È civile. O non è economia. Il tempo delle scelte

La sfida urgente di entrare nelle contraddizioni di un’era di grandi trasformazioni. Articolo pubblicato sul numero di settembre 2024 della rivista Città Nuova. Qui il programma del Festival nazionale dell'Economia civile
Festival nazionale Economia Civile 2024

Nel giugno 2024, mentre nelle campagne di Latina, a poca distanza da Roma, si consumava la tragedia di Satnam Singh, il lavoratore indiano morto dissanguato dopo aver perso un braccio e scaricato dal “padrone” come un rifiuto ormai inutile, a Perugia un gruppo di economisti di varie nazioni ha lanciato il “Manifesto per una nuova economia” che ha grandi pretese. L’incontro ha suscitato attenzione per la presenza di Jeffry Sachs, il noto economista della Columbia University di New York molto critico sulla narrazione occidentale sulla guerra in Europa.  Nel documento si parla «di un’umanità di fronte ad un bivio» e di sfide che non permettono a chi fa «una professione libera di ricerca e di pensiero» di richiudersi in «una torre d’avorio, avulso dalla società».

Il festival nazionale dell’Economia Civile in programma Firenze dal 3 al 6 ottobre rappresenta un banco di prova di questa prospettiva che l’economista Leonardo Becchetti, direttore scientifico del Festival, declina da anni girando in lungo e largo il Paese, prendendo posizione su tante scelte strategiche, ad esempio a favore della mobilità elettrica, esponendosi inevitabilmente a polemiche e tensioni.

La bellezza di Firenze facilita la suggestione di riconoscerla come capitale dell’economia civile e della cultura umanistica, magari con il richiamo alla stagione lapiriana, anche se occorre ricordare che il sindaco Giorgio La Pira non ebbe mai pace per le sue scelte a favore dei lavoratori e dei senza casa, in contrasto con gli interessi dei grandi industriali.

Così oggi, ad esempio, non si può ignorare lo scandalo emerso negli ultimi anni nel distretto della concia del cuoio coinvolto nel traffico di rifiuti pericolosi e delle infiltrazioni mafiose. Allo stesso tempo, è un caso esemplare la decisione improvvisa maturata in una centrale finanziaria di chiudere a Campi Bisenzio una storica fabbrica di componenti per auto, nota per l’eccellenza della produzione, venduta prima dalla Fiat alla Gkn, società britannica finita, poi, sotto il controllo di capitali statunitensi. Una vertenza che ha trovato una rete attiva di solidarietà nonostante le dinamiche di un’economia dove i capitali si muovono liberamente, a differenza delle persone, e sono spesso invisibili.

Quando nel 1954 la Snia Viscosa, sottraendosi ad ogni trattativa, decise di licenziare 2 mila operai delle Officine Meccaniche del Pignone, il sindaco La Pira chiese e ottenne il ritiro del passaporto all’amministratore delegato Franco Marinotti. Si trattò di un braccio di ferro che portò, alla fine, al salvataggio della fabbrica con l’intervento dell’Eni di Enrico Mattei. Questi non ne fece un carrozzone inutile ma una realtà di eccellenza tecnologica grazie alle proposte di riconversione industriale avanzate dalle stesse maestranze.

Come poter agire oggi in un sistema globalizzato che sembra non lasciare scampo? È evidente il rischio di ridurre l’economia civile ad un modello utopico destinato a restare nei libri oppure a rassegnarsi ad un ruolo che non intralcia un regime basato sulla centralità del denaro.

Per sgomberare ogni equivoco, i promotori del Manifesto hanno preparato un corso base introduttivo, scaricabile dal sito del Festival, dove si afferma chiaramente che l’Economia civile «NON è un modello di “altraeconomia” perché non è residuale o nicchia rispetto al mainstream ( il pensiero prevalente, ndr)» Allo stesso tempo «NON è una versione «buona» del capitalismo perché il capitalismo è un modello economico che non pone al centro dei suoi processi le persone ma il capitale».

