Trovare spazi a Gibilterra
Il Trattato di Utrecht, del 1713, fu l’accordo diplomatico che mise fine al conflitto bellico europeo provocato dalla successione al trono di Spagna: Austria, Inghilterra e Olanda, sostenitori del diritto al trono dell’arciduca Carlo d’Austria, avevano dichiarato guerra a Spagna e Francia, che invece appoggiavano il borbone Filippo d’Angiò, nipote del re Luigi XIV di Francia. Con quel trattato, il francese divenne Felipe V ma la Spagna perse il dominio su Paesi Bassi, Napoli, Sardegna, Milano, Sicilia, Minorca e Gibilterra. La Rocca di Gibilterra fu dunque ceduta all’Inghilterra con alcune limitazioni: la mancanza di comunicazione con le zone limitrofe e il diritto di ritorno alla Spagna nel caso in cui il Regno Unito avesse modificato le regole concordate. In pratica, si cedeva il controllo della città, compreso il castello, le fortezze e il porto, ma con l’esclusione delle acque adiacenti alla Rocca.
Le condizioni di quel trattato, dice il ricercatore Martín Ortega Carcelén del Real Instituto Elcano, prestigioso think tank di Madrid, spiegano perché «il Regno Unito non ha la piena sovranità sul territorio di Gibilterra, bensì, come si evince dal trattato, possiede solo la “proprietà” che dà diritto di usufruirne ma non di alienarlo».
Certo, oggi le condizioni sono cambiate. Infatti, la seconda limitazione (non comunicazione con il territorio circostante) non regge più dal 1985, quando fu modificata per favorire gli scambi e far così avanzare i negoziati per il ritorno alla Spagna. Sono cambiate anche tante altre cose a vari livelli, ecco perché i contenziosi riguardanti la Rocca di Gibilterra occupano periodicamente la cronache giornalistiche. Stretti come sono in un piccolo spazio limitato, i gibilterriani sono costretti a guardare verso il mare. Lo afferma il professore di Diritto Internazionale Jesús Verdú: «La storia di Gibilterra è quella di una città che ha guadagnato terreno dal mare; è alle sue origini». È questo “guadagno dal mare” il motivo di tanti scontri con la Spagna, che ritiene sue le acque “occupate”.
Gli sforzi diplomatici e le tante manovre giuridiche non sono riusciti a fermare l’impulso dei gibilterriani a recuperare terreno dal mare. Un esempio: quando nel 2013 la Spagna ha vietato il transito verso Gibilterra di camion carichi di terra di riporto, erano già cinque anni che questo succedeva. Non è servito neppure che il governo spagnolo dichiarasse lo spazio riempito di terra come Zona di Speciale Conservazione, e neanche che la Commissione Europea lo consideri Luogo di Importanza Comunitaria, allo scopo di «tutelarne la biodiversità marina e di adottare misure di conservazione».
La nuova causa di controversia ha un nome: il progetto urbanistico Eastside, promosso dalla società Tng Global Foundation, che prevede la realizzazione di un complesso residenziale, un porto turistico e diverse attività commerciali su 45 mila metri quadrati strappati al mare. Operazione con la quale il governo gibilterriano incasserà intorno ai 103 milioni di euro. Contro questo Golia si è alzata la voce di un Davide rappresentato dal gruppo ambientalista Verdemar-Ecologistas en Acción per «difendere gli interessi dell’Andalusia, della Spagna e dell’ambiente». Secondo l’organizzazione ecologista, questo progetto urbano mette in pericolo i valori ambientali della regione e contravviene alle leggi di conservazione e tutela dell’ambiente marino.