Afghanistan. Notizie inquietanti e speranza

Dopo la chiusura delle scuole secondarie e la proibizione di accedere all’università, l’obbligo del burqa e tutto il resto, adesso secondo i talebani le donne afghane non possono più neppure parlare, cantare o leggere ad alta voce in pubblico. La speranza percorre la strada della condivisione internazionale.  
Foto ANSA, EPA/STRINGER

Dall’Afghanistan continuano ad arrivare notizie inquietanti e, sfortunatamente, ancora troppo poco divulgate. Il Ministero della Giustizia talebano ha recentemente promulgato una legge – 35 articoli, 100 pagine – che affronta diversi aspetti della vita sociale e mira a “promuovere la virtù e prevenire il vizio”, in conformità con le norme coraniche interpretate secondo la cosiddetta sharia. Una nuova serie di restrizioni di ampia portata che puntano a controllare potenzialmente, ma abbastanza concretamente e in tutti i loro aspetti la vita e il comportamento delle persone, minando alla radice le loro interazioni sociali.

Norme che riguardano adulterio, omosessualità, gioco d’azzardo, visione di immagini che riproducono persone, pericolose amicizie con infedeli, ecc. Gli uomini non possono radersi la barba o indossare abiti occidentali (la legge cita specificatamente le cravatte). E, ovviamente, importanti e pericolose precisazioni sono dedicate, ancora una volta, alla donna. L’articolo 13 ribadisce l’obbligo per la donna di coprire il corpo e il volto, e specifica una nuova imposizione: il divieto di far sentire la propria voce fuori dalle mura domestiche. Quindi non possono neppure cantare, recitare o leggere ad alta voce in pubblico.

La legge è tutelata dal sempre più potente Ministero per la Prevenzione dei vizi e la Promozione delle virtù, che ha la responsabilità di assicurare l’attuazione delle vecchie e nuove norme. L’Onu e le organizzazioni internazionali a difesa dei diritti umani hanno fortemente condannato tutto ciò che lede i diritti della donna e definito “intollerabile” che persino il suono della sua voce debba essere cancellato dalla vita pubblica. Coraggiosa e convincente la reazione di molte donne del Paese e all’estero che contrattaccano con costanza e coraggio quella che appare sempre più come una lenta e progressiva erosione di ogni possibilità di vivere la propria vita.

Le espatriate rispondono a tono, facendo ciò che in Patria sarebbe considerato un crimine: cantano. Su internet compaiono pungenti video di donne e ragazze che cantano a volto scoperto. Ma anche nel Paese, attiviste e militanti già nel mirino dei talebani, hanno pubblicato video di protesta, in cui cantano e non temono di denunciare la legge come ignorante e repressiva. Alcune di loro, intervistate in sicurezza, hanno dichiarato con forza che la posta in gioco vale la vita: “Continueremo a sfidare la nuova legge talebana – dicono – perché non abbiamo più niente da perdere. E perché speriamo che la comunità internazionale svergogni questa oppressione basata sul genere”. E un’altra aggiunge: “Non mi arrenderò perché non ho speranza per il futuro e sento che, se non contrattacchiamo, porterò tutti i miei sogni nella tomba con me”.

Lapidaria la replica dei talebani sui quotidiani locali: i diritti della donna non sono altro che uno “strumento in mano ai colonizzatori per interferire negli affari interni del Paese. Essi sperano che le donne, abbracciando gli ideali occidentali, arrivino a criticare i concetti islamici sui loro diritti, ma fortunatamente siamo vicini al successo liberando la donna da tale propaganda”.

La speranza percorre la strada della condivisione. Una giovane ex-ostetrica sostiene che i talebani hanno paura delle voci delle donne e dell’influenza che potrebbero avere nella società. È quindi cruciale continuare a parlare per rendere il regime dei talebani responsabile delle sue azioni davanti alla comunità internazionale.

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