La tragedia di Leonardo e la mancanza di “buone alleanze” tra scuola e famiglia
La tragedia di Leonardo, che si è tolto la vita a 15 anni nelle campagne di Senigallia, in provincia di Ancona, perché vittima di bullismo ha scosso l’Italia. Leonardo è stato sopraffatto dal suo dolore profondo e disperato e non potrà mai più raccontarci il significato di quello che stava dolorosamente vivendo.
Ho riflettuto a lungo sulla vicenda spinta forse da affinità elettive somiglianti. Come è possibile pensare alla morte in un tempo pieno di pulsioni di vita, di conquiste di libertà e di aperture al mondo? Come può un ragazzo di soli 15 anni darsi la pensabilità della morte?
Tra le tante sfaccettature che emergono, la particolarità di questa vicenda credo vada rintracciata nella sofferenza che Leonardo portava con sé. Nonostante avesse espresso il suo malessere, il suo dolore non è stato preso in carico nel modo in cui a lui serviva. Il suo disagio, scatenato a quanto pare dal bullismo, lo ha spinto a sentirsi in trappola, senza via di uscita.
Il suicidio adolescenziale tocca un nervo scoperto nella società moderna: la diseducazione alla relazionalità e all’emotività da parte degli adulti e di conseguenza negli adolescenti. Spesso, i giovani che si trovano a vivere un profondo malessere emotivo non trovano negli adulti figure capaci di offrire un vero ascolto e una comprensione autentica. Questo vuoto relazionale non sottrae soltanto il dialogo, ma riflette una più ampia difficoltà da parte degli adulti, di educare i giovani alla gestione delle emozioni, alle relazioni e alla costruzione di un senso di appartenenza, perché è mancante negli adulti stessi.
La difficoltà nella cura dell’interiorità negli adulti è aggravata dalla frenesia dei tempi moderni. Corriamo senza sosta, presi da un ciclo incessante di impegni e responsabilità, dimenticando di fermarci, di promuovere un auto-ascolto consapevole, di riflettere su noi stessi e sugli altri. Questo ritmo disumanizzante non solo ci aliena, ma priva anche i giovani della guida di cui avrebbero bisogno. La scuola, che dovrebbe essere un rifugio sicuro e un luogo di crescita, si è trasformata in una macchina burocratica, spesso soffocata da procedure amministrative e priva delle risorse necessarie per affrontare problemi complessi come il malessere emotivo dei ragazzi.
I docenti, frustrati dalle difficoltà economiche, dalla mancanza di formazione adeguata e da un isolamento sociale sempre più marcato, perdono la motivazione e la capacità di essere veri punti di riferimento. Il sistema scolastico, troppo spesso, non è attrezzato per gestire casi di disagio. Mancano le “buone alleanze” tra famiglia e scuola, quelle fondamentali per creare una rete di protezione per i giovani. In un contesto così fragile e sfuggente, i ragazzi si rifugiano dietro schermi e cuffie, perdendo il contatto con sé stessi e con la realtà.
I confini che un tempo proteggevano l’integrità emotiva si sono dissolti, lasciando le nuove generazioni esposte a una realtà virtuale che amplifica la solitudine e il senso di inadeguatezza. Se gli adulti, che dovrebbero essere i custodi del senso e della profondità, sono a loro volta smarriti e disconnessi da loro stessi, come possono aiutare i giovani a trovare la loro strada? Il suicidio adolescenziale non è solo un grido di dolore individuale, ma un riflesso di un fallimento educativo più ampio, in cui gli adulti, persi nei loro stessi abissi, non riescono a fornire ai giovani gli strumenti emotivi necessari per affrontare la vita e il mondo relazionale. La storia di Leonardo resta una ferita aperta, un luogo di dolore da abitare con consapevolezza, un monito per ricordare quanto urgente sia ricostruire il tessuto delle relazioni umane e familiari, fare pace con le nostre fragilità e dare la possibilità alle generazioni future di riscrivere una storia risolta traboccante di vita e speranza.
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