuzione della fiammella, nella migliore tradizione scout, è occasione per compiere Buone Azioni: fare compagnia a chi è solo, visitare gli ammalati, dar da mangiare a chi ha fame. La luce raggiunge anche le carceri.
In Italia vari Movimenti e Associazioni laicali aderiscono all’iniziativa promossa da AGESCI e MASCI. Sembra una piccola cosa: come può un lumino portare la pace nel mondo sconquassato da tante guerre? Cosa può fare per fermare bombe sofisticate, droni armati, carri armati, politici spietati? Proprio poco. Ma solo all’apparenza. Perché la luce è potente. Nell’ambito del cristianesimo, è simbolo di Gesù che si è proclamato “luce del mondo”. Nella tradizione islamica, a Dio vengono attribuiti 99 nomi, e uno di questi è proprio An-Nur, la luce. Nella cabbala ebraica e nelle correnti chassidiche, si parla di “scintille di santità” disperse in tutto il Creato: nelle persone, negli oggetti, nei cibi, negli animali, negli alberi, nei sassi, dovunque, anche negli avvenimenti, in ciò che ci accade.
Ogni persona, cosa o fatto contiene una scintilla di luce. Che spesso se ne sta sepolta, imprigionata. Il nostro scopo sulla terra, dicono queste tradizioni ebraiche, è cercare le faville rinchiuse dentro di noi, e liberarle, per connetterci alle scintille di santità che aspettano di essere liberate in ogni persona, in ogni cosa, in ogni angolo del globo. In una esplosione di luce. È un po’ cosa vuole fare l’Operazione Luce della Pace da Betlemme, in questo Natale. Perché le tenebre fanno paura, sembrano tremende, paiono dominare su tutto. Ma non riescono mai a vincere la luce. Non riusciranno neanche questa volta.
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