Un’America divisa alle urne

Il 5 novembre 2024 si decide il futuro presidente Usa, ma ci vorranno giorni per sapere se la guida andrà in mano ad una leader donna e di colore o ad un ex presidente pluricondannato
EPA/SARAH YENESEL

Un’America profondamente divisa e ansiosa si è recata alle urne per concludere un’elezione presidenziale influenzata dall’inflazione e segnata da turbolenze storiche che hanno portato uno scambio di candidati nel partito democrativo e a due tentativi di assassinio del candidato repubblicano.

Dopo previsioni di spesa pubblicitaria intorno ai 15 miliardi di dollari, secondo l’osservatorio Open Secret, migliaia di volontari ingaggiati sul campo, centinaia di eventi in tutta la nazione, che hanno portato a bruciare tonnellate di gasolio per gli aerei  che trasportavano i candidati, i sondaggi finali hanno mostrato che la candidata  democratica Kamala Harris e il candidato repubblicano Donald Trump hanno concluso la campagna con un testa a testa e senza un chiaro vincitore.

Bisognerà quindi attendere lo spoglio per sapere se a governare, quella che l’ex segretaria di stato Madeleine Albright, definì la nazione indispensabile, sarà la prima presidente donna e di colore della storia Usa o un ex presidente pluricondannato. Se Trump dovesse vincere,poi, sarebbe il primo presidente da Grover Cleveland nel 1892 a essere eletto per un secondo mandato non consecutivo.

I partiti stanno anche lottando per il controllo del Congresso. Oggi infatti gli elettori voteranno per rinnovare i 435 i seggi della Camera, dove il mandato dura due anni, e un terzo del Senato, cioè 34 seggi.

Il mandato dei senatori è di sei anni. Al momento, i democratici hanno in mano il Senato – riconquistato alle elezioni del 2020 – dove hanno 51 seggi, contro i 49 dei conservatori. Le previsioni parlano di un ritorno del senato in mano ai repubblicani che in questo momento detengono invece la maggioranza alla Camera, riconquistata nel 2022, con 220 seggi contro i 212 del partito avversario.

Si vota anche per l’elezione di 11 governatori, migliaia di cariche statali e locali e quasi 150 referendum. Dieci stati saranno chiamati a decidre sull’aborto e l’Arizona voterà su misure stringenti per gli immigrati.

Donald Trump, che non ha accettato la sua sconfitta nel 2020 e ha colorato la sua campagna elettorale affermazioni infondate su elezioni truccate, ha già annunciato che contesterà il risultato delle urne e ha proclamato vantaggi sulla candidata democratica che nessun sondaggio ha finora certificato.

I repubblicani hanno messo in piedi un movimento sull’integrità elettorale che si prepara ad impugnare il voto nei seggi e nelle commissioni che certificheranno l’esito delle urne. Il team di Harris ha affermato di aspettarsi che Trump dichiari prematuramente la vittoria, come ha fatto nel 2020 e si è preparato alle inevitabili battaglie legali che seguiranno.

Ci vorranno giorni prima di conoscere effettivamente il risultato delle elezioni, soprattutto perchè oltre 82 milioni di elettori hanno scelto di votare per posta o anticipatamente e questo renderà i conteggi molto più lenti e complessi soprattutto negli stati in bilico e dove il testa a testa tra i due candidati è più marcato.

Harris ha ufficialmente chiuso la campagna sui gradini del Philadelphia Museum of Art. L’ambientazione era quella usata nel film “Rocky” e il vicepresidente ha detto che il luogo era un “omaggio a coloro che iniziano come sfavoriti e salgono verso la vittoria”. Seguirà da Washington l’andamento delle elezioni.

Trump ha concluso il suo comizio con errori su errori ed evocazioni di violenza dirette verso i media e all’ex deputata Liz Cheney, una repubblicana figlia del vicepresidente Cheney che assieme al padre non sosterrà il tycoon.

Un enorme divario di genere potrebbe determinare l’esito, con le donne che favoriscono fortemente Harris e gli uomini che sostengono Trump con più forza. Questa dinamica è stata evidente negli ultimi giorni, quando il vicepresidente ha sottolineato i diritti all’aborto, mentre l’ex presidente ha raddoppiato la retorica machista che includeva che avrebbe protetto le donne, che “lo volessero o no”.

Gli americani stanno andando alle urne di cattivo umore per l’economia, fattore principale nella decisione del voto e questo, nonostante il Wall Street Journal abbia dichiarato che il prossimo presidente erediterà un’economia straordinaria, con tasso di disoccupazione tra i più bassi della storia, una forte crescita economica, che ha fatto registrare un +2,8% nel terzo trimestre ed un’inflazione vicina al 2%.  Al voto andranno divisi per la loro fede, per i luoghi che abitano e per una visione del mondo in cerca di una vera novità che nè la Harris, né Trump sono riusciti a proporre in maniera determinante per la loro elezione.

In politica estera,indipendentemente dal candidato che vincerà, gli Stati Uniti cercheranno di mantenere il loro primato, sempre più fragile, con Trump che insisterà sull’isolazionismo e la Harris su un multilateralismo a guida americana. Entrambi comunque dovranno fare i conti con potenze emergenti che non intendono più restare nelle retrovie e sfideranno l’agenda del 47mo presidente americano. 

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