L’Ue per una gestione comune dei rischi climatici

Gli Stati membri dell’Unione europea possono prevedere, capire e affrontare meglio i crescenti rischi climatici
Alluvione a Limone Piemonte (CN) con danni ad abitazioni ed interruzioni di strade, Roma, 23 Novembre 2021. ANSA/US

L’estate del 2024 ha raggiunto picchi di calore estremi, ma, in attesa di nuovi dati, è il 2023 ad essere stato l’anno più caldo mai registrato. Secondo il servizio Copernicus sui cambiamenti climatici, il riscaldamento globale ha determinato un aumento della temperatura di 1,48°C al di sopra dei livelli preindustriali, superando la soglia di 1,5°C stabilita nell’accordo sul clima di Parigi, così come le temperature degli oceani e lo scioglimento dei ghiacci artici hanno raggiunto record negativi. In Europa, poi, la temperatura dell’aria di superficie è aumentata di 2,2°C in media negli ultimi cinque anni rispetto all’epoca preindustriale e il fenomeno procede a velocità doppia rispetto al resto del mondo.

Oltre all’impegno per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, per limitare i cambiamenti climatici è anche necessario adattarsi ai cambiamenti ormai inevitabili e proteggere le persone e la prosperità. Secondo un’indagine di Eurobarometro, il 77% degli europei considera i cambiamenti climatici un problema molto serio, mentre il 37% si sente già personalmente esposto ai rischi climatici.

Per queste ragioni, la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sulla gestione dei rischi climatici in Europa, nella quale spiega come l’Unione europea (Ue) e gli Stati membri possono prevedere, capire e affrontare meglio i crescenti rischi climatici, ma dove illustra anche come elaborare e attuare politiche in grado di salvare vite umane, ridurre i costi e proteggere la prosperità dei Paesi dell’Ue.

La comunicazione fa seguito alla prima valutazione europea dei rischi climatici, una relazione scientifica a cura dell’Agenzia europea dell’ambiente, dove viene lanciato un appello ad agire a tutti i livelli di governo, del settore privato e della società civile per affrontare il problema, poiché tutti i principali ambiti sociali ed economici sono esposti ai rischi legati al cambiamento climatico ed è necessario creare le condizioni per una società europea più resiliente ai cambiamenti climatici.

È necessario investire per diminuire la nostra vulnerabilità ai rischi climatici con il fine di avere un notevole risparmio di costi rispetto alle ingenti somme necessarie per riprendersi da siccità, inondazioni, incendi boschivi, malattie, perdite di raccolti, ondate di calore e altri impatti dei cambiamenti climatici. Secondo alcune stime, i danni prodotti dai cambiamenti climatici potrebbero ridurre il PIL dell’Ue del 7% circa entro la fine del secolo.

La valutazione europea dei rischi climatici individua 36 grandi rischi per l’Europa, mentre la Commissione europea fa delle proposte concrete d’intervento in sei macroaree (ecosistemi naturali, acqua, salute, alimentazione, infrastrutture e ambiente edificato, economia) e individua quattro assi d’intervento. Il primo è quello di un rafforzamento della governance, per cui gli Stati membri sono esortati a fornire maggiore chiarezza circa i rischi e le responsabilità, individuare i soggetti cui spetta gestire i rischi, rafforzare la cooperazione a livello nazionale, regionale e locale per garantire la disponibilità di conoscenze e risorse laddove queste risultino più efficaci, migliorare la pianificazione a livello nazionale, come per esempio includendo la resilienza ai cambiamenti climatici nei piani nazionali per l’energia e il clima.

Il secondo è quello del potenziamento degli strumenti per responsabilizzare i titolari dei rischi, stabilendo un nesso tra rischi climatici, investimenti e strategie di finanziamento. La Commissione europea migliorerà gli strumenti esistenti per aiutare le autorità locali e regionali a prepararsi meglio grazie a dati solidi e attendibili. Insieme all’Agenzia europea dell’ambiente, darà inoltre accesso a dati, prodotti, applicazioni, indicatori e servizi chiave granulari e localizzati. Nel 2025 entrerà in funzione il servizio satellitare di avviso di emergenza di Galileo, che permetterà di allertare persone, imprese e autorità pubbliche anche quando i sistemi terrestri non rispondono.

Il terzo è quello di efficienti politiche strutturali degli Stati membri, attraverso una migliore pianificazione territoriale in ciascuno, l’integrazione dei rischi climatici nella pianificazione e nella manutenzione delle infrastrutture critiche e l’instaurazione di un collegamento tra i meccanismi di solidarietà a livello europeo (come il meccanismo di protezione civile dell’Ue, il Fondo di solidarietà e gli investimenti strutturali della politica di coesione) e misure nazionali di resilienza. Inoltre, è necessario adeguare i sistemi e le risorse di protezione civile alle esigenze future, investendo nella gestione del rischio di catastrofi nell’Ue e negli Stati membri, come pure in capacità di risposta e competenze che possano essere dispiegate rapidamente a livello transfrontaliero.

Il quarto è quello della definizione delle giuste condizioni per i finanziamenti a favore della resilienza ai cambiamenti climatici, sia pubblici che privati, rendendoli parte integrante dei bilanci nazionali, ma anche tenendo conto dei rischi climatici con dei criteri di sostenibilità ambientale nelle gare d’appalto pubbliche. La Commissione europea convocherà un gruppo di riflessione temporaneo sulla mobilitazione dei finanziamenti per la resilienza ai cambiamenti climatici che riunirà i principali attori industriali e rappresentanti degli istituti finanziari pubblici e privati per ragionare su come agevolare il finanziamento della resilienza.

Il commissario europeo per l’azione climatica, Wopke Hoekstra. Foto via Ansa/EPA/RONALD WITTEK

Secondo Wopke Hoekstra, commissario europeo per l’azione sul clima, «ondate di calore senza precedenti, gravi inondazioni, siccità e incendi boschivi estremi stanno diventando sempre più frequenti e intensi; l’Europa è il continente che si sta surriscaldando più in fretta». Dunque «abbiamo il dovere collettivo di proteggere le persone e la prosperità dai rischi climatici, ma non è sempre chiaro chi debba assumersi questa responsabilità, né in che modo», laddove «la prima valutazione europea dei rischi climatici ci aiuta a rispondere a questi dubbi e a prendere le misure necessarie». Egli, inoltre, osserva che «dal punto di vista economico è molto più sensato impegnarci oggi per sviluppare la resilienza ai cambiamenti climatici che sostenere i costi dei danni climatici domani», anticipando «i rischi climatici per il bene dei cittadini e delle società, senza perdere di vista la necessità di affrontare le cause profonde dei cambiamenti climatici e di limitare le nostre emissioni».

Infatti, una ricerca del Centro comune di ricerca della Commissione europea, delinea i rischi finanziari del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, individuando strategie economiche sostenibili e resilienti, poiché un ambiente intatto ed ecosistemi sani costituiscono il fondamento della nostra economia. Nello specifico, crisi ambientali come il cambiamento climatico o la perdita di biodiversità, precedentemente trascurate dal settore finanziario, stanno emergendo come fonti di rischio per l’instabilità finanziaria sistemica, con un impatto sull’economia. È stato calcolato che, ad esempio, il valore di nove servizi da ecosistemi dell’Ue raggiunge i 187 miliardi di euro, nel 2028, di cui quasi la metà è attribuito agli ecosistemi forestali e boschivi.

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