La questione Sangiuliano e la vera egemonia culturale
Le dimissioni irrevocabili del ministro Gennaro Sangiuliano sono state rassegnate alla vigilia della ricorrenza dell’8 settembre, la data dell’Armistizio con gli Alleati nel 1943 che lasciò una nazione intera allo sbando, con il re fuggito da Roma senza dare indicazioni all’intera organizzazione dello Stato.
L’Italia del 2024 si trova nel pieno di trasformazioni epocali, potenzialmente esplosive, che meriterebbero grande attenzione e dibattito nell’opinione pubblica. E allora perché invece l’attenzione mediatica è monopolizzata dalla relazione tra l’ormai ex ministro e una intraprendente consulente? Evidentemente perché la vicenda potrebbe rappresentare un’incrinatura nel governo di Giorgia Meloni al centro delle tensioni della maggioranza sul caso delle forniture militari all’Ucraina e sulla questione dello Ius scholae che divide Forza Italia dalla Lega di Salvini.
L’esecutivo guidato da Fratelli d’Italia sembra godere di ottima salute e largo consenso nel Paese, come dimostra il risultato elettorale delle Europee di giugno.
La sostituzione di Sangiuliano al dicastero è avvenuta in maniera immediata con Alessandro Giuli, altra figura di giornalista passato dalla redazione di Linea, il foglio di Pino Rauti, storico esponente del Msi di ascendenza evoliana, alla condirezione de Il Foglio, la testata pensante di un’area complessa non riconducibile semplicemente alla destra.
Esiste, in questo passaggio di consegne, una continuità in quell’obiettivo esplicitato dall’ex ministro di concorrere, da una posizione di vertice, a promuovere una nuova egemonia culturale nella società italiana, finora realizzata dalla sinistra in forza della storica lezione di Antonio Gramsci.
Il successo della mostra dedicata a Tolkien è stata presentato in questo modo, in considerazione del fatto che, in Italia, la mitologia nata dal prolifico scrittore britannico è stata adottata nel dopoguerra dalla destra giovanile dei “campi hobbit” come un immaginario capace di prendere il posto della nostalgia del Ventennio. In una rivisitazione della storia anche Dante, secondo Sangiuliano, viene ascritto alla destra.
Ma la madre di tutte le battaglie è quella della legge di riforma del cinema, fortemente osteggiata dai maggiori autori riconosciuti come dimostra l’invettiva lanciata da Nanni Moretti durante il grande evento della Mostra di Venezia. Sono molti i fondi in gioco se solo si pensa alla parte significativa delle risorse del Pnrr destinate al progetto di trasformazione di Cinecittà in nuovo polo produttivo cinematografico.
Il ministero della Cultura è decisamente strategico come ha dimostrato in questi anni la presenza, nelle stanze di via del Collegio romano, di Dario Franceschini, uno dei maggiori esponenti del Pd, che sa mantenere un profilo basso.
Sangiuliano, che è anche docente alla Luiss e alla Lumsa, non è arrivato al governo tramite il passaggio elettorale, ma è stato nominato direttamente passando dalla direzione del Tg2, alla quale è arrivato iniziando come corrispondente dalla Campania, un incarico importante nella spartizione regolamentata della Rai. Conosce quindi molto bene i meccanismi dell’informazione in Italia, la possibilità per chi dà le carte di fare spazio a certe notizie e di ometterne altre. La scaletta sembra concordata tra le varie testate. Basta dare uno sguardo sul satellite per vedere come in altri Paesi vengono trattati i temi di attualità o fare una rassegna della qualità della Radio televisione italiana di alre epoche.
È da questa fonte che si riesce a dare un’impronta al sentire prevalente, come aveva intuito Pier Paolo Pasolini parlando di una capacità persuasiva di gran lunga superiore alla propaganda fascista e prevedendo il declino della presenza della Chiesa come punto di riferimento in una secolarizzazione sempre più radicata sotto la superficie ancora tradizionale.
Ad uno sguardo realistico, non sfugge il grande impatto che nel nostro Paese ha avuto, dopo un inizio pluralistico che poteva ricordare l’epopea delle radio libere, l’egemonia del modello televisivo commerciale introdotto da Berlusconi. Con l’attenzione a temi più leggeri e scanzonati, con una valanga di programmi capaci di riempire il tempo quotidiano di milioni di persone ad ogni fascia oraria, veicolando modelli di vita e consumo.
Nel discorso politico si compie facilmente l’errore di passare direttamente dai tempi austeri costituzionali fino ai giorni nostri, passando per gli anni 70, senza tener conto di questa rivoluzione del modo di essere e di sentire che finisce per dare spazio sproporzionato al gossip, alle tragedie personali e agli scandali.
È in questo mood che si può spiegare l’attenzione ossessiva che ha catalizzato la vicenda del rapporto tra Sangiuliano e una pretesa consulente di grandi eventi, esperta in wedding, che ha toccato la sfera dei sentimenti personali e la rivelazione di presunti segreti delle stanze del potere, con tanto di intervista personale dai toni patetici che sembra ricalcare format di trasmissioni più diffuse.
Un’esibizione che è parte della società dello spettacolo, necessaria ad orchestrare una distrazione di massa su questioni decisive che meriterebbero invece l’attenzione dei media. La storica visita del papa, che apre orizzonti sconosciuti del pianeta coinvolgendo milioni di persone, trova posto marginale nella scaletta delle news, senza alcun approfondimento. La strage continua a Gaza è silenziata. Per capire qualcosa bisogna andare sui canali stranieri accessibili sul satellite.
A fare scandalo comunque non sono di certo le questioni delle relazioni familiari sempre più precarie e fragili (la presidente del Consiglio ha comunicato la fine di un rapporto sui social).
Come sempre, sono gli intrighi dei gruppi di potere, gli interessi personali dei “cerchi magici” ad essere strumento per condure lotte politiche anche all’interno della coalizione di appartenenza. Niente di nuovo sotto il sole in questo caso, se si pensa alla campagna contro il presidente Giovanni Leone, costretto a dimettersi dal Quirinale.
Il compito possibile di una stampa libera e indipendente è quello di mantenere uno sguardo sulla persona, al di là del ruolo che riveste, con un sano distacco da giudizi sommari, lasciando il compito alla magistratura di vagliare eventuali irregolarità che compromettono il sistema democratico dei poteri.
Ma soprattutto chi lavora nel campo dell’informazione ha, se vuole, gli strumenti per puntare l’attenzione ad altro che non attira facili click. «Il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va», ha affermato il messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2021.