Respiriamo a pieni polmoni, verso una gestione forestale sostenibile

Quali sono le principali politiche messe in piedi in Europa e in Italia per tutelare il nostro patrimonio forestale? Per leggere la prima parte dell'articolo, riservata agli abbonati, cliccare qui.
Foto pexels-tatianasyrikova

Nel 1992 c’è stato il Summit della Terra di Rio de Janeiro che ha portato all’adozione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e della Convenzione sulla diversità biologica e quindi, nel 2015, per rinnovare gli impegni globali di lotta ai cambiamenti climatici e quindi anche alla deforestazione, sono stati promulgati gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.

In Italia, la gestione, la valorizzazione del patrimonio forestale e lo sviluppo di filiere produttive sono demandate alle politiche regionali, che purtroppo, ancora oggi, presentano delle differenze, talvolta anche significative. Nel 2018 è stato pubblicato il Rapporto sullo Stato delle Foreste e del settore forestale in Italia (RAF), risultato di un lavoro certosino di centinaia di professionisti, ricercatori, dirigenti, operatori e vari stakeholder della filiera forestale italiana, che hanno cercato di creare una regia nazionale per sistematizzare tutti i dati e le informazioni inerenti la gestione forestale da parte delle amministrazioni regionali.

A partire da un questionario, è stato possibile capire che per tutte le regioni sono molto importanti i Fondi Europei che arrivano attraverso la PAC, così come è fondamentale la formazione forestale per tutti gli operatori che si trovano a lavorare nel settore. Specialmente per la lotta agli incendi boschivi, in tutte le regioni sono presenti dei piani AIB con molti volontari attivi. Di recente è stato istituito anche l’Albo delle imprese boschive che operano in bosco, e sempre più importante è il ruolo dei dottori agronomi e dei dottori forestali che sono i professionisti esperti per la redazione dei piani di utilizzo e gestione forestale e del territorio idro-geografico, e sono continuamente in formazione professionale aggiornata. Anche la sperimentazione di nuovi modelli di governance delle risorse forestali può essere adattata alle varie realtà locali e quindi risultare come nuovi modelli di gestione innovativi.

Come esempio, si riporta il caso della regione Piemonte, la più strutturata, soprattutto per l’aspetto dei Piani Forestali di Indirizzo Territoriale (PFIT) che permettono anche di sviluppare un solido sistema di governo degli incendi boschivi. Il Rapporto, dunque, vuole far comprendere come il settore forestale italiano è vivo, vivace e in continuo fermento, quindi è possibile trovare lì dati e informazioni, analisi statistiche, grafici e proposte che intendono sensibilizzare quanto solidificare conoscenze a servizio dei cittadini, di politiche e strategie da attuare in tutti i processi decisionali internazionali, nazionali, regionali e locali.

Molte delle ricerche in ambito forestale italiano sono condotte da professionisti e ricercatori che aderiscono a SISEF, la Società di Selvicoltura ed Ecologia Forestale che si configura come un attore chiave sul territorio nazionale. I suoi soci, infatti, provengono dalle più importanti Università di Scienze Agrarie e Forestali d’Italia e da Enti di Ricerca pubblici, e partecipano quotidianamente a ricerche all’avanguardia sia nazionali che internazionali, spesso pubblicate su importanti riviste scientifiche.

In più, la SISEF è organizzata in gruppi di lavoro tematici divisi in argomenti di ricerca scientifici d’interesse (Inquinamento e Foreste, Terpeni in Ecologia, Biodiversità Forestale, Arboricoltura da Legno e Agroselvicoltura, Modellistica Forestale, Selvicoltura e molti altri). Tale struttura consente di affrontare la ricerca scientifica da diverse prospettive garantendo la copertura delle diverse aree tematiche delle scienze forestali e incoraggia la collaborazione scientifica e tecnica in campo ecologico e selvicolturale dei diversi gruppi con gli enti territoriali, i soggetti legislativi, i tecnici e l’opinione pubblica.

È chiaro come la deforestazione distrugge gli ecosistemi, ovvero si impoverisce un sistema talvolta in maniera irreversibile. Togliere la copertura di alberi al suolo, induce una repentina variazione di luce, di irradiazione che arriva al suolo, nonché di aumento della superficie esposta all’aria che innesca meccanismi di ossidazione, ovvero l’ossigeno dell’aria reagisce con le sostanze presenti nel suolo e si sprigiona CO2 che va nell’aria aumentando l’effetto serra e quindi inasprendo i cambiamenti climatici che diventano sempre più repentini.

Molto spesso, le attività dell’uomo hanno interagito con gli ecosistemi naturali, immettendo talvolta dei prodotti chimici, (es. pesticidi) per eliminare degli insetti, piuttosto che erbicidi per eliminare malerbe che avrebbero potuto compromettere la produzione agricola desiderata in quel momento. Quelle azioni non si limitavano ad interferire solo con quell’insetto o quell’erba di turno. Le sostanze chimiche sparse nei suoli hanno interferito anche con i microrganismi presenti negli stessi suoli, e con le altre sostanze presenti in quei suoli, con ripercussioni che interferiscono ancora oggi con gli eventi atmosferici che si stanno verificando sempre più spesso e in maniera sempre più violenta rispetto agli ultimi secoli, continuando ad interessare e coinvolgere le successive generazioni.

Con la metafora della bicicletta, il prof. Zanella, in un’intervista rilasciata a “Il Bo Live” dell’Università di Padova, spiega molto bene questi meccanismi biochimici che avvengono nei suoli, soprattutto coperti da foreste, lasciando ben comprendere come tutto è intimamente connesso: «Le foreste naturali sono come biciclette: gli ecosistemi trasformati in ambienti antropizzati sono pezzi separati e per questo non funzionano bene. Se i pezzi non sono collegati non sono funzionali».

A conclusione dell’estate, magari rifocillati in una zona di mare, vicino a un lago, in alta montagna con l’aria fresca, i nostri polmoni hanno potuto respirare ossigeno, distribuito poi in tutto il corpo, un dono regalato dall’attività di miliardi e miliardi di alberi che producono ossigeno, che è trasportato dai venti, che condensano acqua in piogge, e che poi confluiscono in fiumi e laghi e mari. L’augurio è di accorgerci della vita che pulsa in tutti gli esseri viventi e che tutti siamo una piccola grande parte di un unico ecosistema che contiene la vita, il pianeta Terra.

Per i greci di Omero, Kleos, la fama, era fatta di canti.

Le vibrazioni dell’aria racchiudevano la misura e la memoria della vita di ognuno.

Ascoltare, dunque, significava apprendere ciò che è durevole.

Ho prestato orecchio agli alberi, in cerca del Kleos ecologico.

Non ho trovato eroi, singoli individui intorno a cui intrecciare la storia,

bensì ricordi vivi di alberi, raccontati dai loro canti che parlano di vita comunitaria,

di una rete di relazioni.

Noi esseri umani partecipiamo a questa conversazione,

come parenti di sangue, membri incarnati di questa comunità.

(D.G. Haskell, 2018)

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