Dalla relazionalità alla Relazione
Abbiamo visto come l’universo, con la sua struttura complessa ma ordinata e coerente, ha da sempre affascinato l’uomo, spingendolo a interrogarsi sulla sua origine e ipotizzando, spesso, l’esistenza di un ordine superiore.
E che l’osservazione di tale ordine, oltre a suggerire una causa prima, rivela sempre di più un’impronta di relazionalità profonda, un legame che unisce ogni cosa a tutto e che rappresenta un fattore fondamentale per la sopravvivenza, l’evoluzione e l’armonia del creato (vedi articolo precedente).
Ci potremmo allora porre nuove domande: Da dove nasce la relazionalità dell’universo? C’è una matrice, un punto di origine, una fonte da cui trae origine?
E, soprattutto, quali conseguenze ha, oggi, per tutti noi, capire l’interdipendenza che ci lega ad ogni cosa? Se è vero che le religioni monoteiste concordano sul fatto che l’interconnessione del creato abbia una fonte ultima in Dio e comporta un senso di responsabilità nei confronti del creato e del prossimo, per i non credenti la relazionalità è un dato di fatto che ci invita comunque a vivere in modo consapevole e responsabile.
La comprensione della rete di relazioni che ci connette a tutto e a tutti ci spinge quindi, al di là di ogni credo, ad agire in modo etico, a favorire la sostenibilità del pianeta e a costruire relazioni autentiche con gli altri.
Ma soffermiamoci un momento sulla visione cristiana che collega la struttura relazionale dell’Universo alla Trinità. Nel vangelo Dio ci viene rivelato come Amore (1 Gv 4, 16). E Dio, proprio perché è Amore, è Trinità, è Relazione.
Spiega padre Raniero Cantalamessa: «Noi crediamo in un Dio uno e trino perché crediamo che Dio è amore. Ogni amore è amore di qualcuno, o di qualcosa; non si dà un amore a vuoto, senza oggetto, come non si dà conoscenza che non sia conoscenza di qualcuno o di qualcosa. Ora, chi ama Dio per essere definito amore? L’universo? L’umanità? Ma allora è amore solo da qualche decina di miliardi di anni, da quando cioè esiste l’universo fisico e l’umanità. Prima di allora chi amava Dio per essere l’amore, dal momento che Dio non può cambiare e cominciare ad essere ciò che in precedenza non era? (…) Ed ecco la risposta della rivelazione, definita nel concilio di Nicea del 325. Dio è amore da sempre, ab aeterno, perché prima ancora che esistesse un oggetto fuori di sé da amare, aveva in sé stesso il Verbo, “il Figlio unigenito” che amava con un amore infinito che è lo Spirito Santo». (Terza Predica, Quaresima 2023)
La realtà, quindi, nella visione cristiana, non è una semplice somma di elementi isolati, ma una rete di relazioni che si ripercuote dalla Trinità fino alla più piccola particella dell’universo. L’osservazione di questa interconnessione ci riporta alla fonte stessa della realtà, a quel “Dio amore” che ha posto le basi di un universo fatto di relazioni, di legami, di dipendenza reciproca.
Il filosofo Giuseppe Maria Zanghì nel libro Leggendo un carisma (Città Nuova 2013) suggerisce al lettore: «Superiamo il concetto di uno che ci portiamo dentro, per raggiungere il vero Uno. È l’Amore che strappa la persona alla solitudine dell’uno da noi pensato, per farla essere comunione: che in Dio è i TRE; fra noi, e nel creato, è la relazionalità, Dio partecipato».
In questo senso, la Trinità non è un dogma astratto, ma la chiave per comprendere la struttura profonda dell’universo, la ragione per cui tutto ciò che esiste è intrinsecamente legato a tutto il resto. Questo legame, questa relazionalità, è l’impronta di Dio Amore, Dio Relazione, un’impronta che possiamo riconoscere nell’armonia e nell’ordine che regolano l’universo, ma anche nelle nostre relazioni personali.
E Chiara Lubich si esprime così su Dio Amore: «Per noi è stata una luce – balenata nell’ora più buia della storia, il secondo conflitto mondiale – che ha illuminato tutto il Vangelo, facendoci scoprire che Gesù non aveva temuto di pronunciare la parola amore. Anzi capivamo che proprio l’amore è il cuore del Suo annuncio, e, sì, “la potenza creatrice primordiale che muove l’universo”, muove la nostra piccola storia personale, come la grande storia del mondo».
Dalla relazionalità alla Relazione per eccellenza, che trova la sua essenza nell’amore. Amore che tutti possiamo mettere in pratica vivendo la regola d’oro “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto e te”, comune a tutte le religioni e base del diritto universale. Principio che in campo ambientale è sotteso alla definizione di sviluppo sostenibile, che, nel Rapporto di Brundtland (1987) viene delineato come: «uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri» estendendo così alla sostenibilità gli stessi principi etici della regola d’oro.
Come scrive papa Francesco nell’Enciclica Laudato si’ (2015): «Le Persone divine sono relazioni sussistenti, e il mondo, creato secondo il modello divino, è una trama di relazioni (…) Questo non solo ci invita ad ammirare i molteplici legami che esistono tra le creature, ma ci porta anche a scoprire una chiave della nostra propria realizzazione. Infatti la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature. Così assume nella propria esistenza quel dinamismo trinitario che Dio ha impresso in lei fin dalla sua creazione. Tutto è collegato, e questo ci invita a maturare una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità». (LS 240)
Siamo tutti connessi. Questa semplice verità, spesso dimenticata, è un potente richiamo all’azione. Se comprendiamo l’interdipendenza che ci lega a ogni cosa, a ogni essere, anche del futuro, non possiamo che vivere con maggiore attenzione e rispetto per il creato e per le relazioni che costruiamo.
Ogni giorno, la mia vita si può riempire di tanti piccoli o meno piccoli atti d’amore verso chi mi sta accanto – un sorriso, un ascolto, un aiuto materiale – ma anche verso l’ambiente, evitando tutte le forme di spreco e scegliendo prodotti sostenibili. La cura per gli altri e per il pianeta sono due facce della stessa medaglia!
Come diceva Madre Teresa di Calcutta: «Ciò che facciamo non è che una goccia nell’oceano. Ma se questa goccia non ci fosse all’oceano mancherebbe qualcosa».(100 pagine di Madre Teresa, Come una goccia nell’oceano ed. Città Nuova 2000).