Il percorso di fari di pace nei porti italiani

La tappa in programma dal 19 al 20 novembre 2024 a Trieste, Gorizia e Monfalcone arriva dopo aver già toccato i porti di Genova, La Spezia, Napoli, Bari e Ravenna a difesa della legge 185/90 e a sostegno ai lavoratori obiettori della filiera bellica

Il cammino di “Fari di pace” ha preso avvio da un primo incontro promosso tra esponenti della Chiesa genovese e di varie associazioni aderenti alla rete “Genova aperta alla pace”, per dare seguito alla “Marcia per la pace” del 31 dicembre 2021 che si è svolta a Savona.

La marcia di fine anno è giunta, in questo 2024, all’edizione numero 57 che si svolgerà a Pesaro. Una lunga storia cominciata per iniziativa della Pastorale per i problemi sociali e del lavoro della Conferenza episcopale assieme a Caritas, Pax Christi e Azione Cattolica Italiana. Dal 2022 anche il Movimento dei Focolari Italia è tra i promotori della Marcia e da quest’anno si sono aggiunti anche l’Associazione delle guide e Scout italiani (Agesci) e Libera.

Fari di pace, dunque, prende le mosse dalla decisione di sostenere l’obiezione di coscienza alla filiera bellica espressa da alcuni lavoratori portuali. Stretta fin dall’inizio la collaborazione con l’Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo (The Weapon Watch) che svolge un’accurata attività di monitoraggio sulla movimentazione di armi ed altro materiale militare nei porti potendo contare sul rapporto con movimenti e associazioni sindacali che mettono in discussione, con la loro azione, le tesi prevalenti sulla ricaduta occupazionale di queste attività manifatturiere e dei servizi a loro connessi.

È questo, come è noto, un tema sul quale spesso ci si divide a partire dalla convinzione che la proposta di una riconversione economica appare del tutto ingenua ed utopistica. Occorre, perciò, un supplemento di analisi intelligente e di coraggio per ribaltare convinzioni consolidate

Genova. Portuali contro le armi nel porto 2 aprile 2022 foto Massimo Sorlino

La prima tappa di Fari di pace si è svolta a Genova il 2 aprile 2022 con la partecipazione dell’arcivescovo Marco Tasca in un itinerario cominciato dalla piazza della cattedrale toccando luoghi simbolici della città fino alla sede dell’autorità portuale, per denunciare i traffici di armi in contrasto con la legge 185/90 ed esprimere la solidarietà ai portuali del collettivo Calp che hanno rifiutato di prestare la loro attività lavorativa al servizio di carico e scarico di armi destinate in Arabia Saudita.

Anche a La Spezia il 22 ottobre 2022 si è tenuto un convegno su riconversione produttiva e commercio di armamenti con successiva marcia verso il porto.

Fari di Pace a Napoli foto Edis

A Napoli, il 19 novembre 2022, si è partiti invece dal porto della città per giungere al duomo di  san Gennaro con la partecipazione e l’intervento dell’arcivescovo Battaglia alla fine di una serie di testimonianze e prese di posizione di numerose associazioni e movimenti.

Ad ogni tappa di Fari di Pace si procede con la consegna di  una lettera all’Autorità Portuale per chiedere la vigilanza sul rispetto delle leggi che vietano il caricamento ed il transito di navi che portano armi a Paesi in guerra come previsto dalla legge 185 del 1990.

Dopo Genova, La Spezia e Napoli, il “faro di pace” è stato acceso il 5 e 6 ottobre 2023  a Bari, dove è nato l’osservatorio della produzione bellica in terra pugliese. Anche in questa tappa è stata importante e significativa la presenza e l’intervento del vescovo metropolita Giuseppe Satriano e del vescovo presidente nazionale di Pax Christi Giovanni Ricchiuti. Anche a Ravenna il 24 febbraio 2024 si è snodato il percorso di Fari di pace per svelare i traffici di armi e gli interessi che preparano e alimentano le guerre.

Ad ogni tappa, come promotori d’ispirazione cristiana della marcia per la Pace, ci rivolgiamo alle comunità ecclesiali diocesane, alla società civile, ai sindacati dei lavoratori portuali per una comune azione di denuncia e di protesta contro l’illecito traffico di armi.

È quanto in programma anche a Trieste, Gorizia e Monfalcone dal 19 al 20 novembre 2024. Ma perché sono così importanti i porti?

Perché le guerre cominciano proprio dai porti, dove s’imbarcano le armi che saranno usate per distruggere ciò che Dio ha creato e ciò che gli uomini hanno costruito cooperando in pace.

E prima ancora le guerre iniziano perché c’è chi le finanzia per trarne profitto in un contesto di progressivo riarmo.

Finora possiamo dire che siamo in grado di conoscere i nomi delle banche coinvolte in questa filiera grazie ad una legge della nostra Repubblica di cui dovremmo andare fieri. La più volte citata legge 185/90 prevede, infatti, la pubblicazione delle operazioni di export di armi nonché l’elenco delle banche che finanziano e offrono servizi.

