Venezia 81, Leone d’oro a Pedro Almòdovar

A sorpresa il Leone d’argento all’italiano Vermigli di Maura Delpero. Tanti film, parecchie star. Politici, affaristi, e il pubblico di sempre e forse anche più. Un successo.
Foto ANSA/ANDREA MEROLA

E così don Pedro, 74 anni, capelli bianchi e abito rosa, ce l’ha fatta a conquistarsi il suo primo Leone. “La stanza accanto”– questo il titolo in italiano – recitato alla grande da Julianne Moore e Tilda Swinton, vince e proclama a chiare lettere il suo favore alla scelta personale di una morte dignitosa, alla eutanasia. Il verdetto della giuria presieduta da Isabelle Huppert premia sia un lavoro composto, riflessivo e meno barocco del solito,  sia una chiara presa di posizione che sa di ideologia sui “diritti”, meno sui “doveri”, oggi. Il film del resto è una elegia sulla morte delle persone e della natura, venato da un pessimismo di fondo e da una grande sofferenza. È il clima attuale dell’’Occidente.

Gli risponde Maura Delpero con un film in dialetto – una volta tanto non romano o napoletano – a rischio come scelta, ma premiato giustamente. Con un budget basso, senza troppi sponsor, girato sui monti tra boschi e animali e affacciato sulla prima guerra mondiale, è una poesia dolente ma vera, calma, di  sentimenti autentici:  una storia corale, alla Olmi, con al centro la figura del maestro Tommaso Ragno. Un bel film, diverso dai soliti italiani, problematici o estetizzanti, quasi narcotizzanti nella loro ripetitività, con le dovute eccezioni come “Campo di battaglia” di Amelio. Niente premio invece per “Queer” di Guadagnino, mentre il solito polemico Nanni Moretti ringrazia per “l’immeritato” premio al suo Ecce Bombo restaurato, quando forse “L’oro di Napoli” di De Sica il premio l’avrebbe davvero meritato molto di più…

La Coppa Volpi come migliori attori è andata  a Nicole Kidman nel trhiller erotico “Babygirl” e a Vincent Lindon, padre vedovo con due giovani figli in “The Quiet Son”. Migliore regia al visionario “The Brutalist” dell’americano Bradley Corbet, 36 anni, tre ore e mezzo con un Adrien Broody formidabile, purtroppo non premiato.

Ma occorre mettere in risalto l’interpretazione di Luca Marinelli nella serie su Mussolini – perché non si mettono in concorso le fiction? – per fortuna diretta da un non italiano, a scanso di inutili commenti politicizzanti tipico del nostro attuale Belpaese.

La conclusione della Mostra d’arte cinematografica  – a cui hanno  partecipato verso la fine  nel settore dell’Ente dello spettacolo due cardinali mediatici come Zuppi e Tolentino a parlare di dialogo culturale – sembra positiva: bei film, alcuni impegnativi, bravi attori – alcuni purtroppo non premiati –, star in quantità e quindi visibilità massima, tanti giovani, i temi già annunciati: guerra, morte dell’uomo e della natura, famiglia in crisi, adolescenti ed erotismo. La speranza, in questa rassegna incerta, è dubbiosa, triste. Da cercare con il lumicino. Consigliamo amichevolmente ad Alberto Barbera per il 2025 un po’, anche se piccola, di luce in più.

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