Il bello dall’argilla, e dalla vita

Sapere sempre far emergere il bello dall'argilla e dalla vita, questo ha sempre caratterizzato Giuseppe Bucco, l'artigiano - o meglio il maestro - della ceramica.
Foto Pexels

La parrocchiale di Valle San Floriano di Marostica non è una chiesa monumentale ma racchiude un tesoro: sono tredici formelle artistiche, una Via Crucis, opera d’arte di un maestro, che ama però farsi chiamare artigiano. Hanno una storia di amore e di arte trasfusi e donati alla chiesa, che ha accompagnato Giuseppe Bucco fino agli ultimi giorni dell’agosto 2023, assistito dalla famiglia, nella fase terminale della malattia.

Giuseppe Bucco, a sinistra, con il collega Flavio Cavalli

Diplomato all’Istituto d’Arte per la ceramica di Nove, Giuseppe Bucco con l’amico Flavio Cavalli fonda  nel 1977 la Lineasette, innovativa lavorazione della ceramica che usa  un materiale pregiato: il gres porcellanato. È l’inizio di un’esperienza artistica evoluta fino a realizzare un sogno di entrambi, fatto di costanza, ricerca continua, apertura, intraprendenza e valorizzazione reciproca. La storia porterà i due maestri ceramisti e il loro staff di Marostica ad ottenere grandi traguardi tecnici, che li ha condotti al ricevere premi e riconoscimenti e a intrattenere collaborazioni illustri.

Ora è il figlio Emanuele alla guida dell’azienda, ma non si possono usare i tempi al passato per Giuseppe, tutto parla di lui con una letizia solenne. La moglie Adalgisa offre i suoi racconti a chi, come me, chiede per conoscere e per condividere pennellate di una vita e oltre.

Quindi diremo, al presente, che lo stile dell’artista Bucco è così vivo, non solo nella sua famiglia, ma in tutti coloro con cui ha percorso un tratto di strada. Un’esistenza, la sua, modellata dalla tenacia, da decisioni importanti e controcorrente, ma anche da molta paziente saggezza, sempre guardando al futuro, senza mai scoraggiarsi. Quanto la disabilità fisica abbia inciso nella sua peculiare capacità di ricominciare, sempre trovando motivazione e forza con mitezza e tenerezza nelle relazioni, ci viene svelato in parte proprio in questi altorilievi così vicini all’umanità del Cristo che va a donarsi.

Entrando nel vivo di questa personalità, due fra le caratteristiche più forti  che lo hanno sempre distinto nelle relazioni con le persone (tantissime, a giudicare dalla folla accorsa all’ultimo saluto), sono state la capacità di ascolto attivo e la sensibilità di saper tirar fuori da ciascuno il meglio, il bello. E questo stile nelle relazioni famigliari e lavorative era una consuetudine che gli ha procurato molti amici e molti affezionati, nell’ambiente sociale ed ecclesiale.

Opera “Non piangete” di Giuseppe Bucco

I ricordi di questo suo essere uomo di pace e positività accompagnano in particolare la famiglia, i figli Riccardo, Emma ed Emanuele. È la moglie che racconta episodi che lo definiscono meglio e che svelano la fonte delle scelte umane e spirituali:  volgendo lo sguardo verso un Dio che si fa Uomo, crea con Lui un’intesa profonda, riversata poi nella vita quotidiana in ogni occasione più o meno faticosa. Questo traspare anche nell’opera in altorilievo della Via Crucis, in cui le mani, solo le mani,  assumono tutto il dolore e il cammino di salvezza delle stazioni: mani che sorreggono, mani che indicano, si aggrappano, abbracciano, si immolano e asciugano sangue e lacrime. Lineari, morbide e solenni.

Il titolo all’opera inquieta e consola “Nelle tue mani”, quando la malattia aveva già reso precarie le condizioni fisiche di Giuseppe Bucco e che ha visto la realizzazione grazie all’appassionata collaborazione della designer di Lineasette Laura Pelosio e alla volontà tenace di don Riccardo Betto che fortemente ha desiderato esporla in quella parrocchiale. Un salto nel vuoto o nell’amore di un Dio che si immola per la nostra pace? A noi la scelta, pare ci indichino le mani dalla croce.

E giunge quel 19 agosto 2024: un anno senza di lui, per quanto Adalgisa rassicuri di come lo senta sempre accanto, attivo nell’illuminare la strada da percorrere. Lei, la moglie, che ricorda il primo bacio, un gentile e poetico baciamano, nello stile di un marito che l’ha sempre spronata e incoraggiata, è presente alla commemorazione di Giuseppe.  In onore dell’artigiano, suo compagno di vita,  legge la preghiera che ha preparato ispirata da una lettera di San Paolo, in cui ritroviamo un Vasaio, la fragilità trasformata in un tesoro racchiuso in vasi di creta.

Vogliamo essere amati Signore,

come un vaso nelle mani di un vasaio.

Prendi la nostra vita

E falla di nuovo.

Vogliamo essere un vaso nuovo.

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