Guerra in Medio Oriente e Pakistan
Il dilagante conflitto in Medio Oriente sta sempre di più prendendo proporzioni allarmanti. Qual è la posizione di un Paese musulmano come il Pakistan? Alcuni osservatori del sub-continente hanno proposto una riflessione che può aggiungere un tassello al complesso mosaico dei rapporti internazionali coinvolti in questa guerra assurda. Assurda come tutte le guerre.
Dal 1947, anno della sua costituzione, il Pakistan ha rifiutato il rapporto con Israele, che negli anni ha comunque ripetuto tentativi di avvicinamento motivati da precisi interessi. In primis, attingendo al mercato pakistano di prodotti agricoli e militari, Israele avrebbe potuto trarre benefici economici dal libero scambio. La potenza militare pakistana e la vicinanza territoriale con Afghanistan e Iran, inoltre, potevano essere fonte di informazioni chiave e controbilanciare le minacce regionali. In particolare, dopo il ritorno dei Talebani nel 2021, il Pakistan è stato maggiormente esposto all’influenza di gruppi islamisti come Hamas e la Jihad islamica palestinese (Pij). Poiché questi attori nel passato erano stati coinvolti in manovre strategiche con l’Iran, cresceva la preoccupazione di Israele riguardo alla propria sicurezza. Ufficializzare il rapporto con il Pakistan avrebbe potuto aprire la strada affinché altri Stati Islamici riconoscessero Israele, rafforzandone l’influenza diplomatica soprattutto tra i membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic).
Il costante rifiuto del Pakistan ad accettare questi accordi si è alimentato in un preciso contesto politico-religioso: in quanto nazione musulmana (ricordiamo che il Pakistan è il secondo Paese a maggioranza musulmana) non può che sostenere un significativo supporto per il popolo palestinese. Il Governo pakistano, inoltre, ha sempre temuto, in caso di un qualunque tipo di avvicinamento ad Israele, la conseguente instabilità civile fomentata dall’opposizione e dai gruppi interni di ribelli. Per non citare la sempre aperta questione con l’India riguardo al Kashmir. La rivalità tra l’India e il Pakistan, in particolare per quanto riguarda il Kashmir, rimane uno dei maggiori ostacoli che Israele si trova ad affrontare per stabilire legami con il Pakistan.
Certamente la firma degli Accordi di Abramo del 2020 da parte di Marocco, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti, che hanno normalizzato i loro legami con Israele ha messo in discussione lo status quo per i Paesi membri dell’Oic, scuotendo anche la fermezza della posizione pakistana. Le pressioni dell’Arabia Saudita sul Pakistan per relazioni più strette con Israele sono state pubblicizzate come un modo per il Pakistan di migliorare il suo rapporto con gli Emirati Arabi e la stessa Arabia Saudita: da considerare anche l’importante dato che il Pakistan ha 130 miliardi di dollari di prestiti con questi Paesi, oltre che con la Cina ed altri.
Il Paese ha mantenuto una posizione coerente nel sostenere la Palestina attraverso i canali diplomatici, chiedendo con fermezza la risoluzione del conflitto in vari forum multilaterali, senza mai introdurre fattori come la propria potenza militare e di intelligence. Nell’ultimo anno ha inviato 10 carichi di aiuti umanitari a Gaza e ha offerto borse di studio per studenti palestinesi presso istituzioni pakistane. Il primo ministro Shehbaz Sharif ha designato il 7 ottobre 2024 come “Giornata di solidarietà con la Palestina”, convocando una conferenza multipartitica (Apc) con i leader del governo di coalizione del paese, chiedendo il cessate il fuoco e che l’Oic convochi un vertice di emergenza per affrontare il genocidio in corso a Gaza. Ma si dice che il Pakistan spesso cerchi di sfruttare la sua posizione nell’Oic non solo per difendere la causa palestinese, ma in realtà soprattutto per favorire i suoi interessi nel conflitto con l’India riguardo al Kashmir.
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