Libia, uno stallo solo apparente

Si parla di Libia solo ogni tanto: in qualche modo la tregua regge dal 2020. Al massimo ci preoccupano i migranti (e gli scafisti) che da lì partono per raggiungere l’Italia, o morire in mare. Ma la Libia è stata ed è fondamentale per chi volesse “controllare” il Mediterraneo e il Sahel.
President of the Presidency Council of the Government of National Unity State of Libya Mohamed Younis Menfi. (Foto Ansa, EPA/CLEMENS BILAN / POOL)

Allarme in Libia, in particolare a Tripoli, il 7 agosto scorso e nei giorni a seguire, per una mobilitazione di truppe di Tobruk verso il sudovest del Paese, nel Fezzan più profondo. Fibrillazioni a tutti i livelli: timori per una manovra che potrebbe preludere ad una rottura della tregua in atto dal 2020 e ad un nuovo attacco a Tripoli (l’ultimo nel 2019) da parte delle milizie Lna che fanno capo al generale della Cirenaica, Khalifa Haftar. Oppure, il preludio per l’occupazione di Ghadames e del ricco (di petrolio e gas) territorio circostante, al confine con Tunisia e Algeria, controllato da Tripoli (che gode del patrocinio di Turchia e Qatar)?

Ha risposto Saddam Haftar, il figlio minore del generalissimo: no, si tratta solo di «proteggere il confine meridionale e rafforzare la sicurezza nazionale». Un’operazione che «non ha nessuno come obiettivo», secondo la tv libica Al Wasat. Affermazioni quanto mai sospette, che possono significare parecchio se si considera che le truppe mobilitate sono prevalentemente mercenari dell’Africa Corps (ex Gruppo Wagner), vale a dire russi, il principale sostegno al governo di Tubruk e della Cirenaica. E poi cosa ci sarebbe da proteggere al confine sudovest della Libia, nel mezzo del Sahara, in un Fezzan da tempo controllato proprio da Tobruk?

Per intuire il ruolo cruciale di questo territorio è necessario premettere che il lungo confine meridionale obliquo, più che separare collega la Libia con Sudan, Ciad e Niger, e tramite il Niger con il Mali. Vale a dire la fascia bollente del Sahel, dove negli ultimi tempi vari contingenti militari di Francia e Usa sono stati estromessi dalle giunte militari golpiste alleate con Mosca, ufficialmente per combattere meglio i gruppi jihadisti che si stanno allargando nella regione da una quindicina d’anni. Ma c’è dell’altro.

Un segnale di questo “altro” viene da un importante fatto recente (25-27 luglio 2024) avvenuto proprio al confine tra Algeria e Mali, solo un migliaio di chilometri a sudovest del confine libico: la battaglia di Tinzaouaten, dove forze del Fama (l’esercito della Giunta militare maliana) e mercenari russi dell’Africa Corps (sempre loro) sarebbero stati sconfitti (per la prima volta) da milizie aggregate intorno ad un’organizzazione indipendentista, i tuareg dell’Azawad (Csp-Dpa). Insieme ai tuareg del Csp-Dpa, però, pare ci fossero anche miliziani del Gsim (Gruppo per la Salvezza dell’Islam e dei Musulmani) ed altre sigle del variegato movimento jihadista aderente ad al-Qaeda. Con l’importante assistenza tecnica e di intelligence dell’Ucraina: sì, la guerra russo-ucraina non si combatte solo a Kursk, nel Donbass o in Crimea. È arrivata anche in Nordafrica.

Mi rendo conto, a questo punto, che un lettore non addentro a questi complicati intrecci rischia di perdersi: in realtà non puntavo a confondere, forse a sconcertare sì, almeno un po’. Di queste cose sui nostri Tg italiani ed europei arriva poco o nulla, e si parla solo qualche volta e vagamente di petrolio e gas libici, che sarebbero molto importanti per Italia ed Europa. Si parla invece parecchio del “problema” dei migranti e degli scafisti che arrivano in Italia, ed anche, ma molto meno, delle carceri in cui numerosi migranti subsahariani e mediorientali vengono rinchiusi, a scopo spesso estorsivo, in condizioni disumane.

Come se non bastasse, la situazione della Libia è in realtà ancora più ampia e complessa. Suggerisco una lettura del quadro geopolitico libico partendo da alcune affermazioni contenute in un articolo (che condivido e al quale rimando) datato 30 luglio 2024 di A. Pavia e C. Lovotti su ispionline.it, uno dei think tank italiani più accreditati a livello internazionale.

Scrivono fra le due studiose: «La Libia funge da hub cruciale per la missione di Mosca in Africa (…). Strategicamente posizionata all’incrocio tra Africa ed Europa, fornisce alla Russia una porta d’accesso alle sue operazioni in Sudan, Ciad, Niger e altri paesi del Sahel e dell’Africa centrale, esercitando infine potere e influenza in tutte queste regioni (…), la governance frammentata del paese ha garantito alla Russia l’accesso (…) alle basi militari aeree e navali, specialmente in Cirenaica, consentendole di coordinare le sue spedizioni militari. Mantenendo una forte presenza in Libia, la Russia è in grado di perseguire i suoi obiettivi geopolitici più ampi, tra cui sfidare l’Occidente, espandere la sua portata militare e assicurarsi risorse critiche essenziali per sostenere la sua economia e le sue aspirazioni strategiche a lungo termine».

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