8 dediche per l’8 marzo

Una ricorrenza mondiale per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma soprattutto per ricordare le tante discriminazioni e violenze di cui, ancora oggi, tante di loro sono vittime
donne

Dal 1909, quando negli Usa si celebrò per la prima volta, nel giro di pochi anni la Giornata internazionale della donna è diventata una ricorrenza mondiale celebrata il giorno 8 di marzo per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche raggiunte (ma tante sono ancora da concretizzarsi) e per tenere alta l’asticella dell’attenzione sulle discriminazioni e sulle violenze di cui tante donne sono state e sono ancor oggi vittime: una vergogna per l’intera umanità, di cui molti uomini (maschi) sono colpevoli. In questa giornata che intende festeggiare tutte le donne, permettetemi alcune dediche personali, che ovviamente non saranno esaustive. Ne ho scelte otto come il numero del giorno odierno.

 

 

1. Prima dedica: a tutte le donne che soffrono, che stanno affrontando il travaglio della malattia, che sono in ospedale, che sono rimaste vedove, che hanno perso un figlio o dei figli, che non hanno potuto realizzare i loro sogni, che hanno sognato l’amore e non l’hanno incontrato, che sono state abusate, che sono in carcere, che sono povere, senza una casa, che sono anziane e si sentono abbandonate dai figli o dai parenti… È lungo l’elenco delle sofferenze e lascia sempre fuori qualcosa, ma la qabbalah, la mistica ebraica, ricorda: «Dio conta le lacrime delle donne».

 

 

2. A quelle che hanno combattuto per i diritti delle donne: alle socialiste che si sono lanciate nella mischia, a Rosa Luxemburg (che ringrazio per le Lettere dal Carcere, che tanto mi hanno ispirato), a Clara Zetkin, prima redattrice de L’uguaglianza; ma anche a tutte le donne che non condividevano la loro posizione politica e hanno lottato per il diritto di suffragio, primo grande passo per l’emancipazione; a tutte quelle che di ogni fede e di ogni colore politico hanno lottato privatamente o pubblicamente per i diritti loro e delle altre donne. Tanto sono riuscite ad ottenere: come in ogni battaglia di rivendicazione a volte non sempre si centra subito l’obiettivo e in alcuni casi si rischia di diventare più come la parte che si combatte che autenticamente se stessi; spesso si possono confondere i diritti con concessioni ai propri desideri o a idee non sempre lecite, ma la marcia dell’umanità è lunga e tortuosa, è giusto cominciare, rompere le ingiustizie, andare avanti, creare a poco a poco il futuro.

 

 

3. Alle donne che hanno trovato se stesse conoscendo l’infinito dentro di sé, e che si sono ritirate nel silenzio: come Maria Egiziaca, la prostituta che convertita al cristianesimo si rifugiò nel deserto e lì visse tutta la sua vita; come la mistica musulmana Rābiʿa al-ʿAdawiyya che amò Allah d’amore passionale, e insegnò a fare altrettanto; come le suore che stanno in clausura e che pregano per tutti.

 

 

4. Alle donne che hanno perseguito le loro aspirazioni sfidando i confini imposti dalle convenzioni sociali del loro tempo, spesso dettati dagli uomini (maschi) e dal potere politico, religioso e culturale: a Ipazia di Alessandria che è stata matematica, astronoma e filosofa nell’antichità greca, autentica martire della libertà di pensiero; ad Artemisia Gentileschi, che ha perseguito con caparbietà la propria indipendenza e affermazione artistica; a Gertrude Bell, che agli inizi del Novecento ha lasciato l’Inghilterra per vivere con i beduini e comprendere la loro vita; a tutte le altre di un elenco lunghissimo… A tutte le donne che hanno combattuto le battaglie giuste dell’umanità, da sole e accanto agli uomini; a quelle che hanno cercato di aiutare gli altri nella sofferenza, a Madre Cabrini “zingara di Dio”, a Madre Teresa; a tutte le altre senza nome celebre, ma ben conosciute da coloro che hanno ricevuto il loro amore.

 

 

5. A tutte le donne che hanno dato gioia all’umanità, con la loro bellezza, con la loro dignità, con la loro eleganza, con il loro garbo e fascino, con la loro forza spirituale, come Madeleine Delbrel ((che ringrazio per il suo poetico “Ballo dell’ubbidienza”)). A quelle che hanno fatto sussultare di bellezza molti con la loro arte: Isadora Duncan con la danza, e con il canto Maria Callas (se non altro per lo struggente «o mio babbino caro») o Umm Kulthum, idolo del mondo arabo. A tutte le donne che deliziano tanti con l’arte della loro cucina: ho in mente alcuni nomi, ma non li faccio. E a Santa Brigida d’Irlanda che per rallegrare i suoi compaesani, non negò il miracolo di moltiplicare la birra!

 

 

6. Ad  Anna Snitkina che è stata moglie di Dostoevskij, cha ha amato in modo grandioso un uomo geniale ma dal carattere difficile: è anche grazie a lei se l’umanità ha ricevuto i capolavori sublimi de I Demoni, L’Idiota, I Fratelli Karamazov. A lei, che ha capito il segreto dell’amore coniugale e ne ha gioito

 

 

7. Alle donne della Bibbia: a Eva, la più bella di tutte, plasmata dalle stesse mani del Creatore; a Giuditta che salvò il suo popolo passando coraggiosamente all’azione quando gli uomini si erano arresi, e che fece affermare: «Chi disprezzerà un popolo che possiede tali donne?»; a Ester che confidando nella femminilità e nella fede evitò il primo sterminio del popolo ebraico; a Myriam, la ragazza di Nazareth, a cui capitò una cosa incredibile e meravigliosa, così stupenda che la tenne racchiusa nello scrigno del cuore: ospitò nel suo grembo il Creatore, lo partorì, lo allevò e lo crebbe.

 

 

8. Alle donne che ho conosciuto: a mia mamma che, con tutte le sue virtù e i suoi difetti, mi ha insegnato che “nulla” “tutto” “amore” sono sinonimi e che morendo mi ha anche tolto la paura di morire; alle sue amiche, a me come altrettante madri, sia quelle che sono già nell’altra vita, sia Maria che fortunatamente è ancora qui tra noi; a Chiara Lubich, che sento vicina come non mai; alla maestra Cometto, mia insegnante alle elementari, degna seguace di Maria Montessori, che ha capito un bambino a volte non facile da capire; a quelle donne che mi hanno aiutato, senza di loro non avrei potuto fare un granché; a quelle a cui ho voluto bene, che mi hanno voluto bene, a quelle a cui ho dato gioia e a quelle che purtroppo ho fatto soffrire; a quelle che mi hanno fatto soffrire; a mia figlia; e alla donna a cui ha dato il mio cuore e con cui spero di poter vivere accanto per questa «breve eternità».

 

È un elenco di dediche assolutamente parziale, molto incompleto, lo so. Ognuno ha il suo, di elenco. E messi tutti assieme, questi elenchi, possono costituire quel grande riconoscimento che le donne meritano di ricevere. Oggi, in modo particolare. E con un bel ramo di mimosa.

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