73 morti al largo delle coste libiche
Settantatre migranti morti al largo delle coste libiche. Sono annegati poco dopo essere partiti dalle coste del Nord Africa nel tentativo di raggiungere l’Italia. Un barcone era partito da Qasr Al-Akhyar, a circa 75 chilometri da Tripoli, diretto verso la Sicilia. La mezzaluna rossa ha già recuperato 11 corpi, ci sarebbero sette sopravvissuti, ricoverati in vari ospedali e gli altri sono ufficialmente dispersi. Ma ovviamente le speranze di ritrovarli in vita sono nulle.
Sulla rotta centrale del Mediterraneo, quella che conduce in direzione di Sicilia e Calabria, sono morte finora 130 persone dall’inizio del nuovo anno. Sulla cronaca arrivano i freddi numeri di una tragedia assurda. Numeri, purtroppo, non volti e persone. Ma dietro ognuno di loro c’è una vita, ci sono affetti, ci sono famiglie che non rivedranno più. Sono morti annegati.
Ironia della sorte, tutto questo avviene mentre la Camera dei Deputati vota la fiducia sul nuovo decreto sulla Ong preparato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e che il governo ha presentato al Parlamento. Il governo ha posto la fiducia, seguendo una prassi che si è consolidata sempre più nella politica italiana e che vede affermarsi sempre di più la supremazia del governo e il ruolo sempre più subalterno del Parlamento.
Il decreto del governo Meloni deve essere convertito in legge entro il 3 marzo. Dopo il voto favorevole della camera dei Deputati ora arriverà in Senato. Esso fissa nuove regole per l’azione delle navi delle Ong che pattugliano il Mediterraneo e che soccorrono in mare i migranti. Oltre a fissare i requisiti per poter svolgere questa attività, il decreto si concentra su alcuni punti. Le navi devono raccogliere i migranti, chiedere loro subito, a bordo della stessa nave, se intendono richiedere la protezione internazionale, chiedere immediatamente alle autorità italiane l’assegnazione del porto di sbarco e dirigersi subito in quella direzione per completare i soccorsi. Le navi non possono quindi stazionare ancora in mare per soccorrere altri migranti. Le autorità italiane, nelle ultime settimane, hanno assegnato vari porti italiani. Per ultimi, Ravenna, verso cui si dirige la Ocean Viking (nave della Ong Sos Mediterranée con a bordo 84 migranti, di cui 58 minori non accompagnati e 26 uomini) e Ancona, dove è attesa la Geo Barents, con a bordo 48 naufraghi, tra cui 9 minori. La nave dovrebbe arrivare nelle Marche lunedì prossimo.
L’obiettivo del governo è chiaro: allontanare le navi dalla zona centrale del Mediterraneo, assegnare loro dei porti che costringono ad alcuni giorni di navigazione durante i quali non possono svolgere attività di salvataggio. Questo dirada i tempi da utilizzare per i salvataggi e aumenta i costi (tempo, vitto, carburante per giorni e giorni). Per i casi di violazione sono previste sanzioni da 10.000 a 50.000 euro. È previsto anche il fermo amministrativo per due mesi e, nei casi di reiterazione del reato, si può arrivare anche alla confisca della nave. Il governo, invece, assegna altre motivazioni e ha spiegato più volte che l’esigenza è quella di redistribuire il carico e gli oneri organizzativi degli sbarchi a varie regioni italiane, alleggerendo quindi il peso che finora ha pesato soprattutto su Lampedusa, Porto Empedocle, Pozzallo, Augusta, Catania, oltre che su alcuni porti calabresi.
Questo provvedimento è stato criticato dalla commissaria europea per i diritti umani, la bosniaca Dunja Mijatovic che aveva sottolineato il fatto che questo tipo di scelte finiscono con il «prolungare le sofferenze delle persone salvate in mare e ritardare indebitamente la fornitura di un’assistenza adeguata a soddisfare i loro bisogni primari».
Critiche all’Italia arrivano anche dal parlamento tedesco, il Deutscher Bundestag, dove 65 parlamentari hanno scritto esprimendo la loro preoccupazione per il decreto di Piantedosi che, a loro parere, «contraddice sia il diritto internazionale del mare, sia le disposizioni internazionali sui diritti dell’uomo, sia il diritto secondario europeo». E chiamano in causa il diritto internazionale, ma anche il Codice di navigazione affermando che «il salvataggio di persone in pericolo in mare e il loro trasporto in un porto sicuro non è soltanto un obbligo di diritto internazionale, ma anche una responsabilità umanitaria».
Flavio Digiacomo, della International Organization for Migration (Oim), snocciola alcuni dati. Allarmanti. «Dall’inizio dell’anno sono morte oltre 130 persone, una media di oltre 3 al giorno – spiega –, è evidente come continui a mancare un sistema di pattugliamento efficiente nel Mediterraneo».
E i numeri dei morti sono impressionati: ci sarebbero stati 1450 migranti morti nel 2022 e dal 2014 ad oggi i morti per annegamento sarebbero almeno 17.000. I dati sono stati forniti dal Missing Migrants Project dell’Oim.
E torniamo all’oggi, alla dura attualità di questi giorni. Alarm Phone parla anche di un’imbarcazione con 33 persone a bordo alla deriva al largo di Asfax (Tunisia). Un quindicenne vivo e tre corpi senza vita sarebbero stati portati a riva nella zona di Biserta. Sempre in Tunisia. Intanto a Lampedusa sono arrivati tre barconi con 118 persone a bordo. Altri 170 sono arrivati nella notte. Tutti si trovano nel centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola.
Altre 70 persone sarebbero morte sulla rotta spagnola, un’altra delle direttrici scelte da chi gestisce questo triste mercato di vite umane. Sarebbero disperse in mare al largo delle Isole Canarie. In una nave con 65 persone a bordo sono state trovate vive 31 persone. Erano morti soprattutto i bambini, solo uno era riuscito a salvarsi. Un’altra imbarcazione, salpata dalle coste del Sahara occidentale, con 56 persone a bordo, avrebbe fatto registrare altri 36 morti. E tra questi, ancora una volta, ci sono dei bambini.
Ecco i numeri della fredda cronaca. Che incrocia, drammaticamente, le nuove scelte operate dal governo italiano.
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