Un nuovo processo per Rigopiano?
Erano ieri (28 novembre, ndr) davanti il Palazzo di Giustizia di Roma i familiari delle vittime della valanga di Rigopiano che il 18 gennaio 2017 travolse ed uccise 29 persone, e sono rimasti lì anche oggi in attesa del verdetto della Cassazione. Verdetto che non è giunto, ma che è stato rinviato al 3 dicembre. Chiamata a decidere è la sesta sezione penale della Corte di Cassazione presieduta dal Giorgio Fidelbo; a cui il sostituto procuratore generale in Cassazione di Roma, Giuseppe Riccardi, ha fatto richiesta, con la requisitoria nella giornata del 27 novembre, di un nuovo processo.
La dolorosa vicenda del resort di Farindola, sommerso da una slavina staccatasi dal versante pescarese del Gran Sasso il 18 gennaio 2017, che ebbe come tragico bilancio di 29 persone decedute e solo 11 superstiti, considerata la seconda valanga con più morti in Europa, attende ora un altro capitolo della sua storia dopo l’ultimo grado di giudizio presso la Corte d’Appello de L’Aquila di maggio 2023. In quell’occasione ventidue erano stati gli assolti, mentre il numero di coloro che erano stati ritenuti colpevoli erano saliti da cinque a otto rispetto al primo grado, con l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il suo vice Leonardo Bianco e il tecnico comunale Enrico Colangeli che si andavano ad aggiungere ai già condannati: l’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il tecnico comunale Giuseppe Gatto, il gestore dell’hotel Rigopiano Bruno Di Tommaso e i dirigenti provinciali Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio.
Ora per il ricorso in Cassazione il sostituto procuratore generale Riccardi ha chiesto un nuovo processo per valutare le accuse di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio per Francesco Provolo, per le quali era stato assolto in secondo grado. Altresì ha chiesto di annullare le sei assoluzioni alle autorità regionali della Protezione civile d’Abruzzo nonché la conferma delle condanne a Paolo D’Incecco, Mauro Di Blasio, Bruno Di Tommaso, Enrico Colangeli e Ilario Lacchetta. Per quest’ultimo, però, Riccardi ha chiesto anche un nuovo processo per disastro colposo.
Si punta a rimettere in gioco, insomma, l’impianto accusatorio portato avanti dai Pm pescaresi di disastro colposo e omicidio colposo in concorso. Ciò porterebbe a richiamare a processo anche altri protagonisti sia della Regione Abruzzo che della Prefettura, esclusi e assolti nei primi due gradi di giudizio, nonché a chiedere un nuovo processo per i dirigenti regionali della Protezione civile per l’assenza della carta valanghe e, ovviamente, il rigetto dei ricorsi degli imputati della Regione e della Prefettura assolti nei primi due gradi.
Ora è solo il tempo dell’attesa. Attesa fino al 3 dicembre per sapere se questa vicenda giudiziaria, oltre che umana, estremamente complessa, su cui tra l’altro incombe la prescrizione dei reati, sia giunta al suo ultimo atto o meno.