Ma dov’era Dio?
In questi giorni di vacanza un amico non triestino mi ha raggiunto, per cui siamo stati insieme in alcuni momenti ricreativi, ma poi, volendo sapere qualcosa di più della nostra città, abbiamo pensato a un momento di maggiore conoscenza, passando dalla visita classica a S. Giusto a quella più complicata della Risiera di San Sabba. Non ne sapeva quasi niente, e comunque tutto per sentito dire, per cui il sottoscritto in abito da guida turistica e lui incuriosito da questa visita particolare, abbiamo insieme affrontato la memoria di quel luogo infelice [ndr. La Risiera di San Sabba fu un campo di concentramento nazista situato nel comune di Trieste).
Una volta fuori, vedevo che era turbato non poco, per la ovvia differenza tra il non sapere e il sapere in presa diretta. Quasi all’improvviso mi rivolse una domanda impegnativa: «Ma dov’era Dio?». Certo, non pretendeva da me una risposta, visto l’entità del dilemma, ma, dovendo comunque dire qualcosa, risposi che forse la domanda non era quella giusta, e che forse doveva essere piuttosto cambiata in «Dov’era l’uomo?».
Va detto che il suo interrogativo era pertinente, perché veniva da un naturale moto di compassione, dopo aver visitato un luogo di tale abnorme sofferenza. E purtroppo essa può ancora essere declinata al presente, a causa dei luoghi orrendi di sofferenza tutt’ora sparsi nel mondo, magari avvolti dal più fitto mistero.
La generazione a cui appartengo, postbellica, fatta da quelli nati dopo il 1945, è cresciuta nella consapevolezza della tragedia che ci ha preceduto di poco, ma nella forse ingenua speranza che, dopo tanto dolore, potesse aprirsi una fase in cui tali vergogne fossero irripetibili e impensabili. Come sappiamo, così non è stato, anche se la mappa dei Paesi tutelati sul piano del diritto umanitario più elementare è oggi più estesa che nel passato. Rimane l’enigma del male oscuro, che affligge l’uomo da sempre, per cui Caino non è mai morto, non è mai sparito dal circuito umano e si ripresenta in forme agghiaccianti in un’epoca che comunque rimane la più civile di tutte quelle che ci hanno preceduto.
E tornando alla domanda dell’amico indignato, si può aggiungere che la libertà che Dio nel suo amore, per noi incomprensibile, ci ha lasciato, apre il sipario – oggi più che mai per l’evoluzione storica in corso – a una presa di coscienza della responsabilità di essere uomini liberi di amare, purtroppo anche di odiare. Sta a noi porci quindi sul crinale giusto, per cui ogni persona è fratello o sorella e non posso, come disse il Mahatma Gandhi, ferirlo o fargli del male senza ferirmi o fare del male a me stesso.