Ecologia integrale e cultura aborigena

Riprendendo il discorso di una natura dinamica e relazionale, approfondiamo il tema attraverso diversi contributi e l'esperienza diretta a contatto con gli aborigeni australiani
Foto CHR/ANSA CARLO FERRARO/COC

Nel precedente articolo abbiamo visto come, considerando l’essere umano parte integrante del creato, l’ecologia si arricchisca del suo contributo specifico, della sua capacità di relazionarsi con Dio, con gli altri, con se stesso e con la natura. Inoltre abbiamo scoperto come, al di là delle nostre convinzioni, tutti e specialmente noi cristiani, possiamo trovare motivazioni profonde per prenderci cura dell’ambiente e riparare i danni che gli stiamo arrecando.

Se è vero che l’osservazione del creato sembra suggerire l’esistenza di un ordine superiore, è vero anche che ci rivela la sua natura dinamica e relazionale. Come ben espresso in questo passaggio della Laudato si’ (2015): «Le creature tendono verso Dio, e a sua volta è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa, in modo tale che in seno all’universo possiamo incontrare innumerevoli relazioni costanti che si intrecciano segretamente».

Sappiamo che quando si parla di un ecosistema ci si riferisce all’insieme degli organismi viventi e non viventi che interagiscono in un determinato ambiente. Un esempio di ecosistema è il bosco che non è un insieme di alberi ma è qualcosa di più. È il frutto di relazioni tra gli elementi che lo compongono in superficie e sotto il suolo. Gli alberi infatti si relazionano con funghi, animali, luce e vento che ne influenzano la crescita e la struttura.

Nel libro L’Albero Madre: Alla scoperta del respiro e dell’intelligenza della foresta (2022) l’ecologa Suzanne Simard riporta il risultato delle sue lunghe ricerche sui boschi dimostrando che il loro benessere è determinato dalla vicinanza e dalla collaborazione, dalla diversità e dall’inclusione.

Ha scoperto che l’abete e la betulla, quando uno dei due è all’ombra, si passano il carbonio sotto terra! Cito: «Comunicavano. La betulla individuava e si adattava ai bisogni dell’abete. Ma non solo, scoprii che anche l’abete restituiva un po’ di carbonio alla betulla. Come se la reciprocità facesse parte del loro rapporto quotidiano».

Ma questa interconnessione tra le varie forme di vita coinvolge naturalmente anche noi esseri umani. Mi tornano in mente le parole di Chiara Lubich: «Chi mi sta vicino è stato creato in dono per me ed io sono stata creata in dono a chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto di amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però essere l’Amore per trovar il filo d’oro tra gli esseri». (C. Lubich, in La dottrina spirituale, Roma 2006)

In un recente viaggio in Australia sono venuta a contatto con la cultura degli aborigeni del luogo e ho scoperto un modo di concepire il mondo in perfetta armonia con l’ecologia integrale. La loro cultura si fonda sull’interdipendenza, considerata la base stessa dell’esistenza. Per loro, non esiste una netta divisione tra l’uomo e la natura, ma un’armonia costante, un continuo dialogo e un rispetto reciproco. I loro rituali e le cerimonie testimoniano il profondo rispetto per gli animali, considerati parte integrante dell’ecosistema.

La conoscenza delle piante, tramandata di generazione in generazione, consente loro di raccogliere solo quello che è necessario e al momento opportuno, garantendo la riproduzione e la sostenibilità delle risorse. Inoltre da millenni hanno imparato a usare il fuoco in modo sicuro e controllato preservando la biodiversità del luogo.

Ho vibrato anche io al suono unico e profondo del didgeridoo, uno strumento a fiato tra i più antichi al mondo, suonato dagli aborigeni australiani, usando la respirazione circolare, per connettersi con la terra, che chiamano madre perché fonte di vita, e collegarsi agli antenati e agli altri membri della comunità. Veramente queste popolazioni sono arrivate a possedere una verità che tutti noi oggi siamo chiamati a riscoprire.

«Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. (…) Quando il cuore è veramente aperto a una comunione universale, niente e nessuno è escluso da tale fraternità», dalla Laudato si’.

È quella sostenibilità relazionale di cui parla Stefania Papa, docente di Ecologia e Coordinatrice internazionale di EcoOne, in una recente intervista (vedi l’articolo CN on line del 5 settembre 2024) per indicare che vivere in modo sostenibile significa mettere al centro le relazioni umane e il nostro legame con il pianeta.

Prenderci cura della natura e degli altri esseri umani è un unico impegno, un legame che ci unisce tutti in una rete di responsabilità. Il pianeta ci sta lanciando un appello silenzioso, un grido d’aiuto che si traduce in eventi meteorologici estremi, inquinamento crescente e biodiversità in declino. È tempo di rispondere, non solo con azioni concrete per la cura dell’ambiente, ma anche con un’apertura profonda alle relazioni umane, basata sulla giustizia e sul rispetto per la dignità di ogni essere umano.

Ogni piccola azione quotidiana, dal riciclo alla scelta di prodotti sostenibili, dalla solidarietà verso il prossimo all’impegno per la pace, può fare la differenza. Iniziamo a costruire un futuro più sostenibile, ispirati dalla profonda interconnessione che ci lega a tutto il creato. La Terra ci aspetta, è tempo di rispondere al suo appello.

Per esperienze e riflessioni: rubricacittanuova@tiscali.it

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