Pace: l’utopia di don Tonino Bello
Più che un sentimento, la pace è un’ansia profonda che percorre il mondo e le società ad ogni latitudine. Non c’è persona che non ne senta il bisogno. Nonostante tutto, la cronaca ci dice quanto sia difficile camminare su sentieri di pace, tanto che le guerre proliferano quotidianamente.
Secondo il Global Peace Index 2024, a giugno scorso le guerre erano 56 e ancora non c’era l’attacco al Libano e all’Unifil. Messe insieme tutte le guerre giustificano ampiamente l’idea di un conflitto mondiale a pezzi, come dice papa Francesco. Se paragonassimo la pace ad una malattia dovremmo dire, paradossalmente, che è curabile, ma che per essa non c’è ancora una terapia. La pace è realmente un’utopia o è l’incapacità dell’uomo, degli Stati nel perseguirla che complica gli scenari e la rende tale? È una domanda fondamentale, necessaria, ineludibile se si vuole affrontare l’argomento con la dovuta concretezza.
Che cos’è la pace? Sappiamo dire ciò che non è. Per esempio, che non è una pausa tra due guerre o un momento di calma nella perenne conflittualità tra nazioni, ma non sappiamo dire esattamente che cos’è la pace. Ognuno, come questi bambini hanno fatto con i loro preziosi pensieri, la declina secondo una propria visione, un proprio ideale. E fatto fondamentale nessuna idea è più giusta o sbagliata: declinano un aspetto della pace e, perciò, sono tutte vere. «I processi effettivi di una pace duratura – scrive papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti – sono anzitutto trasformazioni artigianali operate dai popoli, in cui ogni persona può essere un fermento efficace con il suo stile di vita quotidiana».
La pace, insomma, ha molteplici sfaccettature. Di sicuro ha a che fare con la guerra e con le armi, ma ha soprattutto a che fare con la libertà, con la giustizia, la povertà, l’equità sociale, le discriminazioni, la verità, la solidarietà e persino con la salvaguardia del creato e l’economia. Uno dei più importanti incontri ecumenici, quello di Basilea del 1989, aveva per tema Pace, giustizia e Salvaguardia del creato. Un incontro profetico. La pace è molte cose insieme, per questo don Tonino Bello diceva che più che un vocabolo, la pace è un vocabolario.
E allora è chiaro perché non sappiamo dire che cos’è la pace. Perché essa affonda nella pluriforme molteplicità dell’essenza umana che trova nell’incontro con l’altro motivo di consolazione, di ristorazione dei bisogni, di accettazione della propria diversità e incompletezza. «Questo implica – aggiunge papa Francesco – la capacità abituale di riconoscere all’altro il diritto di essere sé stesso e di essere diverso. Ignorare l’esistenza e i diritti degli altri, prima o poi provoca qualche forma di violenza, molte volte inaspettata». In queste parole si sente l’eco di quanto sta accadendo tra israeliani e palestinesi.
«La povertà genera violenza?», si chiedeva alcuni anni fa Amartya Sen. L’economista, pur non ammettendo una relazione diretta, dimostrava quanto la frustrazione della povertà, la mancanza di futuro generi violenza. E don Tonino in un appunto senza data scriveva quasi a se stesso come promemoria chissà in quale circostanza di guerra: «Eccoci in una più tragica ricaduta, tanto più tragica quanto più solerte sembra l’intervento delle potenze internazionali, in contrasto con la deplorevole indifferenza con cui le stesse si pongono di fronte ad altre situazioni che meriterebbero ben altra considerazione: il problema dei profughi palestinesi, le sconosciute situazioni di conflitto e di fame in Africa. Quello che mi affligge di più è il terrore di dover ripetere, in un mondo di sordi, le stesse argomentazioni contro la guerra, di dover risentire le filastrocche sul pacifismo a senso unico, di dover rispondere che il pacifismo si desta solo quando c’è puzza di America. E poi il dover constatare che gli interessi economici prevalgono sui più elementari diritti umani».
Questo è il punto: la pace tiene insieme molti valori, perché tiene insieme la realtà della vita, il quotidiano essere dell’uomo. Nella sua semplicità disarmante e concreta madre Teresa di Calcutta annotava: «Ciascuno oggi sembra essere in una terribile corsa, ansioso per un maggior sviluppo ed un più grande benessere; cosicché i figli hanno ben poco tempo per i loro genitori, i genitori hanno poco tempo per i figli e l’un per l’altro ed è nella stessa famiglia che inizia lo sgretolamento della pace nel mondo».
Insomma la pace è la costruzione di un mondo migliore nella misura in cui la nostra vita e il nostro quotidiano diventano migliori. Non a caso questo evento vede la partecipazione di alcuni bambini della Quinta A dell’Istituto don Bosco di Polignano a mare. È la classe che lo scorso anno di è aggiudicata il premio bontà Hazel Marie Cole con la seguente motivazione: «La classe 4 A nel corso degli anni ha messo in pratica gesti di solidarietà, altruismo e accoglienza in molti modi e specialmente nei confronti di un compagno “speciale”, crescendo nella consapevolezza che l’amicizia, la disponibilità, la condivisione e l’attenzione verso gli altri, sono un tipo di ‘alimento’ necessario alla crescita personale e umana di ciascuno di noi». È il loro modo diretto, immediato, senza tanti discorsi di declinare la pace nel quotidiano.
Essi, però, oltre che protagonisti di gesti di pace, sono anche eredi e la loro eredità impegna gli adulti in un lavoro di crescita costante e di pedagogia della pace. È nel rapporto tra padri e figli, tra nonni e nipoti che la pace trova l’humus ideale per crescere e affermarsi; è in famiglia, luogo di cura per elezione, che la pace assume il carattere identitario di una società solidale e più giusta.
Ma non basta. Tutto questo deve coinvolgere i luoghi di aggregazione, i sindacati, le associazioni, le chiese, la politica, le istituzioni. E allora l’utopia, che in molti pensano sia un’illusione senza futuro, avrà la forza delle nostre mani e la solidità della speranza. E «la speranza, la mia piccola speranza – scriveva il saggista francese Charles Péguy –, è quella che dice buongiorno al povero e all’orfano», ossia è la luce che illumina il futuro di ogni persona.
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