Pakistan, luci e ombre di un paese giovane
“La nascita del Pakistan, un evento storico” titolava un quotidiano di quel giorno, ripercorrendo la pagina di storia in cui «circa un quinto dell’umanità ha conquistato la sua libertà e ha messo in moto il processo di decolonizzazione». Lo stesso orgoglio nazionale percorre le pagine dei quotidiani pakistani 2024: «Il Paese ha progredito in ogni campo, dall’aumento della popolazione al fatidico 28 maggio 1998, quando è diventato una potenza nucleare». Discutibile primato, aggiungerei.
La realtà è molto complessa. È quella di un Paese minato da forti contrasti irrisolti. Opinionisti locali ne dipingono i contorni con un’autocritica di tutto rispetto: «Le celebrazioni odierne sono stemperate dalla cruda realtà: stagnazione economica, polarizzazione politica, militarizzazione ed estremismo rampanti. Perché? Perché negli anni ci siamo progressivamente allontanati dalla visione dei padri fondatori. Se oggi essi potessero vedere il Paese, riconoscerebbero la nazione per la quale hanno lottato? È lecito dubitarne». Prendiamo la protezione delle minoranze.
Mentre a Karachi migliaia di persone festeggiano sulle strade con concerti, balli, fuochi d’artificio, luci verdi come la bandiera, festoni e palloncini, a Jaranwala, nel nord, centinaia di persone sfilano indossando abiti neri e intonando slogan contro l’estremismo. Si ricorda l’ondata di violenze che, con il pretesto di una presunta blasfemia, il 16 agosto di un anno fa, aveva preso di mira, ancora una volta, la comunità cristiana.
«Auguro a tutti voi un felice giorno dell’indipendenza», ha detto padre Khalid Rashid Asi, sacerdote della parrocchia del Santo Rosario, a Jaranwala. «Abbiamo sempre messo le bandiere sui tetti delle nostre chiese e abbiamo celebrato suonando i tamburi e facendo cadere petali di rosa sulla nostra bandiera. Ma oggi ricordiamo il 16 agosto 2023, quando decine di chiese vennero date alle fiamme dagli estremisti, le nostre case saccheggiate e la nostra gente costretta a lasciarle e a rimanere nei campi a cielo aperto. Che tipo di indipendenza è questa? Abbiamo sempre amato il nostro Paese e lo abbiamo servito con vero zelo, ma il nostro popolo è sempre maltrattato».
«Oggi preghiamo per i nostri nemici – ha continuato il parroco – ma alziamo la voce per ottenere giustizia. Lo chiediamo alla Corte suprema, all’attuale governo e all’esercito». I cristiani hanno pregato per le vittime e per la pace e, come segno concreto, giovani e bambini hanno piantato nuovi alberi.
Sono gli stessi giorni che hanno visto realizzarsi un evento inedito. A Karachi, oltre mille chilometri a sud di Jaranwala, 800 giovani hanno realizzato il genfest locale, parte del grande mosaico che in tutto il mondo ha riunito giovani di ogni provenienza nell’impegno condiviso a “prendersi cura”. Due giorni di protagonismo, raccoglimento, entusiasmo, gioia, sogni e concretezza, impegno per gli altri a tutti i livelli.
Occorrerà tempo, instancabile opera di avvicinamento, la forza di superare luoghi comuni e pregiudizi e saranno proprio i giovani a sostenere questo processo. Il “turgore giovanile” del Pakistan è palpabile. Poco più di due su tre pakistani oggi hanno meno di 30 anni, e poco meno di uno su tre ha tra i 15 e i 29 anni. È quanto sostengono con convinzione osservatori accorti: «Il quadro dipinto dalle statistiche dice che il Pakistan non è solo un paese giovane, ma che rimarrà giovane almeno fino al 2050. Il cambiamento generazionale non è in arrivo. È qui. È stabilito. E, soprattutto, è qui per restare. I giovani influenzeranno inevitabilmente la traiettoria del futuro».
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