Ma ora questa legge è sotto attacco di un’iniziativa legislativa che la vuole rendere inefficace, rendendo non più operative le procedure previste da 34 anni per dare attuazione alla Costituzione repubblicana che “ripudia la guerra”.

Cosa significa accendere un faro di pace nell’area giuliana?  Sono poche le aree italiane che possono vantare una geografia così favorevole: apertura sul mare, vicinanza alla pianura e al retroterra montuoso, prossimità ai confini politici di tre Paesi. Naturalmente a patto di non considerare i confini come barriere, ma come punti di passaggio e di scambio, e di cogliere i vantaggi della frammentazione territoriale fisica e amministrativa come opportunità di coordinamento nella rispettiva autonomia, e non come chiusure municipalistiche.

Se poi si colgono le molteplici stratificazioni culturali che derivano da una storia assai movimentata, e certo anche sotto certi aspetti drammatica, allora l’area giuliana perde i suoi connotati di “periferia orientale” e ci impone uno sguardo ampio, anche quando si prende in considerazione il suo ruolo in una crescente “economia di guerra”.

Per le sue analisi, The Weapon Watch parte sempre dal mare, cioè in questo caso dai due porti di Monfalcone e Trieste – retti da un’unica Autorità portuale – più il porto sloveno assai prossimo di Capodistria/Koper. Senza considerare quello croato di Fiume Rijeka, in linea d’aria a 75 km da Trieste.

Occorre inoltre valutare una serie di altri elementi decisivi a cominciare dall’importanza del porto petrolifero triestino, terminale dell’oleodotto Transalpino che rifornisce Austria, Repubblica Ceca e Baviera, a cui si aggiunge la faticosa la riconversione dei traffici dovuta alla chiusura del flusso di rottame di ferro da Odessa e alla dolorosa la chiusura della filiale italiana di Wärtsilä, ex Grandi Motori, con la recente (febbraio 2024) cessione della grande area di Bagnoli al gruppo MSC, leader mondiale dello shipping e del trasporto integrato, che intende insediarvi una fabbrica di carri ferroviari. Con la chiusura di Wärtsilä si sono persi 450 posti, di cui 300 assorbiti da MSC.

L’ingresso a Trieste di MSC – già presente a Genova e fortissima anche nel comparto crociere – non mancherà di modificare i fragili equilibri dell’economia portuale nord-adriatica.

Da Trieste e dal suo porto si esportano grandi quantità di armi. Nell’anno record 2022 ha esportato armi leggere e munizioni leggere/pesanti per 174 milioni di euro, il 12% del totale nazionale, al terzo posto tra le province italiane (ma si tenga conto che Istat oscura i dati di province come La Spezia e Cagliari) con destinazione principale Qatar.

Alcuni principali produttori nel settore difesa, tra l’altro, hanno sede o stabilimenti nella provincia di Trieste. In città esiste la storica sede centrale di Fincantieri, oltre alla controllata Fincantieri sistemi integrati. Ma la grande società a capitale pubblico controlla anche un cantiere a Monfalcone (il più grande del gruppo, 1.700 dipendenti più 6.800 operai stranieri qualificati). Next Ingegneria di Fincantieri Sistemi integrati ha un ufficio a Grado mentre alcune spin-off operano nell’Area science park nel vicino comune di Padriciano.

Nella piccola provincia di Gorizia si trovano gli impianti di CMF 2 Lavorazioni Meccaniche, che a Cormons lavora i forgiati medio-piccoli della capogruppo CMF, anche con destinazione navale.

Nella stessa area troviamo anche le aziende del gruppo Goriziane, tutte operanti a Villesse, per manutenzione dei mezzi blindati dell’esercito, di recente coinvolte dal caso dei Leopard italiani dismessi, comprati dalla Ruag svizzera, da questa promessi alla Germania e poi bloccati dopo l’accertamento della loro destinazione verso l’Ucraina.

ANSA/ GABRIELE MASIERO

Di rilievo, inoltre, la presenza dello stabilimento Leonardo a Ronchi dei Legionari (vicino all’aeroporto internazionale), dove si costruiscono i grandi droni Falco (venduti anche al Pakistan) e i simulatori di volo per l’addestramento dei piloti e del personale operativo. A Savognana D’Isonzo si trova la filiale italiana di Pipistrel, azienda slovena di recente acquisita dal gigante statunitense Textron (Bell), che produce gli unici velivoli elettrici in commercio.

Nel febbraio 2024, presentando il bilancio e le prospettive future di Leonardo, il suo amministratore delegato Roberto Cingolani ha detto che «in un’economia di pace l’antitrust garantisce l’economia di mercato, ma ora siamo in un’economia quasi di guerra e bisogna chiarire quali sono le priorità. A mio parere dal punto di vista dei cittadini ora la priorità è la difesa».

Possiamo dire che la proposta dei Fari di pace si pone in alternativa a tali affermazioni basate sulla tesi non dimostrata della fragilità della spesa in armi da parte italiana ed europea. L’obiezione alla guerra richiede un confronto aperto al realismo di un’economia in grado di porre le premesse della pace.

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