Il dado della pace, uno strumento nel cammino sinodale
Alla fine del percorso sinodale, la nostra diocesi, attraverso il nostro XII decanato ha organizzato un incontro per tutti gli operatori pastorali per un confronto sull’esperienza sinodale che era stata fatta.
Erano presenti più di metà parroci delle ventinove parrocchie del nostro decanato. Buona parte di loro hanno preso la parola, illustrando le criticità emerse del nostro territorio. Uno di loro, con una sintesi, ha precisato: «Ormai il sinodo ha innescato un processo, bisogna fare le cose insieme, ma soprattutto in questo cammino cercare di costruire una fraternità tra noi».
A parte le criticità emerse, sono uscito da questo incontro senza luci particolari che potessero illuminare delle strade da percorrere. Mi sono ricordato però della Parola di Vita del mese: «Con grande forza, gli apostoli davano la testimonianza della resurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore», e ho deciso di chiedere un incontro al mio parroco. Non c’era stata occasione prima di raccontargli il mio vissuto, la mia esperienza.
«Da giovane non frequentavo la Chiesa – gli ho confessato –. Mi ci sono avvicinato a 24 anni e per un pio d’anni ho frequentato alcune parrocchie della mia città, ma sentivo che nessuna mi andasse bene…». E così ho continuato a raccontargli come una sera, quando frequentavo la parrocchia di San Pasquale, si è presentato un giovane di una città vicina e ci ha proposto di “ vivere il Vangelo”.
Ma come viverlo? Si trattava di prendere una frase del Vangelo e, per tutti il mese, cercare di viverla e di condividere con gli altri le esperienze fatte. Io cercavo di essere un “vero cristiano”, ma mi rendevo conto che, nonostante la mia buona volontà, avevo difficoltà nel rapportarmi agli altri, soprattutto nell’ambiente lavorativo.
Ho iniziato un cammino con l’Opera di Maria e, in un loro incontro, ho sentito la fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, annunciare la “tecnica dell’Unità”, ovvero “l’arte di amare”: amare tutti, amare per primi, vedere Gesù in ogni fratello e amare gli altri come a sé stessi. Ho iniziato a mettere in pratica questi quattro punti, e ho notato come mi hanno costruito come persona e come cristiano, perché bastava un attimo e potevi ricominciare.
Dopo alcuni anni l’arte di amare si trasforma nel “dado dell’amore”, con l’aggiunta di altri due punti: amarsi a vicenda e amare il nemico, e poi nel “dado della pace”, come lo conosciamo adesso. Poiché questo metodo costruisce fraternità tra le persone, questa esperienza si ripete in molte scuole e parrocchie del mondo.
A questo proposito ho mandato al mio parroco un articolo pubblicato su Città Nuova di Carlos Palma, fondatore di Living Peace, nel quale racconta la sua esperienza con il dado della pace. Dopodiché, gli ho proposto di prendere spunto da una criticità emersa dal sinodo, per esempio la situazione dei giovani, e di fare una mezza giornata di incontro in cui formarsi su questa realtà. In questa occasione avrebbero potuto lanciare il dado e alla fine condividere le esperienze sul vissuto della Parola.
Lui è stato contento di conoscere il mio vissuto e la radice evangelica del dado della pace. Per il momento non sappiamo se il progetto si porterà avanti nella nostra parrocchia, ma ciò che veramente importa è gettare il seme.
Raffaele Ruggiero
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