Elezioni regionali in Liguria, importante test politico
La Liguria si appresta a vivere una nuova tornata elettorale, per la prima volta dal 1970 in anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, a causa delle note vicende giudiziarie che hanno portato Giovanni Toti a dimettersi dalla carica di governatore. A contendersi il ruolo di suo successore ci sono diversi candidati tra cui spiccano i nomi del genovese Marco Bucci, sindaco del capoluogo ligure sostenuto dalla coalizione di centro-destra, e dello spezzino Andrea Orlando, deputato del Partito Democratico, già ministro della giustizia e del lavoro, deputato dal 2006, sostenuto dalla coalizione di centro-sinistra.
Due profili diversi che ben esprimono la mission che le due coalizioni si sono date: Bucci, sindaco di Genova dal 2017, il primo nella storia che il centro-destra abbia espresso all’ombra della Lanterna, dopo una carriera da manager d’azienda, si presenta come il prosecutore della politica dell’ex governatore Toti e del cosiddetto “modello Genova” (aspramente denigrato dalle opposizioni) all’insegna di una Liguria che vuole continuare a innovarsi e proseguire nella strada del potenziamento delle infrastrutture strategiche (dall’ex Ponte Morandi al Terzo Valico passando per la nuova diga).
Orlando, più giovane di 10 anni ma sicuramente politico più “navigato” rispetto all’avversario essendo impegnato nelle istituzioni politiche dal 1990 – anno della prima elezione (confermata nel 1993 e nel 1997) al consiglio comunale di La Spezia – che propone un deciso cambiamento dopo i due governi di Toti, all’insegna di una drastica svolta in particolare nel settore sanitario (falcidiato dai debiti e da liste di attesa sempre più lunghe).
A voler ridurre all’osso i tanti dibattiti di queste settimane, sembra che i liguri siano chiamati a scegliere tra il proseguimento dell’innovazione a suon di progetti infrastrutturali (alcuni bloccati dal TAR, come quello dello spostamento dei depositi chimici da Multedo a Sampierdarena) per proiettare la Liguria verso il 2030 e, dall’altra parte, il cambiamento per una nuova centralità del settore pubblico, della sostenibilità ambientale e di un maggior coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni politiche; riuscirà a convincere maggiormente gli elettori chi saprà intercettare i voti degli indecisi, dato che i sondaggi preconizzano un testa a testa fino all’ultimo voto.
Oltre alle due teste di serie, si contenderanno la sede di Piazza De Ferrari altri sette candidati, tra cui l’ex senatore del Movimento 5 Stelle Nicola Morra.
Nessuno spazio ha ricevuto nel dibattito di queste settimane il tema sempre più urgente della pace, anche se la Liguria è stata la prima ed unica regione italiana ad aver approvato all’unanimità nel 2019 un ordine del giorno volto a «sollecitare, anche attraverso i parlamentari liguri, il Parlamento italiano affinché, al pari di altri Stati europei, riconoscendo le gravi violazioni al diritto internazionale perpetrate nella guerra in Yemen, si esprima con fermezza per vietare l’esportazione e per bandire dal proprio territorio e dai propri porti il transito di armamenti destinati alla sanguinosa guerra yemenita».
Eppure, il disastro umanitario in corso a Gaza, in Palestina, in Libano e di una terza guerra mondiale che sempre di più sta mettendo insieme i suoi pezzi, urla con le sue atrocità alle orecchie sorde del mondo e le armi transitano nel porto di Genova con regolarità, nonostante la mobilitazione di cittadini e lavoratori.
Tuttavia, per pensare a qualsiasi modello di futuro, di impresa, di lavoro per i giovani e per costruire e rafforzare una democrazia liberale che sappia rispondere alle sfide del XXI secolo, occorre unire gli sforzi di tutte le forze politiche, pur nella diversità di sensibilità e di vedute, ed essere capaci di indicare, con coraggio e creatività, passi concreti verso, perlomeno, un Mediterraneo di pace. La Liguria potrebbe (e dovrebbe), anche per la sua storia, darsi tale priorità.