Tragedia di Paderno Dugnano, il coraggio di tacere

La tragedia successa nella notte tra il 31 agosto e 1 settembre a Paderno Dugnano, dove un ragazzo di 17 anni ha ucciso con un coltello il fratellino e i genitori senza apparente spiegazione se non un generico "malessere personale", ha riportato l'attenzione su tutta una serie di interrogativi riguardo il mondo giovanile e le dinamiche interne alle famiglie. Ma forse è più opportuno, almeno per ora, osservare un rispettoso silenzio che voler dare ad ogni costo spiegazioni di senso a qualcosa che invece "un senso non ce l'ha".
Fiori lasciati a Paderno Dugnano, nel Milanese, dove un 17enne ha confessato di avere ucciso i genitori e il fratello di 12 anni, 03 settembre 2024. ANSA/ SERGIO PONTORIERO

La recente tragedia familiare di Paderno Dugnano genera domande complesse e inquietanti. Un ragazzo di 17 anni che confessa di aver ucciso il padre, la madre e il fratello minore di 12 anni, nella loro casa di famiglia, utilizzando un coltello. Una famiglia apparentemente priva di disagi evidenti. Eventi drammatici di questo tipo fanno emergere un’intensa ricerca di risposte che possa dare senso al caos e al dolore. Non sempre, però, questa ricerca porta a dei frutti.

Già dagli anni ‘60 la psicologia cognitiva e sociale ha cominciato a definire l’essere umano come “scienziato ingenuo” per riferirsi a come le persone tendono a interpretare il mondo e formarsi un’idea della realtà sociale che li circonda. Questo concetto, introdotto dallo psicologo Heider e sviluppato poi da Kelley, suggerisce che le persone agiscano come scienziati informali nel tentativo di spiegarsi il comportamento umano e gli eventi che si verificano nella loro vita, formulando teorie e attribuendo cause interne (legate alle disposizioni personali) o esterne (legate alla situazione).

Tutto questo avviene quotidianamente in ognuno di noi automaticamente, anche nella quotidianità. Di fronte a eventi estremi come quello di Paderno Dugnano, però, la collettività ha gradualmente cominciato a delegare tali risposte ai cosiddetti esperti del comportamento umano – psicologi, psichiatri, sociologi – considerandoli, giustamente, una fonte più autorevole.

Arriviamo così alle pagine dei quotidiani usciti nei giorni successivi al fatto di cronaca di Paderno Dugnano. Elencando in ordine sparso le cause addotte da diversi esperti come giustificazione della strage, si trovano: la fragilità dei nuovi genitori, incapaci di gestire le proprie emozioni e quelle dei figli; l’impoverimento economico, culturale ed emotivo della scuola e delle istanze educative; la mancanza di un’educazione emozionale; la dipendenza da smartphone e social media; “il valore del dialogo sostituito dal dio denaro” (sic); l’evaporazione della figura del padre e l’iperprotettività della famiglia nei confronti degli adolescenti; i genitori “pusher che gli date i soldi per stare fuori fino alle quattro del mattino perché tanto così fanno tutti” (sic, nuovamente)…

Si potrebbe continuare per molte righe. La vastità quantitativa di tali spiegazioni, tanto quanto la loro fragilità qualitativa, evidenziano uno degli equivoci epistemologici più comuni riguardo alla psicologia: l’idea che esistano nessi causali semplici e univoci in grado di spiegare i comportamenti complessi. Se tale persona agisce in determinata maniera, è perché a monte è successa una determinata cosa.

La scomoda verità è che tali nessi causali, da soli, non esistono. E soprattutto non possono essere dedotti senza una conoscenza diretta della persona. Esistono invece processi, esistono interazioni, esistono influenze, esistono modelli, esistono aspettative. Esiste la singolarità e la sua complessità, che può essere compresa solo all’interno di una relazione, clinica e quindi personale.

Le risposte immediate possono offrire sollievo temporaneo, ma non aiutano a fare i conti con la realtà del comportamento umano, intriso di incertezza e ambiguità. Dall’altra parte, il desiderio di calmare l’angoscia e indicare la causa del problema è nobile, ma rischia di indebolire nel pubblico la capacità di empatia e di complessità, accomodandolo in una visione riduttiva della realtà. Gli esperti hanno un dovere etico verso la comunità. Il loro ruolo non dovrebbe essere solo quello di fornire spiegazioni rapide e pronte da pubblicare, additare problemi, alimentare il dibattito; ma anche di mostrare come, talvolta, anche il non-senso deve essere accettato. Frustrare il bisogno di chiarezza può sembrare crudele, ma può rivelarsi in realtà un atto di gentilezza, un modo per preservare la nostra capacità di stare nel vuoto e nel dolore, rafforzando una pietas collettiva. In questo senso, il silenzio sofferente può risultare una risposta più etica e dignitosa di una certezza banale.

Qualche risposta arriverà, forse, con il tempo. Nel frattempo, di fronte a tragedie come quella di Paderno Dugnano, una risposta etica può essere il silenzio rispettoso, e l’accettazione della nostra incapacità di comprendere.

Un compito difficile, ma necessario, soprattutto in una società sempre più alla ricerca di risposte immediate e definitive.

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