Pirandello, eterno visionario
È certo più riuscito dell’ultimo suo film L’ombra di Caravaggio, un po’ troppo sopra le righe, questo lavoro diretto con misura da Placido, Eterno visionario. Ha corso ancora un rischio, quello che si corre sempre quando si vuole entrare nella vita privata, autentica, di un personaggio famoso. E Luigi Pirandello celebre lo è ormai da decenni.
Placido segue una trama semplice ma efficace. Pirandello sta recandosi a Stoccolma a ricevere il Nobel per la letteratura. È praticamente solo, stanco, si lascia andare ai ricordi. Scorre la vita, rapida nei flashback dalla sua infanzia ad Agrigento, con il padre padrone di un solfatara, alla vita familiare intricatissima, ai primi successi, ai fischi, alla gloria, al rapporto col fascismo. Nulla viene risparmiato dell’uomo, il suo egocentrismo rispetto ai figli, ma anche la sua sofferenza nei confronti della pazzia della moglie e poi l’affetto irrealizzabile per l’attrice Marta Abba, sua musa ma anche donna impossibile da avere. Uomo complesso, i cui fantasmi – come dirà ad un figlio – diventeranno demoni, padre possessivo nei confronti della figlia e incapace di comprendere il talento del figlio Fausto, che diventerà un celebre pittore.
Traumi di famiglia costanti: ed infatti le scene forse più belle sono quelle vissute in casa, dai figli fin dalla infanzia e poi in seguito. Un dolore così acerbo per lo scrittore che si sfoga nella composizione dei suoi drammi cupi, amari, della impossibile felicità nella vita,della illusione e di come sarebbe meglio non essere mai nati.
Questo mondo interiore di Pirandello implacabile, tragico, trova vita nella interpretazione generosa di Fabrizio Bentivoglio che disegna un uomo anche fisicamente credibile, soprattutto nel volto segnato, triste, raramente felice, in preda ad una solitudine acuta. Il regista ci porta nell’Italia di fine Ottocento e del primo Novecento nella perfezione degli ambienti e dei costumi, anche grazie ad un gruppo di attori su cui spicca Valeria Bruni Tedeschi, impareggiabile nell’”essere” la moglie folle dello scrittore.
In fondo il film di Placido è una analisi introspettiva, rispettosa e riuscita, di un autore geniale e infelice, ammirato ma solo, che ha deciso fosse così anche il suo funerale in riva al mare della sua Agrigento. Notturna o diurna la fotografia accompagna il racconto senza enfasi, tra rare gioie e la ricerca del perché del dolore in un lavoro che merita di venire visto.