Iniziative di pace nel sud delle Filippine

Di fronte alla crudeltà e alla non volontà di cercare vie di dialogo e di pace nei due conflitti che tengono il mondo col fiato sospeso, non fa male leggere di angoli del pianeta dove si cerca di riprendere il filo, interrotto qualche anno fa, per lavorare alla pace. Ne danno l’annuncio con due comunicati diversi e articolati le agenzie cattoliche AsiaNews e Fides
MiNDANAO.Musulmani in preghiera EPA/FRANCIS R. MALASIG

Il contesto è quello filippino e, più precisamente, il sud dell’arcipelago, noto come Mindanao, teatro negli ultimi decenni di scontri anche violenti che hanno rasentato una vera guerra civile, soprattutto nella provincia del Bangsamoro, a maggioranza musulmana.

Nel 1996, si era dato vita al Bishop-Ulama Forum, istituito a Mindanao per favorire un dialogo fra le parti e permettere ai leaders religiosi musulmani e cattolici/cristiani di lavorare per una soluzione del conflitto. Successivamente, questa iniziativa è stata rinominata Bishop-Ulama Conference (Buc), e vi hanno aderito 24 vescovi cattolici, 26 Ulama islamici e 18 vescovi e pastori protestanti. L’iniziativa era stata avviata dall’arcivescovo di Davao, Fernando R. Capalla, e dal leader mussulmano Mahid M. Mutilan.

In effetti, il 1996 segnò una data importante, per via di un primo accordo di pace firmato da entrambi i contendenti: il governo di Manila e il gruppo ribelle Moro National Liberation Front (Mnlf). L’idea di dar vita ad una conferenza di pace che potesse operare stabilmente era legata al desiderio di coinvolgere leaders e fedeli delle due religioni a stabilizzare i processi che avevano portato all’accordo.

Si voleva realizzare questo processo mettendo al centro degli interessi e degli sforzi i valori morali e spirituali comuni a cristiani, musulmani e altre religioni. Era un tentativo concreto al servizio dell’armonia e della pace tra le comunità. Fra i collaboratori di quella iniziativa, c’era anche il Silsilah Dialogue Movement, fondato a Mindanao da un sacerdote cattolico italiano, il padre del Pime Sebastiano D’Ambra, da sempre impegnato nella promozione del dialogo interreligioso e nei processi di pace nella zona di Mindanao.

Non sempre questa conferenza è riuscita a risolvere positivamente tensioni e scontri, che hanno raggiunto anche momenti di assoluta gravità con eccidi di cui non sono mai venuti alla luce i dettagli. Nei giorni scorsi, dopo alcuni anni di sospensione delle sue attività ed iniziative, membri della Conferenza episcopale filippina e degli ulema, si sono dati appuntamento a Davao, la città principale della zona sud dell’arcipelago filippino. La finalità era quella di rivitalizzare i processi di pace in un nuovo formato e secondo le esigenze e le aspirazioni che guidano la missione di dialogo e di pace che oggi molti, da entrambe le parti, cercano di perseguire.

L’iniziativa è stata accolta molto favorevolmente da leaders religiosi e anche dagli amministratori locali. Nella dichiarazione finale, i leaders delle due religioni hanno dichiarato solennemente: «Siamo costruttori di pace. La pace basata sulla giustizia è un nostro dovere». Dunque, in un momento in cui sembra che la logica dello scontro e della violenza (particolarmente in Medio Oriente e nella zona Russa-Ucraina) non conceda alcuna possibile alternativa alla guerra, i membri della Conferenza dei leader religiosi di Mindanao ha riaffermato il proprio «impegno a lavorare per la pace e lo sviluppo sostenibile, dichiarando che i valori di amore, giustizia, armonia, rispetto, integrità, unità, riconciliazione, spiritualità e umanità guidano il nostro impegno per la pace e lo sviluppo sostenibile».

La piattaforma organizzativa congegnata dai leaders del mondo musulmano e cristiano, la Mindanao Religious Leaders Conference (MiRLeC), ha come obiettivo quello di «promuovere inclusività, governance e pace nel Bangsamoro (la regione autonoma musulmana, frutto degli accordi di pace – ndr), a Mindanao e nell’intero Paese».

Merita sottolineare come i leaders che hanno dato vita a questa nuova iniziativa non chiudono gli occhi di fronte alle sfide presenti nell’area delle Filippine meridionali, come «la marginalizzazione delle isole Sulu, l’ingiustizia ambientale, l’estremismo e il terrorismo». Propongono, quindi, di promuovere il dialogo a diversi livelli: innanzi tutto fra uomini e donne di religione, ma anche con esponenti politici, con i rappresentanti dei gruppi giovanili, con le associazioni dei popoli indigeni. Fra le strategie che propongono, ci sono anche la preghiera – da celebrare nelle diverse comunità e anche con incontri comuni – e il dialogo interreligioso. Infine, I leader religiosi cristiani e musulmani hanno rivolto alcuni appelli per salvaguardare le conquiste del processo di pace, chiedendo in particolare la reinclusione delle Sulu (900 isole) nella regione autonoma del Bangsamoro (Barmm).

Ai leader politici – in vista delle prossime elezioni di metà mandato del maggio 2025 per la politica locale e nazionale – chiedono di impegnarsi nelle comunità e tra gli elettori con sobrietà, onestà e sforzi pacifici per la campagna elettorale. Alle istituzioni e organizzazioni per la pace l’invito è a consolidare i propri sforzi per costruire la coesione sociale tra le comunità e le persone di buona volontà.

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