Secondo Stefano Zamagni, il decano di tutti gli studiosi in materia, il modello liberista non si può correggere con ridicoli imbellettamenti. La fede irrazionale nel solo criterio della crescita della produzione (Pil) e il falso potere taumaturgico della “mano invisibile del mercato” hanno provocato il disastro ambientale che minaccia la vita sulla terra e ha aumentato le diseguaglianze inaccettabili. “È civile. O non è economia” è lo slogan della Scuola di Economia Civile che ha sede a Incisa e Figline Valdarno(FI). Da qui arriva una componente determinante dell’Economia di Francesco, la proposta lanciata da papa Bergoglio e coordinata dal professor Luigino Bruni.

Mettere in discussione il sistema economico dominante può anche rivelarsi, tuttavia, velleitario, se è vero, come sentenziò Margareth Thatcher, che “non esiste alcuna alternativa” dopo il fallimento dell’esperimento sovietico.

 ANSA

Ma non è questo il momento del crollo di tante certezze sbriciolate da crisi finanziarie a ripetizione fino al precipitare nella tragedia di una guerra mondiale annunciata? Si comprende, perciò, l’attenzione degli studiosi dell’economia civile di  attingere alle radici stesse, a lungo occultate, del pensiero economico che non si basa affatto sul dogma dell’interesse individuale come motore di tutto.

Rispondono a questo diverso paradigma le pratiche diffuse di mutuo aiuto e, in particolare, le banche cooperative. Sono 2.500 quelle nate e consolidate storicamente a livello europeo a partire dall’800 in forza di una concezione solidale in grado di orientare la società nel suo complesso. L’economista e cooperatore francese Charles Gide elaborò, ad esempio, una proposta di «“Repubblica cooperativa” in cui il profitto fosse completamente bandito dal regime economico».

Non sorprende quindi trovare, tra gli artefici del Festival di Firenze, Federcasse. Nome abbreviato della Federazione Italiana che, ad oggi, raduna 220 Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e le Casse Raiffeisen dell’Alto Adige. Ben 1.440.251 soci, oltre 29 mila dipendenti e una diffusione capillare sul territorio (in 740 comuni sono l’unica realtà bancaria esistente).

Queste realtà promosse dalle reti del cattolicesimo sociale per “liberare dalla trappola dell’usura”, in continuità storica con il credito agricolo dei “monti frumentari”, hanno avuto la loro origine a Loreggio nel padovano sul modello delle casse rurali tedesche, grazie all’iniziativa di Leone Wollemborg, di famiglia ebraica, politico di estrazione laica e liberale.

Un esempio vitale di “democrazia sostanziale” come afferma il presidente di Federcasse Augusto dell’Erba evidenziando il riconoscimento in Costituzione nell’articolo 45 della funzione sociale della cooperazione “senza fini di speculazione privata”.

Ma è la stessa architettura della Carta che pone come compito della Repubblica «la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Articolo 3 della Costituzione).

Difficile trovare definizione più chiara di un’economia civile, capace di entrare nel dettaglio come avviene nellarticolo 43 che prevede la possibilità del  «trasferimento a comunità di lavoratori o utenti» delle imprese che «si riferiscano a servizi essenziali o fonti di energia».

Non si può non pensare così alla forte spinta di Becchetti e altri a favore del passaggio alle fonti rinnovabili tramite la creazione di migliaia di comunità energetiche autonome e autosufficienti nei territori. Qualcosa che ricorda la marcia del sale promossa da Gandhi per contrastare il monopolio dei colonizzatori britannici.

L’Economia civile sarà sempre più chiamata a confrontarsi con le scelte politiche concrete. Altrimenti, come afferma il Manifesto della nuova economia, «l’asservimento dei cittadini in sudditi» è destinato a generare solo povertà e conflitto.

Qui il programma del Festival nazionale dell’Economia civile

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